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«Troppi incidenti a causa degli animali selvatici, serve al più presto una legge»

L'appello di Franco Boeri (Cia Agricoltori italiani Piacenza): «Serve un approccio finalmente pragmatico alle politiche di contrasto di uno dei grandi nodi irrisolti dell'agricoltura italiana»

Al più presto una nuova legge per la gestione della fauna selvatica. Lo chiede con forza la Cia-Agricoltori Italiani che ha per questo sollecitato un incontro per accelerare l’iter di modifica della legge 157/92 con i ministri Patuanelli (Mipaaf), Lamorgese (Interni) e Cingolani (Transizione ecologica).

Con l’arrivo dell’estate e l’Italia quasi del tutto zona bianca, tornano trafficate strade e autostrade dell’intero Paese e la Cia rinnova l’invito affinché le istituzioni non dimentichino l’allarme sicurezza per il proliferare indisturbato, da nord a sud della penisola, di quasi due milioni di cinghiali. Sulle strade italiane, negli ultimi quattro anni, dal 2017 al 2020 - ricorda Cia analizzando i dati Asaps - si sono verificati 469 incidenti significativi causati da animali. Sono state registrate 830 segnalazioni di feriti gravi con il massimo raggiunto nel 2019. Sono morte 56 persone, 16 solo nel 2020 e nonostante la minore circolazione di mezzi di trasporto per effetto delle restrizioni Covid. 

In Italia, sempre nel 2020 (157 incidenti significativi, 215 feriti seriamente e 16 morti), è la Lombardia a detenere il triste record con l’11% di incidenti in strada con il coinvolgimento di animali. Segue Emilia Romagna (10%), Piemonte (9%), Abruzzo e Campania (8%), Toscana e Liguria (6%); Veneto, Lazio e Sardegna (5%). Inoltre, l’85% degli incidenti tra il 2018 e il 2020, sono da attribuire proprio agli animali selvatici e solo il 15% a quelli domestici. Contrariamente a quanto si possa pensare, poi, si sono verificati per lo più di giorno (78%) e per il 97% sulla rete ordinaria. Su autostrade e strade extraurbane principali solo per il 3%.

«Un appello - ribadisce il presidente di Cia Piacenza Franco Boeri - a cui si unisce la nostra associazione a nome di tutti gli imprenditori agricoli della nostra provincia perché concerne risvolti di carattere economico, di sicurezza e di sanità. Bisogna tornare a ragionare, dopo l’emergenza Covid, in cabina di regia unica, su modelli d’intervento più incisivi. Serve un approccio finalmente pragmatico alle politiche di contrasto di uno dei grandi nodi irrisolti dell'agricoltura italiana. Una problematica che necessita un’azione immediata da parte delle istituzioni per garantire, da subito, sicurezza sulle strade e porre fine ai danni incalcolabili procurati a tante aziende agricole del Paese».

«Noi - rammenta Boeri - siamo in prima linea per definire un progetto di manutenzione del territorio, con gli agricoltori protagonisti, in un’ottica non più di emergenza, ma di prevenzione, tutela e gestione di tutte le dal dissesto idrogeologico, ai danni da maltempo e naturalmente la fauna selvatica, tutelando il reddito degli agricoltori. Il territorio provinciale è per il 70 per cento in collina e montagna; i pochi, eroici agricoltori ed allevatori che ancora risiedono ed operano nelle zone svantaggiate, oltre alle carenze strutturali, devono quotidianamente fare i conti con i raccolti devastati da cinghiali, istrici, caprioli. Ma non solo i danni: sono in aumento anche i rischi per l'incolumità dei cittadini, non solo nelle aree rurali. È, infatti, sempre più alta la frequenza di incidenti provocati da cinghiali e animali selvatici.

A causa della loro sempre più invadente presenza- ribadisce Boeri- gli agricoltori di collina e montagna spesso abbandonano le coltivazioni ed il territorio si spopola ulteriormente, depauperandosi del loro indispensabile presidio, con squilibri eco-sistemici che coinvolgono l’intero territorio; ed ancora incidenti stradali e rischi di zoonosi. E’ sicuramente- chiarisce Boeri- un problema che non si risolve in poco tempo e che necessita di una corretta e pianificata gestione, con una legislazione aggiornata: una gestione, non una conservazione. Ci vuole una pianificazione delle Regioni con supporti scientifici. La caccia può dare un contributo, ma non risolve; ci vuole responsabilità politica, con mezzi adeguati, personale istituzionale e partecipazione dei cittadini». 

«Ogni giorno si verificano danni importanti alle coltivazioni di pregio (molte biologiche) devastate da cinghiali e dagli istrici, sempre più numerosi ma specie protetta, contro cui l’unico rimedio sono le recinzioni che sono molto costose e che aggravano i costi produttivi e per le quali sono necessari contributi adeguati.

Certo prima di tutto è necessario riequilibrare l’ambiente, ma non bisogna mai dimenticare- conclude Boeri- che senza la presenza degli imprenditori il territorio di collina e montagna è destinato al dissesto idro-geologico ed alla scomparsa di terreni coltivati che scompaiono inghiottiti dai boschi».

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