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“Non una di meno”: «La violenza di genere è sistemica»

L’associazione prende posizione e replica a distanza all’intervento di Maria Cristina Meloni

«Abbiamo letto questo intervento scritto dalla dottoressa Maria Cristina Meloni e apparso su “Il Piacenza”. E abbiamo un problema. Andiamo per punti.

  1. Si mettono in dubbio i dati forniti dai Centri Antiviolenza. È già la seconda volta che troviamo poca chiarezza nei confronti dei CAV.  Forse sarebbe più importante preoccuparsi di quanto i finanziamenti ai Centri siano sempre meno e in alcuni casi nulli o di quanto molte Case delle Donne vengano sfrattate come se non fossero luoghi di importanza sociale e culturale senza i quali moltissime donne non saprebbero dove andare.
  2. Anche gli uomini vengono uccisi in quanto uomini che vogliono decidere della propria vita? Vogliamo i dati
  3. Nell’intervento viene scritto che “200 uomini si suicidano perché le ex mogli gli impediscono di vedere i figli o li hanno accusati di un grave e falso reato”. Anche in questo caso vorremmo i dati. Gli ultimi dati ISTAT sui suicidi risalgono al 2017 e non ci sembra siano segnate le “cause".

Nell’intervento ci si sofferma sulle “colpe".

In varie lingue e vari paesi gira da anni la notizia, mai supportata da dati: "200 uomini si sono suicidati quest'anno perché le ex mogli impediscono loro di vedere i figli e li riducono alla fame e dormire in auto", o variazioni sul tema. In realtà, esistono dati per cui il suicidio è più frequente tra gli uomini ma non che lo che lo leghino in modo chiaro o preponderante a una motivazione simile.

Ci sono vari suicidi dopo che la donna è stata assassinata dal partner o ex.  Ci sono suicidi per la perdita del lavoro, dell'identità ad esso legata e del reddito, o per perdite al gioco, o per traumi subiti, o per mille motivazioni psicologiche, sociologiche, chiare o supposte. La separazione impoverisce tutti, e la povertà sta aumentando in generale in Italia: in entrambi i casi, le più colpite sono le donne.

E sono le donne attualmente che facilmente si vedono etichettate come alienanti dopo la separazione, anche in caso di maltrattamenti subiti dal partner e di padri che non si sono mai preoccupati di esserlo davvero. E sono le donne che negli ultimi anni sempre più spesso con questa motivazione si vedono sottrarre i figli a favore dell'ex partner o di una casa famiglia. Forse anche qua sarebbe il caso di domandarsi altro.

Per esempio: tra i tanti motivi, quante pressioni hanno gli uomini/padri dal patriarcato stesso per un modello che nemmeno loro vogliono o riescono a incarnare? Riteniamo questa una domanda utile piuttosto che un attacco verso i CAV dove si insinua la non veridicità dei dati che forniscono, rischiando di creare un pregiudizio sui CAV stessi, cosa che troviamo intollerabile. Parte del motivo per cui gli uomini si suicidano più facilmente sono proprio quei pesi e quei limiti legati a una mascolinità fragile che il femminismo ha messo in discussione, insieme a quelli legati alla femminilità obbligatoria.

4) La violenza sulle donne è sistemica.

Mettere sullo stesso piano tutte le violenze significa non aver capito il sistema in cui viviamo o esserne talmente dentro da non essere in grado di vederlo. Si torna a quella che le donne denunciano da sempre, una cultura patriarcale che nasconde fenomeni sistemici e misogini dietro a “e però anche gli uomini". Non giustifichiamo nessuna violenza ma rifiutiamo il pensiero che la violenza non abbia un collegamento col genere. Veniamo uccise ogni tre giorni. E le chiamate ai Centri Antiviolenza si moltiplicano.

5) Gli ostacoli che troverebbero gli uomini in caso di denuncia sono gli stessi che trovano tutti i giorni le donne (possibile senso di vergogna, paura di non essere credute, paura di non essere ascoltate). Tutti i giorni.

6) Nel mondo virtuale le violenze sono in numero uguale? Vogliamo i dati.

