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Giovedì, 30 Novembre 2023
Vigili del fuoco

Pompieri insieme per più di 30 anni, arriva il congedo: «Questo è il lavoro più bello del mondo»

Vigili del fuoco, il saluto dei gemelli Daniele e Roberto Travaini

C'è un detto che recita: "Fai del lavoro la tua passione, e non lavorerai nemmeno un girono nella tua vita". Nulla potrebbe valere di più per Daniele e Roberto Travaini, due capireparto dei vigili del fuoco di Piacenza, da tutti conosciuti come "i gemelli". Dopo 32 anni di servizio nei pompieri, anche per loro è arrivato il momento di congedarsi. Ma se normalmente una persona dopo tanti anni di lavoro non vede l'ora di andare in pensione, per i due gemelli Travaini è il contrario: «Andiamo in pensione perché ci costringono - dicono sorridendo - ma se ci avessero dato l'opportunità di fare ancora due o tre anni ci saremmo fermati molto volentieri». Effettivamente la grinta e la passione per questo lavoro non gli mancano, e soprattutto anche il fisico, visto che entrambi si mantengono ancora in ottima forma. 

«Il fisico è il primo dispositivo di protezione individuale che un pompiere ha a disposizione - sottolineano - Un vigile del fuoco deve essere in forma. Non possiamo permettere ad esempio di mandare un vigile su un incendio con l'autoprotettore e poi vederlo arrivare con l'affanno. Nel nostro mestiere se durante un intervento ti cede il fisico sei morto, anche se alle tue spalle hai il massimo della tecnologia, e se vai in carenza di ossigeno il cervello poi ne risente e non ragioni».

Daniele e Roberto hanno effettuato il proprio percorso di vita sempre insieme. A partire dai primi anni 80 quando hanno svolto il servizio di leva nei vigili del fuoco: «Lì ci siamo innamorati del mestiere - spiegano - che è il più bello del mondo. Poi, quando nel 1990 siamo riusciti a superare il concorso dopo un duro anno di preparazione, per noi è stato come vincere il biglietto della lotteria».

Entrambi hanno sulle spalle centinaia di interventi, molti anche rischiosi. «Un segreto importante, oltre che la forma fisica, è anche la concentrazione assoluta che bisogna avere durante gli interventi. Devi restare concentrato al massimo su quello che fai, senza avere altro che in quel momento ti disturba la testa. Sappiamo che a volte non è semplice lasciare fuori dalla caserma i problemi personali, ci siamo passati tutti, ma è l'unica strada».

«La cosa che ci mancherà di più di questo lavoro - concordano entrambi - è la famiglia della caserma. Sono trentadue anni qui dentro, praticamente una vita che abbiamo condiviso con colleghi e amici. Qui noi ci siamo sempre sentiti come a casa».

E ancora: «Questo è il lavoro più bello del mondo perché ti da soddisfazioni, ma ti lascia anche i segni addosso, e dentro, per quello che vedi certe volte. Però ti permette di aiutare le persone. Se fai il pompiere non guardi l'aspetto remunerativo. Quello che ti rende felice è il grazie e l'abbraccio delle persone che aiuti. Questo è appagante».

Altre volte però il mestiere si fa molto duro, soprattutto psicologicamente: «Capita che magari finisci un intervento e ti chiedi: "Avrò davvero fatto tutto il possibile?"»

Daniele e Roberto hanno effettuato anche le missioni in supporto su tutte le calamità che sono accadute in questi anni in Italia: «A noi non sono mai interessati gli elogi, ma il ringraziamento sincero e autentico delle persone che siamo riusciti ad aiutare col nostro lavoro».

Entrambi hanno iniziato come vigili "semplici" e sono arrivati all'apice della loro carriere diventando sia capo reparto e capo turno, quindi con mansioni di responsabilità e soprattutto di formazione dei vigili più giovani.
«Un bravo leader deve essere un trascinatore - afferma Daniele - Quando i ragazzi fanno un buon lavoro vanno gratificati perché fa bene allo spirito. Quando sbagliano, coi dovuti modi, bisogna fargli capire dove hanno sbagliato».

«Ti trovi a prendere decisioni molto importanti in pochi secondi, sia in sala operativa che in strada - aggiunge Roberto - ma è grazie all'esperinza che accumuli negli anni che riesci a fare la cosa giusta. Noi pompieri abbiamo tanti compiti istituzionali, però devi avere le basi di tutto per intervenire. Per questo è importante fare anche dei corsi, per arrivare a conoscere la peculiarità dei vari interventi. Se hai le conoscenze prenderai le decisioni giuste».

«Noi della vecchia guardia - concludono entrambi - abbiamo tutti avuto un punto di riferimento più anziano di servizio, il caposquadra che reputi migliore e che diventa poi il tuo mentore. Proprio per questo serve dare l'esempio: prima di mandare la squadra, vado avanti io che sono il caposquadra: sia per fare un soccorso, ma anche per garantire che tutti poi vadano a casa dalla famiglia».

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