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Mercoledì, 27 Settembre 2023
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Quando a Piacenza il porto sul Po c'era e funzionava alla grande

Nel 1591 un testo riporta le modalità di attraversamento e i pedaggi da versare per superare il Grande Fiume

Fin dall’epoca medievale. uno dei porti cittadini sul Grande Fiume era di fronte a Porta Borghetto e precisamente il “transitum portus Padii ad Romeam, situm extra portam Sancte Marie in Burghetto”.

Da una carta dell’Archivio Comunale storico traiamo le notizie per capire come fosse gestito il “portus padi Placentie”: è il Capitolato di Regole per l’appalto del “porto et traverso sopra il Po di Piacenza”, valevole sei anni e datato primo gennaio 1591 ad opera della Camera Ducale.

L’appalto riguarda tutto il tratto di Po piacentino, da “Bocca d’Adda verso Cremona” e quindi fino ad ovest al “Monticello (piacentino ed oggi pavese, a foce Lambro, nda) sino a Parpanese” con piena “autorità di riscuotere gaggio et pedaggio”.

Se quindi nel particolare stiamo parlando del porto vero e proprio di Piacenza, colui che avrebbe affittato il tratto di fiume aveva il diritto completo di gestione di tutti gli approdi e porti entro i confini citati ed era necessaria “la licenza del prefato portinaro o conduttore” per passare il Po con qualsivoglia carico di cose, animali o uomini, pagando un prezzo convenuto.

E' stabilito che il "conduttore et compagni" era obbligato a comprare "il porto" (il barcone traghetto) e poi "nave, barchielli" e "le alzane" cioè i cavi per attraccare le imbarcazioni o trascinarle contro corrente dalla riva.

Per la personale difesa "si concede al detto conduttore con i suoi ufficiali et servitori assidui al detto porto, di poter portare l'arme" ed addirittura "di giorno et di notte senza lume" dopo aver però dato la lista dei nomi al "Giudice dei Malefici di questa Città" (era colui che si occupava di fatti criminali).

Si specifica che i marinai salariati ducali "navaroli e paroni" del Po, locali e del ducato, non pagavano alcun tipo di dazio mentre qualsiasi "navigante, navarollo o altro... che farà condurre sopra navi o barchielli, robbe overo persone et bestie di ogni sorta e qualità" pagheranno il dovuto prima di scaricare o caricare qualsiasi cosa.

Tra le cose che son da mantenere sempre efficienti sono "li zappelli" cioè le passerelle o pontili per salire e scendere sulle barche del porto "alla Romea" di Piacenza, ovviamente sul barcone a traghetto si portano uomini "a piedi come a cavallo, carri, barozzi, bestie e altri carichi o vuoti" e tutti pagheranno il pedaggio.

Chi traghetta lungo il Po di nascosto a pagamento cose o persone dovrà versare una pesante multa al Ducato e gli saranno inflitti "tratti tre di corda da essergli dati irremissibilmente" che consisteva nel legare con una lunga corda i polsi del reo dietro la schiena e poi nell'issare il corpo per mezzo di una carrucola.

Segue quindi la lista precisa caso per caso del dazio ma però si fa la netta distinzione tra "forastieri" e "piacentini", quest'ultimi pagheranno la metà: ad esempio "per cadauno huomo o donna piacentina a piede soldi 1 e denari 3", quindi si elencano costi per "barozzo", "carro", "bestia carica", "cocchio, carozza ovver lettiga", "bestia minuta e grossa" carica o senza soma e tutta una lunga sfilza di altre voci.

Si tiene anche conto di "coloro che hanno beni nel piacentino oltre Po", costretti a far andata e ritorno più volte, e che usufruiscono sul passaggio del fiume di una tariffa ancor più ridotta ma però si ribadisce che per tutti gli altri "chi passerà et traverserà il Po, da una ripa all'altra, in qualsivoglia modo, nel territorio piacentino “et nelle aque piacentine, siano tenuti et debbano pagare" come "se passassero al luogo di detto porto di Piacenza" che era a Porta Borghetto, in poche parole il tariffario come detto era applicato su tutto l'alveo.

E' previsto anche un dazio ridotto per chi trasporta ad esempio "li legnami da fuoco", cosa non da poco in quanto la legna era indispensabile per cucinare, scaldarsi, costruire mobili, carri, utensili ed altro. Pagava quindi meno chi portava legname ed ogni altra merce o animale sulle proprie barche, ma in qualsivoglia caso, al "portunario" era assicurata un'entrata dovuta per l'organizzazione e la gestione di tutti i traversi da sopra Castel San Giovanni e fino al confine con Cremona cioè molto oltre Monticelli d'Ongina.

Tutto questo richiedeva l'assunzione di tantissimo personale da lasciare nei vari punti strategici di attraversamento, serviti da una strada ben segnalata che raggiungeva comodamente gli approdi, e costoro si occupavano a tempo pieno della buona gestione dei traversi, navi, pali, funi e carrucole e della sicurezza in caso di piena.

In questo inizio di XVII secolo l'eventuale pellegrino francigeno a piedi (oramai merce rara) poteva trovare passo sul Po in vari luoghi e ovviamente la tariffa era assimilata a quella del "forestiero a piedi" ma se poi si chiudesse un occhio lasciandoli passare senza obolo questo non è dato saperlo. Di certo chi appaltava "il Porto alla Romea di Piacenza" doveva versare un fitto ingente alla Camera Ducale ma poi si assicurava una infinità di piccoli introiti con la completa gestione del tratto di Po piacentino, fittamente popolato di "navi, barchielli, traghetti" e nel casotto del Bergantino sulla riva del fiume si provvedeva a pagare il dovuto, di voglia o controvoglia.

Umberto Battini

Mappa del 1588 nel particolare-2

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