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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Cronaca del futuro di un anonimo

Superando i controlli della polizia islamica che è un po’ dappertutto, finalmente arrivo a piazza San Pietro ribattezzata piazza Allah, il Grande, il Lodatissimo oltre che il Misericordioso. Lo spettacolo per chi non è ancora completamente assimilato ai canoni di vita (ed estetici) della nuova religione è impressionante

Superando i controlli della polizia islamica che è un po’ dappertutto, finalmente arrivo a piazza San Pietro ribattezzata piazza Allah, il Grande, il Lodatissimo oltre che il Misericordioso. Lo spettacolo per chi non è ancora completamente assimilato ai canoni di vita (ed estetici) della nuova religione è impressionante. Cominciamo dalla piazza. Il colonnato formato un tempo da quatto file di colonne doriche ideate dal Bernini, è stato  quasi completamente abbattuto. Ancora residua un piccolo frammento di colonnato sulla sinistra della basilica, mantenuto come caravanserraglio per ospitare i venditori di scialli, copricapi in lana o seta, vesti e scarpe provenienti da vari paesi arabi, in particolare dalla Siria. Ma in buona parte adibito al ricovero di capre e pecore che giorno pascolano liberamente nell’ampio semicerchio della piazza, un tempo  lastronato in pietra ed ora adibito a pascolo. 

Sembra realizzata così la profezia di San Malachia,vescovo irlandese del XII secolo, a cui nessuno dava credito, ritenendo i suoi motti fantasticherie o falsificazioni apportate in epoca successiva da qualche monaco in sospetto di eresia. Dunque, si constata, come questa incredibile profezia si sia puntualmente avverata. Come d’altra parte l’altra, riguardante la scomparsa del papato. Infatti da almeno due decenni non se ne vede traccia. L’ultimo infatti che ha concluso la serie è stato Petrus Romanus  previsto dagli stessi scritti profetici, il quale con il nome appunto di Pietro ha concluso il lungo elenco dei papi cominciato appunto con il primo dei discepoli di Gesù, oltre duemila anni fa. 

Mi aggiro fra la folla di pellegrini anch’io con il capo ricoperto dal turbante, il Kefiah, e con indosso la lunga veste, il caffettano. Osservo la basilica trasformata dalla nuova cultura a cominciare dall’ampia porta di ingresso demolita e sostituita da  un portale ogivale finemente decorato che termina verso l’alto con un pinnacolo dove oltre alla semiluna, campeggia l’iscrizione con caratteri dorati: Allah Akbar. Scritta  ormai ricorrente in tutti i luoghi pubblici, non solo religiosi. Infatti Allah deve essere veramente grande se ha saputo conquistare il mondo occidentale. 

Questa nuova porta che ha perduto la sua originaria eleganza barocca, a causa della nuova cultura estetica che è tutto un ricamo, viene chiamata ora Sublime, perché non esiste termine più ineffabile per definire l’ingresso del nuovo tempio. Modificato e trasformato in Moschea in onore dell’ultimo profeta che come si sa è il vero, l’unico  depositario del volere di Dio. Una lunga fila di gente in adorazione staziona davanti l’ingresso. Alcuni, i più, sono inginocchiati e pregano. Ma poiché i tempi di attesa sono lunghi per accedere alla Celeste Moschea così chiamata perché rimanda al cielo, alle stelle e alla luna, in questo caso alla semiluna, mi trattengo dall’entrare. Osservo allora gli edifici alcuni a ridosso della basilica ed altri fiancheggianti l’antica via Conciliazione, oggi chiamata via del Profeta, un tempo residenza di papi, di cardinali e di dignitari della Romana Curia. 

Ma anche queste costruzioni un tempo espressione dell’arte ineguagliata del cinquecento e seicento italiano, si sono immiserite. La maggior parte, anche perché gravate da un  simbolismo storico e cristiano che ora deve essere cancellato, sono state abbattute, le rimanenti invece hanno subito un drastico ridimensionamento nella loro mole.  Abbassate, insomma di più piani e ridotte a modeste casupole tutte sormontate dalla semiluna, per consentire la migliore visione prospettica della Moschea, detta Grande,  sia per le sue dimensioni, sia perché ergendosi abbondantemente al di sopra di tutti gli altri edifici, conferisce alla già cospicua mole, una dimensione ancora più maestosa, a  perenne gloria del Giusto, Misericordioso Allah. 

Ai suoi lati sia a destra che a sinistra sono stati costruiti due minareti alti circa un centinaio di metri e di forma slanciata, che quasi alla sommità si allargano in un rigonfiamento quasi a cipolla, per poi proseguire con un terminale a punta su cui campeggia la semiluna. Lì, sull’apice, una piccola balconata circolare consente al muezzin di diffondere ogni giorno, con l’ausilio degli altoparlanti, le sacre preghiere onde raccogliere una gran massa di fedeli. Diversi Imam con il loro copricapo bianco e la veste lunga e nera si individuano per la fluente barba bianca che dà loro un aspetto autorevole e nello stesso tempo, o forse proprio per questo, di ispirazione ieratica. 

