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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Ben venga la stele nel giardino della libertà

L'inaugurazione della stele della libertà nel giardino di via Santa Franca che prenderà lo stesso nome

Dunque una parola sola che comprende tutte le altre. Ma va aggiunto che essere liberi non è facile. Troppe sono gli impedimenti e le difficoltà per essere veramente tali. Di tipo ideologico, ambientale, sociale e da ultimo psicologico. Essere liberi allora diventa una conquista personale. Guardare il mondo, ma senza paraocchi e poi esaminare se stessi. Vedere gli occhi dal di dentro e ascoltare i messaggi che ci vengono dati sottovoce quasi in modo silenzioso. Ecco allora che è il silenzio che ci fa essere liberi e che ci consente di ascoltare prima noi stessi e poi gli altri.  Un modo di capire come la sola possibilità per essere uomini è sentirsi addosso il silenzio. In fondo al quale appare una verità che si presenta furtiva, quasi timorosa di mettersi in mostra. Scoprirla vuol dire allora trovare il meglio di tutti i beni: la libertà. Questa introspezione, lo so, costa fatica e genera incomprensioni di tutti i tipi. Ma una volta scoperta la libertà, questa supera ogni ostacolo. L’io diventa un noi e il noi un tutto che resiste ad ogni imposizione come sono tutti i totalitarismi. Questi si basano sulla violenza che è il contrario della libertà. Alla fine però la vittoria è una sola. Quella che resiste ai soprusi, agli inganni e alle falsità. Il suo percorso, parlo della libertà, è tempestato di lutti e di dispiaceri di ogni tipo. Resistere a questi non è facile perché la vocazione al cedimento e ad assecondare il sopruso, specie quando appare vincente, è insito nella natura umana al fine di proteggere se stessa e di mantenersi in vita. Il costo è spesso altissimo. Se ne vanno consanguinei, parenti ed amici e sembra che il destino abbia espulso dai suoi confini la libertà. Diventata ingiuriata e ricondotta a quel silenzio da cui era partita e che diventa talmente assente da non rendere quasi possibile individuarla. Inducendoci a pensare ad una sua sconfitta. Ma alla fine tutto cambia. La violenza rinnega se stessa e una nuova luce si accende nell’animo di chi ha saputo resistere. L’uomo nuovo rinasce e con lui il desiderio di alimentare altre idee, altri pensieri, altre esigenze atte a coinvolgere nel processo libero e creativo gli altri. In un clima di reciproca condivisione, ecco allora ricomparire il principio di libertà. A quel punto sembra arrestarsi il tempo delle ideologie perverse e dei fanatismi che hanno portato lutti e disgrazie. Una nuova utopia si diffonde, ma non è più quella legata alla coercizione del pensiero che rappresenta l’opposto dell’essere liberi. La nuova utopia infatti esclude, come sosteneva Augusto Del Noce tutti i totalitarismi: i cui contrassegni sono il perfezionismo (una società basata sulla sola ragione). Oppure il moralismo, quello dei cosiddetti virtuosi o dei puri più puri degli altri. Infine perfino quello dell’umanitarismo che mira alla ricerca filantropica della fraternità da raggiungere con le buone o con le cattive. Il che significa in sostanza sii mio fratello o ti uccido. No, no la vera libertà è prima di tutto una conquista dell’animo. In modo di consegnare ad ogni uomo la possibilità di sviluppare i propri talenti. Con un solo limite, quello di non danneggiare lo stesso bisogno che può essere patrimonio di un'altra persona. Come detto allora la libertà costa fatica. Non si regge sulle armi o sui soprusi, essendo prima di tutto una conquista del pensiero. Contro la libertà pur da sconfitti si possono risvegliare le antiche dittature, che non muoiono mai del tutto. Uno di questi è il comunismo che mai può rinunciare alla sua ideologia perversa. Per la quale chi non è d’accordo con questa visione legata ad una utopia rivoluzionaria, perché è  intrinsecamente  irrealizzabile e  nei fatti nefasta, perchè auspica  una società di uguali nell’appiattimento di ogni valore, ebbene chiunque osa contraddirla diventa un nemico da abbattere. In questo modo si genera surrettiziamente una seconda dittatura, il fascismo, ormai morto da tempo, ma che viene appunto rievocato per giustificare ogni reazione di condanna anche violenta. Così facendo il comunismo trova la sua giustificazione a prescindere, senza fare i conti con la storia da cui è stato sconfitto. Ma non morto definitivamente grazie ad una sua caratteristica rappresentata dalla mistificazione che tende ad autoassolvere ogni sua responsabilità, fino a inventarsi un modello di superiorità antropologica che autorizza ad eliminare ogni dissenziente ,nobilitando così l’odio verso il diverso. Ecco perché oggi è più che mai indispensabile ricordare i crimini di tale ideologia e attraverso questi ristabilire la verità storica. E poiché la verità va in stretto rapporto con la libertà, ben venga la stele che posta in quel parco che da essa prende il nome, rappresenta una testimonianza ed insieme un monito. Utile per tutti coloro che non hanno debiti con la storia, ma ahimè forse inutile per quelli che invece non vogliono capire, avendo ormai surrettiziamente indirizzato la loro  storia a perseguire con l’arte dell’inganno un altro racconto.

