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Venerdì, 19 Aprile 2024
Conservazione gambero autoctono

Tra Piacenza e Parma recuperati in due mesi oltre 32mila gamberi esotici invasivi

Ad occuparsi attivamente dell’eradicazione i volontari di cinque associazioni piscatorie, coinvolte nel progetto europeo Life Claw

Biodiversità, tra Piacenza e Parma in due mesi recuperati oltre 32mila gamberi esotici invasivi. Un’azione di Life Claw “Crayfish lineages conservation in North-Western Apennine”, che «ha come scopo quello di conservare e migliorare le popolazioni del gambero di acqua dolce autoctono Austropotamobius pallipes, nell'area dell'Appennino nord-occidentale, in Emilia-Romagna e Liguria, attraverso un programma di conservazione a lungo termine. Per questo è previsto anche il contrasto alle specie di gambero alloctono al fine di limitare la loro diffusione». A riferirlo la nota stampa del progetto, di cui sono partner il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano (coordinatore), il Consorzio di Bonifica di Piacenza, l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale, il Parco Naturale Regionale dell’Antola, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Pavia, Acquario di Genova-Costa Edutainment, il Comune di Ottone e il Comune di Fontanigorda.

«Il gambero di fiume italiano (A. pallipes) è una specie autoctona (nativa), la cui sopravvivenza è gravemente compromessa –  spiega la nota - a causa di diverse minacce principalmente legate all’introduzione di specie alloctone (non native) invasive come il Procambarus clarkii, una specie alinea è onnivora e causa impatti negativi all’ecosistema attraverso l’attività trofica su macroinvertebrati acquatici, uova di pesci, anfibi e piante acquatiche. A causa di questi fattori le popolazioni di gambero di fiume autoctono hanno subito un forte e diffuso declino in tutta Europa e attualmente, in Italia, la loro presenza è principalmente limitata a piccoli corsi d’acqua in cui i gamberi alloctoni invasivi non si sono ancora espansi e l’antropizzazione dell’habitat è limitata o assente».

«Grazie alla partecipazione dei volontari alle attività di cattura dei gamberi esotici invasivi appartenenti alla specie Procambarus clarkii (comunemente chiamato gambero killer americano) è stata avviata un’azione di controllo di questa specie che in due mesi ha permesso il recupero di oltre 32 mila esemplari tra Piacenza e Parma. Si tratta di un crostaceo delle acque dolci di origine nord-americana introdotto in Europa negli anni Settanta a scopo alimentare e poi proliferata fino a diventare la specie di gambero d’acqua dolce più traslocata al mondo e presente in tutti i continenti eccetto Antartide e Oceania». I luoghi di intervento sono attualmente 7: per la provincia di Piacenza tre laghetti e una porzione di reticolo idraulico nel SIC del Basso Trebbia (o nelle immediate vicinanze). Per la provincia di Parma un laghetto nello ZSC del Monte Prinzera e due laghetti in area collinare scelti perché in zona sono presenti ancora popolazioni autoctone.

«Ad occuparsi attivamente dell’eradicazione dei gamberi esotici invasivi – prosegue la nota - i volontari di cinque associazioni piscatorie - Arci Pesca F.I.S.A. Piacenza A.P.S, Sezione Provinciale di Piacenza Convenzionata Fipsas A.S.D, Accademia Krons Piacenza O.D.V; C Gev Parma, Arci Pesca Fisa Parma - che hanno accolto la proposta di collaborazione dopo essere stati formati dai partner di progetto sia con sessioni teoriche sia pratiche. Coordinatore dell’azione del contenimento dei gamberi alloctoni invasivi è il Consorzio di Bonifica di Piacenza. A riferire è il Presidente Luigi Bisi: «Con questo progetto contribuiamo a migliorare la biodiversità occupandoci principalmente del contenimento dei gamberi di specie alloctone (non native) responsabili, tra gli altri di danni da erosione alle sponde dei canali (tunnel di circa 3 cm di diametro e lunghi anche 60 cm), ostruzione di griglie poste in corrispondenze di canali intubati e di impianti e occlusione di attrezzature necessarie per la gestione delle derivazioni delle acque irrigue (ad esempio paratoie)».

«A questi importanti risultati di progetto - aggiunge la nota - se ne somma un altro di altrettanta rilevanza: la nascita dei gamberi autoctoni, a seguito della fase di riproduzione avviata presso i centri parmensi di Monchio delle Corti e Corniglio e il ligure di Fontanigorda. L’avvio dell’attività riproduttiva è stato preceduto dall’individuazione di popolazioni donatrici sufficientemente abbondanti, geneticamente idonee e prive di patologie, grazie rispettivamente alle indagini bio-ecologiche, genetiche e veterinarie condotte dall’Università degli Studi di Pavia, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie. A cui ha seguito l’introduzione, a settembre scorso, di circa 300 gamberi riproduttori (maschi e femmine) nelle vasche dei tre centri».

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