rotate-mobile
Attualità

«Riduzione dell’orario e reddito di cittadinanza per compensare i vuoti occupazionali»

La tesi del professor Domenico De Masi ai Giovedì della bioetica in Fondazione

Una riflessione ampia e articolata su cosa è stato il lavoro per l’uomo, sui cambiamenti che hanno accompagnato il nostro ultimo mezzo secolo e una previsione sugli scenari che potrebbero caratterizzare il prossimo decennio.  Questo il tema del terzo appuntamento, promosso dall’Istituto Italiano di Bioetica – Sezione Emilia Romagna con sede a Piacenza, nell’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, partner dell’iniziativa. Relatore dell’incontro - moderato da Gaetano Rizzuto e con interventi dell’avv. Susanna Lombardini - Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro all’Università “La Sapienza” di Roma, autore di numerose pubblicazioni riguardanti soprattutto la società postindustriale, la sociologia, la creatività e il futuro del lavoro.

Presentato dal presidente dell’Istituto di Bioetica, Giorgio Macellari, De Masi ha esordito evidenziando come il lavoro, fenomeno che da sempre accompagna gli essere umani come una condanna, in un futuro prossimo potrebbe diventare una gioia creativa. A partire dalla seconda metà del Novecento l’azione congiunta del progresso tecnologico, dello sviluppo organizzativo, della globalizzazione, dei mass media e della scolarizzazione diffusa, hanno prodotto un tipo nuovo di società centrata sulla produzione di informazioni, servizi, simboli, valori, estetica.

Nel 1951 l’agricoltura e l’industria costituivano rispettivamente il 30 e il 40% dell’economia, il settore terziario era al 25%. Oggi il settore ricerca, informazione, formazione è salito al 70% e sono diventati residuali industria e agricoltura. Stiamo vivendo un secolo segnato dall’ingegneria genetica con cui vinceremo molte malattie, dall’intelligenza artificiale con cui sostituiremo molto lavoro intellettuale, dalle nanotecnologie con cui gli oggetti si relazioneranno tra loro e con noi, alle stampanti 3D con cui costruiremo in casa molti oggetti.

Nel 2030 – è la previsione formulata dal professore - la popolazione mondiale salirà dagli attuali 7,5 miliardi, a oltre 8, e il 63% vivrà nelle città. Potremo vivere fino a 788.000 ore, rispetto alle attuali 727.000 e vivranno più a lungo le persone più scolarizzate e con relazioni sociali intense.  Sarà più che raddoppiato il numero delle persone con più di 65 anni; la maggioranza delle persone diventa vecchia soltanto negli ultimi due anni della propria vita, durante i quali la spesa farmaceutica è pari alla cifra impegnata per comprare medicine in tutti gli anni precedenti la propria vita. Le donne vivranno tre anni più degli uomini e rappresenteranno il 60% degli studenti universitari e dei laureati. Molte avranno un figlio senza avere un marito. Come conseguenza le donne saranno al centro del sistema sociale e i loro valori colonizzeranno anche gli uomini. Sempre nel 2030 la “nuvola” informatica avrà trasformato il mondo in una unica agorà: tele-apprenderemo, tele-lavoreremo, tele-ameremo, tele-divertiremo.

De Masi ritiene come "il paragone con la Germania sia determinante": in Germania si lavora in media 1371 ore, da noi 1725 ore. Come a dire che un italiano lavora 400 ore in più di un tedesco all'anno e ha una busta paga più leggera del 20%. Non solo. Loro con 400 ore in meno hanno una occupazione del 79% noi del 58%, loro una disoccupazione del 3,8% noi dell'11%. La ricetta del professore è quella del lavorare meno per lavorare tutti. Numerosi gli interventi alla fine della sostanziosa e partecipate conferenza; non tutti hanno ottenuto risposta perché posto domande marginali al tema trattato o perché enunciazioni di punti di vista. Sintetizziamo solo alcune delle tesi ribadite dal professore: su 100 diplomati solo 40 vanno alla Università, di questi 21 conseguono la laurea biennale; 16 la quadriennale. L’Italia ha deciso di non essere un paese di idee, ma di essere produttori di beni materiali, ma i nostri salari costano e gli imprenditori esteri logicamente non investono in Italia.  “Il reddito di cittadinanza” non produce effetti concreti sull’occupazione, è un ammortizzatore sociale contro la povertà cronica e per coprire vuoti occupazionali, dato che l’organizzazione del lavoro di oggi non assicura a nessuno una continuità lavorativa. I “Giovedì della Bioetica” proseguiranno a maggio; l’appuntamento è per il giorno 9 con Daniele Novara, dell’Università Cattolica di Milano che affronterà il tema dell’Invadenza della tecnologia nel mondo dei giovani.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

«Riduzione dell’orario e reddito di cittadinanza per compensare i vuoti occupazionali»

IlPiacenza è in caricamento