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Gestione familiare / Mucinasso

Addio alla storica trattoria Poggi: «Siamo diventati una famiglia, clienti qui da 40 anni»

Venerdì 28 ottobre ultimo pranzo al ristorante “tipico” di Mucinasso, gestito dai coniugi Francesco Bongiorni e Roberta Bersani: «Abbiamo creato un ambiente particolare, è come essere a casa»

«Hai pianto solo il giorno del matrimonio e oggi» osserva scherzando Francesco Bongiorni; a non trattenere le lacrime è la collega e moglie Roberta Bersani, nipote di Silvio Poggi - “capostipite” dell’omonima trattoria - erede di una tradizione nata nel 1954 in via Santo Stefano a Piacenza e poi proseguita, senza soluzione di continuità, lungo il tratto di via Farnesiana che attraversa Mucinasso. Qui i tavoli si apparecchiano dal 1970 e così si farà anche venerdì 28 ottobre per l’ultimo pranzo nello storico ristorante - “tipico tipico” come precisano i titolari – della frazione cittadina, che chiude definitivamente le porte.

Roberta, alla guida della trattoria con il marito, tra cucina e sala ci ha trascorso tutta la vita, o meglio «ci è nata dentro», come dice Francesco, ragione per cui alla domanda «è felice di andare in pensione?» la commozione è grande: «Sì, sono contenta, perché ero proprio stanca, però mi mancherà; mi mancheranno le persone, il lavoro, un po' tutto». «Qui c’è un legame particolare - prosegue Francesco, detto “Checco” - nel tempo siamo diventati un po' una famiglia, ci si conosce tutti, anche i clienti che lo frequentano spesso si conoscono tra loro; qui passano due ore di relax totale, perché è come se fossi a casa tua. Volevamo creare un ambiente del genere e direi che un po' ci siamo riusciti».

«C’è gente che viene qui da 40 anni - spiega Roberta - domenica c’era una tavolata di persone che abbiamo conosciuto quando erano “ragazzi”, ora sono tutti in pensione». Il passaggio generazionale, oltre che nella famiglia di ristoratori, c’è stato anche negli avventori: «Prima venivano i genitori, ora i loro figli, abbiamo ereditato anche questo».

A confermarlo due affezionati clienti (nella foto in basso), impegnati con caffè e ammazzacaffè e già reclutati per l’ultimo pranzo: «Spiace molto la chiusura, io vengo qui da 20 anni, per me è un ritrovo» spiega il primo, in pieno accordo con il compagno di tavolo: «È come una grande famiglia, si sta molto bene». Punto fermo, fin dal principio, la “piacentinità” della proposta: «Ogni tanto c’è anche qualcosa di diverso, ma il nostro menù è al 90% tipico: tortelli, pisarei, come piatti molto poveri, ad esempio il riso con la verza che ormai la gente non fa più».

La risposta non è mai mancata: «Nonostante le varie crisi passate, noi non abbiamo mai avuto grossi problemi, abbiamo sempre lavorato. Chiudiamo per stanchezza, è una decisione che avevamo già in mente di prendere, poi dopo tanti anni mancano anche certi stimoli». «È un mestiere impegnativo, c’è tanta la burocrazia e a una certa età pesa - aggiunge Roberta - non affronti più le cose come a 20 o 30 anni». Nessuna vendita o cessione per ora in programma - «lo lasciamo morire con noi» - mentre in futuro marito e moglie sperano di fare qualche “giretto” in più, recuperando quelli mancati, causa lavoro, in tutti questi anni, «anche perché ce lo meritiamo». Il finale della trattoria Poggi sarà nel segno della solidarietà: il ricavato del pranzo - spiegano i titolari - sarà devoluto a Casa di Iris. 

Un consiglio per chi oggi vuole avviare un ristorante? «Secondo me è sbagliato perdere determinate cose, anche i ragazzi giovani sono ritornati ai piatti tipici o molto poveri, bisogna senz’altro tener vive le tradizioni». «Stare sulla semplicità è sempre la carta vincente – conclude Roberta – non bisogna cercare mai di strafare, un conto sono le occasioni, ma per tutti i giorni la gente cerca questo: le genuinità».

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