Aggiungo ora due note (ma solo due) sulla cerimonia Primo a parlare lo speaker ufficiale della manifestazione, Robert Gionelli che elogia la stele come espressione della volontà dell’Associazione liberale Luigi Einaudi della nostra città. La parola passa alla sindaca Patrizia Barbieri che ricorda come la caduta del muro di Berlino abbia consentito la fine di una vergogna. Mentre la stele vuole esprimere il desiderio di consegnare ai giovani una nuova era di libertà. Subentra il prefetto (o la prefetta?) Daniela Lupo che sostiene in breve come dopo 32 anni dalla caduta del muro di Berlino, il mondo manifesta ancora qualche titubanza in merito al problema della libertà. Dopo questi relatori laici è il momento di un sacerdote, Don Giuseppe Basini, che ricorda San Giovanni Paolo II come artefice della caduta del comunismo. Segue poi la benedizione preceduta dalla preghiera del Padre Nostro ed a ricordo dei tanti caduti dell’Eterno Riposo. Si precede a scoprire la stele. Alta, bella e molto gradevole per originalità tutt’altro che banale, anche sotto il profilo artistico.  Tre sono gli incaricati a mostrarla: la sindaca, il prefetto che per rispetto delle nuove usanze in fatto di parità anche di linguaggio dovrebbe essere chiamata prefetta e come terzo il coordinatore dell’Associazione liberale piacentina, Danilo Anelli. E’ quest’ultimo che prende la parola, ricordando che l’associazione visitando i paesi baltici e poi l’Afghanistan ha avuto modo di conoscere i gulag sovietici, esempi di una violenza antiumana che è difficile immaginare se non si vedono sul posto. Quindi ricorda che il prossimo viaggio associativo verrà fatto alla scoperta di Berlino. Il turno dei relatori cade sull’architetto Carlo Ponzini. Dice che più che essere l’autore della stele è stato un coordinatore di diverse iniziative fra cui menziona quella del Liceo Cassinari. Comunque precisa che la stele è in acciaio sabbiato, molto più resistente rispetto all’acciaio inossidabile al degrado del tempo. Aggiunge per ultimo un ringraziamento all’ispiratore di tutta l’operazione stele, rappresentato dall’avvocato Corrado Sforza Fogliani. Da ultimo la parola passa al prof Dario Fortilio che parla in modo fluente a braccio e così dice: non tutto si è concluso con la caduta del muro e del comunismo. Ed a proposito della libertà pone il problema se questa è un valore non negoziabile, oppure se è un valore che viene concesso dall’alto. Ammonisce poi che esistono dei nuovi totalitarismi dei quali menziona l’islam radicale. Chi è allora Dario Fortilio da me non conosciuto? Lo raggiungo per sanare questa mia lacuna, al fine di avere sue notizie   e nello stesso tempo per complimentarmi del suo discorso. Eccole. Già giornalista del Corriere della Sera attualmente insegna all’Università statale di Milano. La materia? Tecnica e comunicazione giornalistica. Proprio il caso di dire il cacio sui maccheroni anche se non è ancora (sono le ore 11.45) tempo per il pranzo. Con il suo messaggio comunque si chiude la piacevole cerimonia. Prima di abbandonare la scena un ultimo sguardo rivolgo alla stele. Questa mi conforta ed insieme mi consola. In ultima analisi mi rende serenamente appagato.   

Ben venga la stele nel giardino della libertà

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