«Voti a scuola, occorre cambiare il tipo di valutazione»
Il Movimento di Cooperazione Educativa a maggio 2020 aveva accolto con fiducia, dopo anni di lotte, di documenti e di convegni, l’approvazione ad opera del Senato della Repubblica di un emendamento alla legge di conversione del Decreto Legge 22/2020 che aveva abolito i voti in decimi nella scuola primaria e introdotto i giudizi descrittivi.
Ma…ecco l’inghippo. Si, perché secondo la nota del Ministero del 1 settembre a firma Bruschi, nella valutazione intermedia della scuola primaria restano i voti in decimi.
Questo perché la legge 41 del 6 giugno 2020 ha previsto che solo la valutazione finale degli apprendimenti della scuola primaria sia espressa attraverso un giudizio descrittivo. E in quel finale c’è tutto l’inghippo. Refuso, intenzionalità? Non è chiaro!
Partiti da una grande conquista con la legge 517/77 che abolì i voti e introdusse la valutazione narrativa siamo arrivati al 1992 con una valutazione con le lettere; nel 1996 tornarono i giudizi sintetici e gli aggettivi poi soppiantati nel 2008 con il ritorno ai voti; abbiamo sperato nella loro abolizione nel 2016 ma sono stati confermati nel 2017 con la Buona Scuola. Ma il vero salto è quello di quest’anno 2020 dove è prevista per la primaria una valutazione nel primo quadrimestre con i voti e nel secondo quadrimestre con il giudizio descrittivo. Una scelta che tradisce un grave errore di tipo metodologico: un sistema di valutazione non omogeneo scaturito da un errore normativo più o meno intenzionale rischia di creare un’inutile e colpevole confusione anche nella comunicazione con le famiglie.
Ancora una volta dovranno essere gli insegnanti, i dirigenti e le scuole autonome a fare la differenza, a dover sottolineare con scelte concrete che i voti o il giudizio non possono essere usati indifferentemente per la valutazione, ma sono strumenti che presuppongono un diverso modo di porsi dell’insegnante e della scuola di fronte al compito del valutare.
Occorre decidere quale interpretazione della valutazione seguire: unicamente in termini di misurazione e classificazione, con comunicazioni chiuse e fortemente lesive del sentimento di auto-efficacia di chi le riceve, quindi valutazione sommativa, oppure interpretandola come momento per l’autoregolazione dei processi di apprendimento funzionale al controllo del lavoro, dei progressi e delle difficoltà del soggetto, e quindi come valutazione formativa, orientata dunque a mantenere un dialogo aperto con il bambino e la sua famiglia.
Bypassare l’attuale incongruità normativa, pedagogica e valutativa è possibile se i collegi dei docenti deliberano come periodo scolastico l’intero anno, appellandosi all’autonomia didattica prevista dal DPR 275/99; rivendicando la coerenza pedagogica che nessun legislatore può sottrarre alla professionalità di una maestra e di un maestro, esercitando la responsabilità individuale e collettiva delle scelte che le stesse norme permettono.
Decidere di compilare la scheda di valutazione solo a fine di anno scolastico non preclude la possibilità di prevedere una divisione interna all’anno (come in alcune scuole si è già fatto in passato dividendo ad esempio il quadrimestre in bimestri) e adottare documenti informativi per le bambine e i bambini e le loro famiglie.
Comunicazioni che di fatto non sostituirebbero lo strumento ufficiale, la scheda, che sarebbe però consegnata solo a fine anno.
Ecco l’impegno che allora ci siamo dati come Movimento di Cooperazione Educativa e che rilanciamo ai docenti e alle docenti:
- Liberare dai voti il primo quadrimestre della scuola primaria;
- liberare la scuola secondaria di primo grado(la scuola media), dai voti, come da noi proposto nella campagna “Voti a perdere” lanciata nel 2015 e riproposta a settembre 2019 e utilizzare una valutazione dialogica e l’autovalutazione.
- sollecitare il Ministero dell’istruzione all’attivazione di idonee misure formative, di accompagnamento degli insegnanti per ripensare la didattica, la progettazione curricolare e la valutazione formativa come momento strettamente interdipendente con la progettazione e con l’organizzazione della classe.
Roberto Lovattini, responsabile del Gruppo Territoriale piacentino del Movimento di Cooperazione Educativa