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«Pesco da trent'anni ma tra furti e sequestri è dura andare avanti». A casa di Enrico, ristoratore di Roncarolo

Enrico Orsi, 55 anni, è l’ultimo pescatore professionista autorizzato dalla Provincia di Piacenza. Si divide la giornata tra pesca nel Grande Fiume e il ristorante. Una storia e una tradizione che va avanti da tre generazioni

«La vita del pescatore è piuttosto dura, figuriamoci se uno la fa di professione in riva al Po». Enrico Orsi, 55 anni, è l’ultimo pescatore professionista autorizzato dalla Provincia di Piacenza. Lo fa da trent’anni, ovvero da quando il padre è deceduto e da un giorno all’altro si è ritrovato a “prendere in mano” l’attività di famiglia di ristorazione a Roncarolo di Caorso, proprio sulla riva del Grande Fiume. La pesca e il lavoro nel ristorante sono collegati perché Enrico tutti i giorni raccoglie nelle sue reti tra i due e i tre chili di pesce che poi cucina per la clientela che – ci dice orgoglioso – «da tanti anni arriva anche dall’estero».

Enrico Orsi-8Siamo andati ad incontrarlo a casa sua, accolti da una vista spettacolare: il Po scorre proprio davanti al ristorante, un posto tranquillo immerso nel verde. Si sentono ogni tanto i rumori dei motori delle barche dei pescatori altrimenti sono gli uccelli a “regalare” un po’ di armonia.

FURTI, SEQUESTRI E BRACCONIERI – «Non sempre l’attività della pesca riesce nel modo giusto». Ecco perché Enrico ci parla di una vita dura. Da sempre ha dovuto convivere con chi sul Po ci viene per pescare illegalmente e con metodi non del tutto legittimi: «Molti vengono dall’estero, ci sono tedeschi (li abbiamo incrociati anche noi a Roncarolo nda) ma anche pescatori di frodo dell’Est Europa. Poi ci sono i furti e i sequestri delle reti e questo fenomeno si è intensificato negli ultimi quattro anni». Anche se non ci sono pesci all’interno delle reti, “bartavelli” è il nome tecnico di quelle che utilizza Orsi (foto)Enrico Orsi-9, le rubano lo stesso. «C’è chi le sequestra perché pensano siano state calate da bracconieri ma non sempre è così. Io faccio questo mestiere da trent’anni, ho le mie licenze rinnovate ogni sei anni negli uffici della Provincia di Piacenza e nei pressi di ogni rete ho posizionato la targhetta che mi è stata consegnata dall’Ente e che certifica la regolarità dell’attività. Sono come le targhe di una macchina, se te le rubano devi fare denuncia perché qualcun altro può “spacciarsi” per te» - ci spiega mostrandoci queste lastrine di metallo colorate di rosso e con inciso il marchio della Provincia e un numero identificativo. Ma dietro a questi bartavelli c’è anche un legame affettivo: «Li costruiva prima mio nonno, poi mio padre ed ora io. Queste reti risalgono ancora ai loro anni, le hanno cucite a mano: sono un pezzo di storia della mia famiglia, ben tre generazioni di pescatori. Peccato che anche qualche domenica fa ho colto sul fatto alcuni ragazzi che avevano già tagliato la corda che lega la rete alla boa (un canestrino di plastica), pronti a prenderla e a scappare».

UN LAVORO (E UNA PASSIONE) CHE SI TRAMANDA DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE - Enrico ha iniziato nel 1984 e ce lo testimonia con il prospetto dei contributi versati allo Stato fino ad oggi in qualità di pescatore. «Prima qua non c’era niente – racconta indicando la sua casa -: sono stati mio papà e mia mamma a decidere di “tirare su” queste “quattro mura”. I miei genitori pescavano ma il Enrico Orsi-5pesce era abbondante ed è per questo motivo che un giorno decisero di darsi alla ristorazione». E anche la tradizione della cucina l’hanno tramandata al figlio: «Oggi come allora non usiamo la friggitrice, è un peccato rovinare il pesce, facciamo tutto in padella. La gente viene anche per questo, perché sa che qui ritrova la tradizione la storia di una famiglia. E se vogliamo anche un bel posto» – dice sorridendo.

«CHI ANDAVA A VENDERE A MILANO, CHI IN BICI TRA LE CASCINE» - Diverse ore della giornata Enrico le dedica alla pesca, d’altronde è il suo lavoro che, tra qualche mese, gli permetterà di acquisire la pensione. La mattina che siamo andati ad incontrarlo aveva pescato una manciata di anguille. Ha una piccola barchetta a motore ormeggiata ad un attracco proprio di fronte a casa. Con quella “esce” in Po per controllare le sue reti tutte calate in un’area segnata dalle boe: «Le mie sono solo qua davanti, “allargarsi” e andare a pescare verso San Nazzaro e Monticelli costerebbe troppo». Quella barchetta l’hanno costruita suo papà e suo Enrico Orsi-3nonno diversi anni fa. «Le specie che pesco le custodisco in un “vivaio”, una rete a parte vicino all’attracco della barca nell’acqua del Fiume. Quando qualcuno chiama per prenotare un pranzo o una cena prendo il pesce necessario e lo cucino». E quello che non usa? – chiediamo. «Di solito lo regalo ai miei amici. Sa, negli anni ’80 e anche prima mio padre andava a vendere al mercato ittico a Milano. Mia mamma o altri miei parenti con la bici e un grande cesto sul manubrio giravano di cascina in cascina per vendere il pesce in questa zona. Di solito si faceva anche il baratto: noi portavamo tinche, lucci e pesci gatto, le altre famiglie davano a noi uova o latte».

«C’È CHI VORREBE ACQUISTARE QUESTO POSTO MA FIN QUANDO RIESCO VADO AVANTI» - Negli ultimi anni, da quando arrivano pescatori anche dall’Estero, qualcuno si è rivolto a Enrico per acquistare la sua proprietà: «C’è chi vorrebbe investire sul turismo fluviale e sfruttare questo posto per creare un vero e proprio itinerario. Ma io non cedo anche se non ho figli, dopo di me non ci sarà nessuno che possa portare proseguire con l’attività. Staremo a vedere, sta di fatto che finché ho le forze vado avanti per mio conto».

Enrico, pescatore (e ristoratore) da trent'anni sul Po - Trespidi/ilPiacenza

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