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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Cristianesimo sì, cristianesimo no

Nonostante il titolo, non voglio trattare il tema dal punto di vista teologico, ma solo di costume. In sostanza definire il senso della vita rapportandolo a due periodi della storia. Divisi fra loro dal problema religioso. In effetti oggi questo tema consente con un po’ di provocazione (e di esagerazione) di farci pensare al passato. Nel senso che il  cristianesimo di questi tempi è in fase nettamente calante e rimanda ad un tempo passato dove viceversa la fede religiosa seguiva la vita di ognuno, dalla culla alla tomba. E dove il suono delle campane, ora quasi mute per l’opposizione di un certo  e diffuso agnosticismo, scandivano le ore della giornata. Piaccia o no, le cose in fatto di fede sono cambiate e oggi la fede è sostituita, specie fra le giovani generazioni, da un'altra espressione del credere, rappresentato dalla scienza. Ecco allora come diventa opportuno paragonare il prima e il dopo ,in termine di periodi storici,  di questa fede cristiana nella nostra società. E chiederci se si stava meglio prima o adesso. Così facendo mi faccio carico dell’accusa rivolta a chi, come il sottoscritto, per questioni anagrafiche, fa parte del passato. L’espressione latina infatti che recita: laudatores temporis acti, a proposito di chi ha nostalgia di quando era giovane, può a buon diritto condividere questa affermazione che si ripete nel tempo. Sostenendo come le mie valutazioni siano di parte, in quanto da sempre esprimono un eterno contrasto fra le generazioni. Per intendere quelle che sono in partenza e quelle invece in arrivo sul treno della vita. Entrambe malate di pessimismo, ma di segno contrario. Gli uni, quelli in procinto di partire, che riguardano il futuro. Gli altri, che invece sono arrivati, riguardo al passato. Ebbene detto questo, cominciamo ad argomentare, ponendoci questa domanda.  Come si stava un tempo? Meglio o peggio?   Onde simulare le intenzioni, meglio dire in modo diverso. La vita sembrava infatti più semplice. Il mondo non era ancora globalizzato. Appariva piccolo e si viveva all’ombra del campanile. Grazie a questo, gli obiettivi di vita sembravano (insisto sul verbo sembrare) chiari. La differenza fra bene e male non offriva ombra di dubbio. La morale che costituisce una caratteristica innata dell’uomo, si potenziava attraverso una dimensione religiosa e da questa ne derivava una coscienza da intendersi come l’occasione per colloquiare con l’eterno. Anima e corpo erano inscindibili e l’uno era una dipendenza dell’altro. Le pulsioni istintuali di freudiana memoria, tramite lo sviluppo ormonale, spingevano ognuno a cercare la cosiddetta anima gemella, senza pensare alla confusione del genere sessuale. Con queste considerazioni non voglio dare l’impressione di una società senza contraddizioni, equiparabile all’immagine idilliaca del mulino bianco. Infatti anche allora i problemi sessuali esistevano, perché l’omosessualità è sempre esistita fin dai tempi dell’antica Grecia ed oltre. Ma la differenza riguardava il modo di poterla esprimere.  L’omosessualità infatti si doveva manifestare quasi sottotraccia per non rischiare di essere accusati e condannati come nel caso di Oscar Wilde, ma nemmeno veniva proposta orgogliosamente come un diritto. Anzi come una vera normalità, contro la condizione degli etero, ben dimostrata dai vari Gay pride. Insomma la presenza di una atmosfera di accettazione dei valori comuni di tipo cristiano, anche se spesso venati da ipocrisia e opportunismo, garantiva, come dicevo, una vita più in linea con quei valori che dalla religione passavano nell’ambito civile, costituendo l’ossatura della società. Valori quindi che riconoscevano ad ogni singola persona, il carattere della sua unicità ed irripetibilità, pur nei vari aspetti delle differenze fenomenologiche e fisiognomiche, in cui è intrisa da sempre l’umanità. E per le quali differenze, i diritti individuali non erano disgiunti dai diritti sociali (ricordiamo le prime università) come fossero una cosa sola. Va ricordato inoltre quella insopprimibile pulsione dello spirito umano dovuto al mantenimento della specie, che presupponeva gravidanze fra sessi opposti, allora valutate come normali.  Così pure rappresentava la norma la stessa famiglia rappresentata da un uomo ed una donna. Era dunque il tempo dove l’amore coniugale, fra generi diversi, dalla famiglia si trasferiva in altri luoghi, dove veniva celebrato da una funzione religiosa, e pertanto reso immutabile attraverso il dato sacramentale. E parlo delle chiese, erette con alte volte, sormontate da statue, pinnacoli e guglie svettanti, che si spingevano verso il cielo, causa la cultura ascetica cristiana, la quale oltre alla fede ci ha tramandato il senso della bellezza. Per dimostralo, basta e avanza il ricordo delle immagini di tipo artistico, sia sul piano architettonico che iconografico, le quali ci hanno inculcato il senso del fascino straripante dovuto alla componente estetica. I cui responsabili sono artisti che per capacità creativa, specie nel nostro periodo rinascimentale, ci rimandano all’Atene di Pericle. Personaggi geniali che, per citarne solo alcuni, rispondono ai nomi di Leon Battista Alberti, Michelangelo, Leonardo e Raffaello.  