Sono i rappresentanti questi della nuova religione del Profeta che ha sostituito la precedente cristiana. La quale, ora, si mantiene clandestinamente in luoghi segreti, come la catacombe delle origini. In questo repentino cambiamento di religione, si sono verificati degli scontri e spesso delle uccisioni da parte di quei cristiani irriducibili che hanno preferito la scelta del martirio, piuttosto che rinnegare la propria fede. Ma nello stesso tempo si è fatta strada una concezione interreligiosa da parte di una buona parte del clero cristiano, quello da sempre favorevole al dialogo, che in nome di una comune fede nello stesso Dio, ha assunto una posizione di compromesso. Sostanzialmente questa. Accettare il nuovo credo (quello islamico) come una evoluzione del vecchio, il cristianesimo, ma senza rinnegare quest’ultimo completamente. In sostanza credere in Allah ma con il permesso di non dimenticare la figura quanto meno storica di Cristo.  

Una posizione teologica questa che troverebbe conferma in base ad una diversa interpretazione del detto di Giovanni che riportando il discorso di addio di Gesù ai suoi, lasciò detto: ”Io pregherò il padre perché vi lasci un Consolatore che rimarrà con voi per sempre”. Frase questa del Consolatore poi diventato secondo il Cristianesimo lo Spirito Santo, interpretata in modo diverso dagli islamici. Che l’hanno infatti corretta nella parola Lodatissimo, attraverso una più accurata e veritiera traduzione dal Greco. E poiché Maometto di nome fa Muhammad o anche Ahmad che vuol dire appunto il Lodatissimo, questa sarebbe la giustificazione teologica verso una accettazione della nuova religione, da parte di questi teologi cristiani, pur di ottenere in cambio la non completa cancellazione della vecchia fede.  

A questo punto gli irriducibili cristiani rimasti potrebbero gridare all’eresia, ma questo non è più il tempo della libertà religiosa, né dei diritti civili. La piazza infatti pullula di guardiani della fede con tanto di scimitarra al fianco che non è solo un’arma simbolica, in quanto rappresenta il mezzo più nobile e simbolico per mozzare qualche testa, seduta stante, a chiunque faccia professione di infedele. La piazza, dicevo, brulica di persone. Gli uomini si riuniscono in piccoli gruppi con la testa avvolta nel kefiah e il corpo ricoperto da una tunica che arriva fino ai piedi.  

In questo periodo, siamo d’estate, questo lungo peplo, appare di colore bianco ed è costituito da un tessuto leggero tipo cotone o lino. Parlano a volte in modo concitato con voce ondulante tipicamente aspirata, secondo la loro, ma che dico, secondo la nostra lingua, che tutti dobbiamo imparare per non rischiare emarginazioni sociali e punizioni anche corporali, ondulante dicevo a proposito della voce, perché i toni sussurrati che sembrano confidenziali si alternano ad altri gridati, tipici dell’incostanza dei moti dell’animo di queste persone.  

Le donne invece non fanno gruppo e silenziosamente, in modo isolato, si dirigono verso i numerosi banchi di generi alimentari situati soprattutto ai margini della piazza. Anch’esse vestono secondo i loro costumi tradizionali. Ma quasi nessuna indossa il burqa destinato solo ad una stretta minoranza, sostituito invece dal niqab che lascia almeno scoperti gli occhi. Questo per le donne più integraliste. Le altre indossano  invece il classico velo nero, detto chador, che copre capo e fronte per poi ricadere sulle spalle. Solo le più giovani portano un velo -foulard che lascia intravvedere il  viso, generalmente dai lineamenti regolari e armonici solcati da due occhi neri fiammeggianti, apparentemente dimessi perché quasi sempre rivolti verso il basso. 

Capita però che quando modificano la loro inclinazione, alzandosi a livello d’uomo, le fiamme di fugaci sguardi accesi da improvvise curiosità, divampano per un attimo, per poi ritornare prontamente a spegnersi abbassandosi, causa la ricomparsa di pensieri diventati usati. Misteri questi delle donne arabe. I banchi di genere alimentare che con i propri odori saturano l’aria, rappresentano la meta di queste donne, tutte avvolte in tuniche lunghe e ampie che scendono verso la caviglia e non lasciano intravvedere né curve né sporgenze di corpi che più che vedersi devono essere immaginati, per accendere sentimenti e passioni nella mentalità araba, maschile e maschilista.  

Odori si diceva che oltre l’aria, saturano anche il naso incapace di decifrare quella complessa miscela di sensazioni odorose che producono un effetto grave e greve, causa una mescolanza di ingredienti, in cui si riconoscono rispettivamente, il dolciastro della frutta secca quali noci, datteri, fichi, mandorle e pistacchi. La nauseante esalazione delle carni, rappresentate da agnello, pollo, manzo e cammello. L’acre vellichio dei formaggi, bianchi e fermentati, dello yogurt, della panna un po’ rancida, dell’olio di oliva e del succo di limone mescolato al prezzemolo, all’aglio, alla cipolla e alla menta. E poi l’aroma dei pani, della farina, del semolino. Gli effluvi esotici delle numerose spezie quali menta, timo, sesamo, curry, zafferano, curcuma, cumino, cinnamomo. Infine la grezza freschezza dei legumi, lenticchie, fave, ceci e  degli ortaggi quali cetrioli, melanzane e zucchine, per finire con il succoso e arioso profumo della frutta fresca fra cui mele, fichi e melograni.  

A questo punto la cronaca clandestina del futuro per ragioni anche di sicurezza  personale deve interrompersi, costretta a ritirarsi verso la clandestinità. Senza dimenticare però in extremis di citare la frase dell’apostolo Luca quando si chiedeva se il Figlio dell’uomo troverà ancora la fede quando avverrà la sua ricomparsa sulla terra. A cose viste, la cronaca del futuro, non può fare a meno di registrare come l’uomo occidentale abbia contribuito non poco alla realizzazione di questa profezia.  Salam.

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