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Venerdì, 29 Marzo 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Caffè corretto e non solo

Mi sono stancato che oggi tutto debba essere corretto. Dico tutto e  per capire cosa questo, tutto, voglia dire, ognuno aggiunga l’avverbio che vuole. Politicamente, scientificamente, religiosamente, economicamente, eticamente, democraticamente e quant’altro può venire alla mente. Ma dopo questa premessa che tutto assolve a proposito del “corretto”, meglio precisare  quanto di questo tutto bisogna sottoporre a correzione, caffè a parte. Detto questo, anche con la migliore fantasia, non mi sarei mai aspettato che questa mania del corretto, si estendesse anche alla lingua italiana. Intendiamoci in questo caso non si tratta della correzione degli errori, come succedeva a scuola con le sottolineature delle matite rosse e blu, queste sono cose di altri tempi. Oggi la correzione è a prescindere in base ai nuovi costumi che faccio fatica a chiamare valori.  In base a queste nuove abitudini del genere umano, che contesta i generi e ne crea continuamente dei nuovi, anche la desinenza delle parole devono uniformarsi. In sostanza non devono rispondere alle vecchie idee, legate ai due ed ormai superati generi maschile  femminile. Tanto più che nuovi orientamenti  di natura cromosomica, si sono aggiunti, per giustificare ogni tendenza che non si riconosca nelle due  tradizionali  concezioni in fatto di sesso. Ecco allora la necessità di correggere una vocale, quella finale che non deve più terminare  con la vocale o oppure con la  a, come da consuetudine. Bisogna infatti essere moderni altrimenti si è fuori dal tempo. E le accuse di essere omofobo o passatista, ti prendono, scusate il termine, scomodando addirittura il sedere, che invece di diventare sedera,  fa di queste due vocali una correzione, abolendole entrambe, per evitare il pericoloso distinguo. Dunque la soluzione è stata trovata, presa dal repertorio dei segni grafici della lingua ebraica che viene chiamata schwa. In cosa consiste? Nel mettere alla fine di ogni parola una “e” rovesciata che non vuol dire niente, ma nell’intenzione dei nuovi cruscai, vuole significare il trionfo della modernità. La sostituzione dei generi con qualcosa di indefinibile che serve a tutelare meglio  quelle differenze  che un tempo se esistevano, erano una netta minoranza, ma  che oggi sono diventate il sale  del vivere e della nuova lingua. Per ora siamo agli inizi e non si sa come l’esito fonetico delle nuove parole potrebbero essere ben accolte, abituati come siamo al senso della musicalità innata nella nostra stirpe. Ma come tutte le innovazioni bisogna dare tempo al tempo. E anche l’udito si deve adeguare alla nuova esigenza fonetica, che contrasta con quella eufonia proprio della nostra lingua, riconosciuta da tutti grazie all’uso delle vocali. E  di cui la a rappresenta quella più completa, insomma  la  madre che supera  per esigenze fonetiche, tutte le altre. A proposito della citata musicalità, prima della schwa avevamo fatto di tutto per la sua perdita. Mettendo  la vocale o un po’ dappertutto e così rendendo cacofonica la lingua, quando per volere delle femministe  al posto di pittore  bisognava usare pittora e non pittrice. Come invece di direttore  la sua corrispondente femminile o femminista, definendola direttora e non direttrice. Ma questa sono ormai cose passate legate ad un tempo troppo legato a dare significati alle parole e alla loro rispondenza musicale. Ora la vocale “e” rovesciata capita a proposito. La gente soprattutto i giovani non leggono o leggono poco. E l’uomo medio ha a disposizione dalle 200 alle 400 parole nel suo vocabolario. Come faccia ad utilizzarle per esprimere un concetto e fare un discorso non è lecito saperlo.  Sembra  allora che sia arrivato il tempo  per modificare quel che resta della lingua tuttora  in uso, sostituendo la vocale finale, troppo selettiva e troppo direttiva nonché  eccessivamente precisa in fatto di generi, ormai fuori dal tempo moderno. Le prime reazioni con l’uso della “e” rovesciata a fine parola, ci sono già. Sembra infatti che troncando le parole, queste dal punto di vista fonetico assomiglino ai dialetti in uso nell’Italia meridionale. In particolare vengono evocate analogie fonetiche con il dialetto della Bari vecchia e della provincia di Cosenza. Ma anche l’Abbruzzo ed il Lazio meridionale non sarebbero estranei a questo nuovo indirizzo linguistico, buono per ogni orecchio e palato. In questo modo la lunga traversata della lingua, dalla sua origine latina a quella attuale, dove l’uso degli anglicismi si è impadronito di tanti nostri vocaboli, si sta evolvendo verso un tutto “corretto” in grado di tradurre meglio il cambiamento dei costumi del nostro vivere. Chissà mai dove andremo a finire. Intanto facciamoci, come dicevo, l’occhio e l’orecchio quando dovremo leggere i vari bandi di concorso e tutti i documenti ufficiali comprese le graduatorie per le selezione dei meritevoli nella pubblica amministrazione. Stando così le cose nessuno può vantare vittoria. Non certo i puristi della lingua che hanno perso la loro battaglia fin dall’inizio, non avendo accettato come ogni lingua sia  di per sé instabile, perché in continua evoluzione secondo il cambiamento dei tempi. Ma neppure possono essere soddisfatte le femministe che cercando di modificare in senso femminile ogni parola che finisce con la vocale o, ora si ritrovano in una situazione dove anche il loro genere scompare.  Sostituita  dall’unica e magra soddisfazione di vedere scomparire anche il vituperato genere maschile. Ma non possono essere appagate anche le persone che  sulla lingua italica, hanno praticato studi e si sono innamorate della letteratura  a cominciare da quella del dolce stil novo del padre Dante di cui ricorrono i 700 anni dalla morte. In conclusione se questo è il progresso, che deve includere, fra gli avverbi già citati, anche quest’ultimo rappresentato dal linguisticamente corretto, mi permetto di dissociarmi. Preferisco andare da solo seguendo il detto che  chi è solo è tutto suo. Sono quindi disposto a subire le accuse di passatista e di antifemminista che sono sempre meglio di quelle, orami abusate, di fascista. Se tutto questo vuol dire incapacità a seguire ed assecondare il mondo moderno, me ne farò una ragione. Quella che recupera il termine corretto ma preceduto dalla negazione. Cosicché tutti gli avverbi  citati,  usati ed abusati ad libitum, possano trasformarsi nel loro contrario. Per quella  che definisco-ripeto-caffè a parte, una presa di posizione non corretta.             

Caffè corretto e non solo

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