Tutto allora rosa e fiori? No. Infatti bisogna ammettere e riconoscere in base all’attuale modo di intendere la vita sociale, che questa immagine di una società legata al cristianesimo, sebbene abbia contribuito a formare la nostra cultura e il nostro senso dell’arte, non fosse tutta espressione di luce morale, artistica ed intellettuale, perché molte ombre esistevano anche allora. Dove spesso l’egoismo, la vocazione al potere e alla sopraffazione, generatrici di guerre anche di matrice religiosa, compresa doppiezza ed ipocrisia, governavano la vita sotto le apparenze di una accettazione delle leggi cristiane. Il fine, quello di far guadagnare all’uomo pentito, dopo aver compiuto ogni genere di scelleratezze, la possibilità di poter raggiungere la seconda vita. Quella eterna. Oggi con la caduta del cristianesimo, tutto questa eredità conflittuale di bene e male, si è dissolta. L’anima non viene più accettata nel suo significato spirituale. Perfino la sua dizione come parola, è entrata in disuso, in quanto sostituita da quel termine secolarizzato che si chiama psiche. Così l’uomo trascina la sua umanità in direzione non degli antichi principi o valori, ma in base ai suo desideri. Al punto che questi stanno costituendo la premessa, dal punto di vista ontologico, per interpretare in modo diverso la vita. Questa infatti non è più un dono che viene concesso dall’alto, ma solo una possibilità terrena, anzi una creazione di cui l’uomo si è arrogato il diritto di diventare gestore ed interprete. Lo dimostra oggi il modo non tanto di come bisogna vivere, ma come si vuole vivere. La vita diventa allora un semplice contenitore, solo temporale per ora, secondo la scienza, ma in cui esprimere ogni desiderio. La famiglia tradizionale genera obbrobrio, In quanto con la cancel e la woke culture, parlare di tradizione diventa un offesa al nuovo modello che avanza. L’attuale dimensione di vita non è più quella legata alla morale ed alla coscienza. Perchè completamente superati sono diventati questi concetti con le loro definizioni, tutte riguardanti le vecchie e superate tradizioni. Quale allora la nuova morale? Semplicemente accondiscendere alla nuova moda del vivere con tutti i suoi egoismi individuali, piuttosto che intestardirsi di voler essere  ancorati alle vecchie idee del passato. Lo dimostra, lo stesso senso innato della procreazione, che si è dissolto attraverso un desiderio di libertà che non si cura più del bene comune, ma solo di quello individuale. Le persone allora diventano individui nel significato più asettico e generico possibile del termine. La vita si è trasformata in una massa informe di essere viventi, ognuno senza porsi traguardi, legati a fini e principi. Ogni cosa diventa possibile. Possedere la vita equivale a utilizzarla secondo le proprie voglie. La gravidanza etero, che ancora i vecchi definirebbero normale, se non fosse vietata dalla cultura odierna, diventa un ostacolo alla vita libera che non deve essere inibita da un nuovo arrivato. Con tutti i problemi che questo comporta e che generano ingrati obblighi a doverli soddisfare. Si preferisce allora utilizzare la scorciatoia dell’aborto. Viceversa per coloro che invece non potrebbero soddisfare la protervia (cristianamente si chiama hybris) di far provare all’uomo quello che biologicamente gli sembra precluso, ci pensa la  scienza a soddisfare questa possibilità.  E mi riferisco alla coppie omo, alle persone sole o anche a chi non è più in età per generare. Basta ricorrere in questi casi, all’affitto di un utero a pagamento da parte di una fattrice (la parola non mi fa certamente pensare all’homo cosiddetto sapiens) la quale dopo aver ricevuto un gamete, realizza quello che un tempo non era immaginabile. L’uomo cristianamente parlando si sente dio (con la minuscola) e pensa così facendo di diventare almeno in prospettiva, grazie alla scienza, un essere immortale. Infatti è il superamento di ogni limite che gli dà l’impressione, anzi l’ebrezza, di raggiungere l’eterno, da definirlo come infinito. Se esistono ancora dei dubbi, legati a quello che rimane della cultura cristiana, basta ed avanza cambiare le parole ai fatti, per dare significati meno crudi e più in sintonia con l’uomo creatore. L’utero in affitto diventa allora una gravidanza surrogata e tutto si stempera e ogni cosa si giustifica anche per l’ignoranza diffusa, che non sa dare il giusto significato al termine surrogato. Il quale rimanda erroneamente a qualcosa di buono e di gradevole, sostituendo il suo vero significato semantico che sta invece a significare un prodotto di qualità inferiore rispetto all’originale. Quisquilie queste di pseudocultura? No, solo fake news.  Per cui è sempre meglio confondere che precisare. In conclusione alla fine cosa resta da dire. Che l’uomo attraverso la creazione di se stesso e della realtà, attraverso una modificazione del suo genere a piacimento, dopo aver sostituito il cristianesimo con la scienza, non sembra abbia creato un modo di vivere migliore rispetto al passato. A sostegno del quale ci sono rimasti i già citati i laudatori del tempo passato oppure quei residui sostenitori, definiti oscurantisti, retrogradi, bacchettoni e perdutamente nostalgici, che si ostinano a non seguire il desiderio di semplificare ogni difficoltà della vita, con l’intento di renderla fruibile senza regole e limiti. Per cui mandano in pensione la morale, mentre i desideri dei singoli individui spaziano sulle ali della fantasia più sfrenata. La quale senza il contenimento del buon senso, diventa arroganza o meglio, cristianamente parlando, protervia. Dall’essere infinito al finito il passo può essere più breve di quanto possiamo prevedere. Così facendo l’antropologia rischia di finire i suoi giorni, tanto che il transumano sembra ormai alle porte. Tutto questo in attesa, scientificamente parlando, della possibilità di creare l’utero artificiale. A quel punto il disegno anticristiano si compirà definitivamente e l’uomo da soggetto diventerà oggetto di se stesso, ma con la pretesa illusoria di non dipendere da nessuno. Tanto meno da quel motore immobile che da Aristotele in poi si è (era) trasformato nel Dio cristiano. Oggi relegato, metaforicamente parlando, solo nelle catacombe degli irriducibili. 

Cristianesimo sì, cristianesimo no

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