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«Non si può continuare a pensare ad un allargamento delle zone produttive»

Il caso di Calendasco, che ha rinunciato a un insediamento di logistica da 234mila metri quadrati. Il sindaco Zangrandi: «Era grande come le frazioni di Malpaga e Cotrebbia messe insieme, o come l’intera zona industriale, il suolo è prioritario, va conservato. E poi la logistica non porta occupazione qualificata»

«No, grazie». Calendasco nelle scorse settimane ha rinunciato ad ospitare un nuovo insediamento di logistica nel suo territorio. Era arrivata una proposta di 234mila metri quadrati a ridosso delle frazioni di Malpaga e Cotrebbia, che avrebbero fruttato un milione e 100mila euro di oneri di urbanizzazione, più altre opere compensative e a un gettito di Imu considerevole negli anni. Si parlava, anche, di un centinaio di posti di lavoro: più o meno gli stessi ruoli già molto conosciuti nel territorio, legati al settozona industriale Calendasco-7re del facchinaggio. Alla luce del caso di Gossolengo, dove la popolazione è divisa, abbiamo chiesto a Filippo Zangrandi, sindaco di Calendasco, di spiegare le ragioni della scelta della sua Amministrazione, che ha respinto al mittente la proposta.

  • Sindaco, la proposta che vi era arrivata in cosa consisteva?

Erano due le proposte, che poi abbiamo bocciato. La più importante era da 234mila metri quadrati lungo la fascia autostradale, dalla parte residenziale di Cotrebbia e Malpaga. Era un’area classificata come “potenzialmente produttiva”. Era grande come le due frazioni messe insieme, o grande come tutta la zona industriale già presente a Calendasco. Dovevano sorgere due stabilimenti di logistica da 100mila metri quadrati l’uno. La seconda area era da 70mila metri quadrati. Volevamo che queste due zone rimanessero verdi.

  • Come mai questa decisione?

Ci siamo chiesti quale sia la vocazione del nostro territorio. Pensiamo di avere già un’area produttiva vasta, dove magari ci sono anche capannoni sfitti. È necessario contenere le attività dentro ad alcuni confini, che per noi sono a Nord l’autostrada e Est ed Ovest le strade comunali principali. Non è possibile continuare a estendersi, per arrivare sempre più vicino alle case. Chi viene a vivere a Calendasco viene per la qualità della vita, per la presenza di tanto verde. Realizzando un polo logistico del genere le nostre frazioni si sarebbero trasformate in una periferia industriale, con un enorme consumo di suolo destinato ad una logistica che, secondo noi, non produce un alto valore occupazionale.

  • Comunque la logistica porta tanti posti di lavoro. Non è facile rinunciarvi…

È stata una scelta molto ponderata e ragionata. A Calendasco non posso dire che il lavoro manchi, perché l’area produttiva è considerevole…Ma abbiamo preso una decisione per il futuro del territorio. Portare qui un’area da 234mila metri quadrati avrebbe significato rinunciare a quel verde per i prossimi 50 anni. Si sarebbe generato un processo, in un’area tra Trebbia e Po, di trasformazione. In cambio di cosa? Di occupazione poco qualificata.

  • Sindaco, se al posto di un sito dedicato alla logistica, avesse bussato un’industria? La risposta sarebbe stata la medesima?  camion trasporti-2

Sì, lo sviluppo della zona industriale è possibile soltanto nei perimetri che ci siamo fissati. Non vogliamo andare oltre, per non consumare suolo e garantire la qualità della vita. Non si può continuare a pensare a un allargamento delle attività produttive. Il suolo è una priorità, va conservato. La pandemia ci ha insegnato che l’attenzione all’ambiente è troppo importante. Non ci potevamo permettere di dire “sì”, avremmo dimostrato di non aver capito niente di quanto successo negli ultimi due anni.

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