Anche in questo caso c’è una parte sistemica non solo rivolta alle donne ma a tutte le soggettività dissidenti che non può essere coperta da “e però anche gli uomini". Le donne che fanno stalking avrebbero una media di 35 anni e in quasi tutti i casi ci sarebbe una compromissione psichiatrica non diagnosticata. Siamo pazze e siamo violente.

7) E anche sui padri separati vorremmo i numeri. Reali.

Ci sono centinaia e centinaia di donne che ogni giorno devono battersi in Tribunale e nella vita quotidiana contro quel concetto di “madre alienante" tanto caro a pasist? e CTU.

Ci sono figl? che si ritrovano in case famiglia o che vivono con la costante paura di essere strappat? dalle loro case.

Ci sono figl? che cercano di sopravvivere tutti i giorni a padri violenti e che subiscono tutti i giorni violenza assistita.

Ci sono figl? che non ci sono più perché i padri a cui non era stato dato l’affidamento l? hanno uccis?.

8) Occorre essere padri non solo biologicamente e dopo la separazione, la genitorialità è cura quotidiana e condivisione del carico di lavoro pratico ed emotivo e costruzione di relazione nel tempo. I padri dovrebbero essere in prima fila sia a rifiutare la violenza maschile sulle donne nelle sue varie forme quando si presenta, sia a chiedere di essere messi in condizioni di fare il padre, sia a rimboccarsi le maniche, ed esserlo nel quotidiano, con oneri e onori. In una società patriarcale, un po' per abitudine e "comodità" individuale di tanti e un po' per un sistema che non permette ai padri di avere permessi decenti e alle persone orari e condizioni di lavoro compatibili con la cura della famiglia, le donne finiscono più spesso per lavorare part time o in posti meno pagati o essere disoccupate o casalinghe e dipendenti economicamente, e occupate a svolgere il lavoro domestico e di cura non pagato e dato per scontato. Suggeriamo ad esempio di andare a vedere i dati di chi ha perso il lavoro in quest’anno pandemico. Solo con quei dati a noi sembra lapalissiano in che sistema viviamo.

9) È QUANTOMENO PREOCCUPANTE CHE LE PAROLE SIANO SCRITTE DA CHI HA IL COMPITO DI ACCOGLIERE E ACCOMPAGNARE LE DONNE CHE DECIDONO DI DENUNCIARE IN QUESTURA GLI UOMINI VIOLENTI

10) Ricordiamo alcune cose oltre a quelle dette finora.

Il femminismo lotta da sempre per la liberazione delle donne da oppressione, sfruttamento, solitudine, invisibilità, colpevolizzazione e violenza, e per un mondo di persone libere e di relazioni di genere e familiari più sane e felici. Una delle lotte è anche che la cura dei figli e della casa sia condivisa. Si chiedono da tempo, tra altre cose, permessi di paternità decenti e un’educazione affettiva e sessuale per non far crescere adulti incapaci di gestire le proprie emozioni e incapaci di creare relazioni in modo consapevole e rispettoso. Ci sono realtà di uomini che hanno cominciato a porsi in discussione come fanno le femministe da decenni, per smontare ruoli stereotipati e dannosi per sé e per gli altri e per rifiutare la mascolinità tossica ed egemonica. Invece di riciclare la retorica di Gardner e Pillon, invece di riproporre ciò che già sta accadendo nei Tribunali italiani sarebbe il caso di guardare ai dati, ai femminicidi ogni pochi giorni, alle aggressioni quotidiane, alle tante violenze ignorate e normalizzate, al brodo culturale che ci circonda e che permette e legittima questa violenza. Esistono molti tipi di violenza. Quella di genere, quella maschile sulle donne è una di quelle meno riconosciute e affrontate legalmente e culturalmente eppure è una delle più diffuse. Non si tratta di fare una competizione o creare una gerarchia delle violenze ma di riconoscere la realtà. Altrimenti si è seri come a parlare del razzismo al contrario della discriminazione dei bianchi o dell'eterofobia».

“NON UNA DI MENO – PIACENZA”

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