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«Non si può imparare a condividere con chi è diverso, se non si ha mai l’occasione di interagire»

La psicologa Maria Giovanna Cammi interviene nel dibattito nato dalla vicenda “drag queen”: «La città aveva l’occasione di incontrare un’arte, dei personaggi nati dal bisogno di esprimersi e di avvicinarsi alla popolazione attraverso la comicità e lo stupore»

«Sento la necessità di esprimere il mio punto di vista professionale riguardo quello che la nostra città sta vedendo accadere a Spazio 4 ad opera dell’amministrazione comunale. Si è aperto in questi giorni un importante dibattito su ciò che si reputa “educativo” oppure viceversa “diseducativo”. Così vorrei spendere due parole, forse qualcuna in più...sul concetto di educazione e sul suo fine ultimo. Lo sviluppo armonico di un individuo, la sua crescita, la maturazione di una personalità stabile sono il frutto di tante componenti: una famiglia accudente, pronta a sostenere e guidare; una scuola che si adatti alle sue peculiarità e contesti educativi ricchi di stimoli, di persone capaci e pronte a valorizzare l’individuo e al contempo orientate ad insegnargli a collaborare, a portare con piacere il proprio contributo nei vari gruppi dei quali crescendo farà parte.

Quest’ultimo aspetto crea cittadini responsabili e rispettosi delle diversità, ma queste diversità vanno incontrate, viste, vissute, giocate, divertite. Non si può imparare una lingua senza parlarla mai con nessuno, come non si può imparare a condividere con chi è diverso, se non si ha mai l’occasione di interagirvi. Ora, tutta questa premessa, serve solo a sottolineare che la città aveva l’occasione di incontrare un’arte, dei personaggi nati dal bisogno di esprimersi e di avvicinarsi alla popolazione attraverso la comicità e lo stupore. Questa possibilità è stata apertamente negata. Un contesto educativo deve stimolare, deve creare discussioni, momenti di confronto, deve proporre contesti nuovi perché i ragazzi li conoscano e se già li sperimentano deve fare da ponte per un’integrazione, in particolare con le minoranze. Lo spettacolo delle Drag Queen era una di queste occasioni, l’azione realmente diseducativa è stata il negarlo, un esempio che non fa onore a chi dovrebbe invece comportarsi in maniera ineccepibile vista la posizione che occupa.

Questa mia opinione professionale (e personale non lo nego), è in perfetto accordo con la linea che ci chiede di adottare l’ordine degli psicologi, come esperti di educazione, clinici e formatori. Aggiungo inoltre che la comunità scientifica, sulle cui pubblicazioni noi esperti ci formiamo non ha mai evidenziato che l’esposizione a spettacoli con attori travestiti sia dannosa per lo sviluppo. Se così fosse, essendo esposti a spettacoli analoghi dai tempi del teatro Greco, saremmo in seri guai. Mi auguro che questa occasione persa possa divenire un’occasione guadagnata per riflettere e dialogare sul ruolo incisivo delle diversità nell’educazione».

Dottoressa Maria Giovanna Cammi, psicologa e psicoterapeuta

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