«Si riapra la discussione sul futuro della sanità locale»
Il coordinamento provinciale sulla sanità territoriale chiede agli amministratori di rivedere il piano deciso nel 2017
Si è tenuto sabato 12 novembre, presso la Camera del Lavoro di Piacenza, il previsto incontro pubblico sullo stato della sanità piacentina. «L'introduzione del coordinamento provinciale su sanità e medicina territoriale – spiega lo stesso in una nota - ha cercato di dimostrare come le azioni attualmente assunte da Ausl e Conferenza socio-sanitaria non sono considerate adeguate a rispondere alle criticità esistenti, sia sulla rete ospedaliera provinciale che sulla medicina territoriale (medici di medicina generale e case di comunità)».
«Nodo centrale, proposto alla discussione dei presenti (questione questa posta in più occasioni nei precedenti confronti con Ausl e CSST) è stato l'urgenza di rivendicare l'apertura di un percorso di verifica e discussione per un diverso piano sociosanitario provinciale. Quello varato nell'ormai lontano 2017 ha dimostrato evidenti tutti i suoi limiti. Un percorso che deve recuperare una adeguata conoscenza dei bisogni che il territorio esprime e non solo il punto di vista di una sanità che ragiona più come azienda che come servizio orientato al rispetto di quel diritto alla salute ed alla presa in cura costituzionalmente previsto. Nel quadro generale, presentato in apertura (carenza di personale, riorganizzazione della rete ospedaliera con ridimensionamento della risposta nei presidi periferici, una medicina territoriale mai decollata veramente) si è poi fatto riferimento all'assemblea della CSST del 10 novembre scorso, dove, accanto alle preoccupazioni legate al buco di bilancio, non si sono viste risposte alle criticità attuali se non un prendere tempo o cercare di mettere delle pezze».
«Il contributo di medicina Democratica a questo incontro ha permesso inoltre di inquadrare la situazione piacentina nel quadro più generale di una sanità pubblica in oggettiva difficoltà, sia per i pesanti tagli degli ultimi anni, sia per la filosofia essenzialmente aziendalistica che ormai governa le scelte nazionali e regionali sia riguardo l'organizzazione ospedaliera che la medicina territoriale. All'incontro sono poi intervenuti quanti (associazioni, consiglieri comunali, esponenti di comitati locali) sono impegnati sulla salute a livello locale (Monticelli, Bobbio, Fiorenzuola, Castel San Giovanni, Pontenure), esponenti dei medici e un rappresentante della Cgil di Lodi che sta conducendo (assieme ad altre associazioni lodigiane) una campagna per il rispetto delle liste di attesa. Da tutti è emersa la preoccupazione nei confronti di un decadimento della risposta sanitaria a livello locale (liste di attesa, persone costrette a lunghi trasferimenti per avere quelle cure che precedentemente erano accessibili in loco, precarietà dei presidi nei territori periferici, soprattutto in appennino) e l'importanza di fare rete per aprire a livello provinciale un tavolo sulle scelte urgenti e necessarie. L'organizzazione della risposta sanitaria non può infatti essere decisa solo a livello di competenze aziendali ma deve ascoltare i territori, le loro necessità. Una sanità pubblica ed adeguata deve infatti in primo luogo saper rispondere ai bisogni che la popolazione ed i territori esprimono».
Concludendo, al termine dei lavori si è deciso: «di chiedere un confronto con le amministrazioni locali attraverso una petizione che chiede a queste (in particolare ai sindaci che sono costituzionalmente responsabili della salute e del benessere dei loro cittadini) di aprirsi alla necessità di un diverso piano sociosanitario provinciale e di promuovere percorsi che vadano in questo senso; di avviare nelle prossime settimane un ciclo di incontri pubblici a livello locale per coinvolgere la popolazione su queste riflessioni e per raccogliere elementi utili ad individuare quel quadro di necessità a cui un nuovo piano sociosanitario deve rispondere, sia in materia di organizzazione ospedaliera che di medicina territoriale».