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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Dove stiamo andando?

La risposta al titolo è: chi lo sa? Una domanda interrogativa che trova come unica risposta, l’incerto e l’opinabile, è già un assurdo di partenza che non meriterebbe di scrivere altro. Se non c’è soluzione infatti per riempire di parole le solite mie due pagine scritte. Fatica sprecata sembrerebbe. Tuttavia c’è sempre nell’uomo qualcosa che nel mutare generale di usi e costumi, non cambia: la speranza. A questa sopravvissuta virtù che si ostina a non morire, mi affido per fare qualche considerazione. Intendiamoci quello che scrivo se non sono parole al vento sono frasi che vanno e vengono, mobili e ferme solo per quell’attimo da parte di chi, leggendo, non ha altro da fare. Me ne rendo perfettamente conto, ciononostante comincio, ma, state tranquilli, senza fare della filosofia che ci rimanderebbe al tutto cambia di Eraclito. No, il mio pensiero si fissa all’oggi, allo sguardo che ognuno impiega quando osserva la nostra società. Trattasi semplicemente del nostro modo di essere che per chi ha qualche decennio in più sulle spalle, appare così diverso dal passato e che offre la visione di una società , la nostra, che cambia i suoi connotati molto rapidamente. Osserviamoli allora. Cominciamo dal costume che non è tanto la foggia del vestire, ma il modo di pensare. Il patrimonio di una tradizione educativa che esprime la personalità morale dell’individuo e quindi di tutta la comunità sulla base di principi che ne condizionano la condotta. Tralascio gli aspetti etici che ci porterebbero lontano e mi limito a registrare quelli del costume sessuale e poi della storia e in ordine crescente della religione. Il costume sessuale dicevo. Nel bene e nel male non vi sono più limitazioni. La differenza fra i sessi tende a scomparire. Etero ed omosessualità quasi si equivalgono e nessuno è tenuto a porre distinzioni. A mettere paletti di separazione fra corpi , morfologicamente ancora diversi ( ma fino a quando?) sollecitati da ormoni differenti . Chi lo fa si carica di passatismo , come volersi fermare ai tempi di una società ancora frenata da (pre)concetti, oggi considerati non naturali , perché costruiti dalle ideologie e dai concetti morali che condizionavano i comportamenti. Per quei pochi che ancora ricordano i versi di Dante imparati al liceo a proposito del suo maestro Brunetto Latini: “insomma sappi che tutti fur cherci -e letterati grandi e di gran fama- d’un medesimo peccato al mondo lerci”, per quei pochi, dicevo, non c’è scampo e possibilità di intesa. Sono solo degli irrecuperabili laudatori del tempo passato, che non capiscono o non vogliono capire il nuovo. Infatti oggi ci si sposa fra maschi o fra femmine ed uso queste parole ad indicare i sessi, consapevole che dovrebbero essere ormai sostituite da altre, più generiche come si fa col padre e la madre, diventati anonimamente genitori A e B. Il sesso oggi infatti è uno solo a disposizione di chi non ha remore, né vincoli morali. Che liberamente vuole pendere da una parte o dall’altra senza doversi sottoporre ad un giudizio da parte di chi ancora guarda al passato. Un diritto questo, considerato di ( falsa) libertà, conquistato a fatica, ma con il contributo della tecnologia che dà la possibilità di generare figli attraverso gameti comprati ed uteri affittati. Se così è riguardo al costume sessuale, veniamo ora alla storia. Maestra di vità? Se mai lo è stata, oggi non più. Essa si rimescola come si vuole perché c’è sempre un vincente che desidera spingerla verso un’interpretazione di comodo, attraverso il grimaldello della disponibilità economica. Un esempio è la recente visita di alcuni amici dell’Associazione liberale, in kazakistan, una terra sconfinata posta fra il Mar Caspio e la Cina. Dove esistevano fino a pochi decenni fa, campi di internamento e di rieducazione, in realtà campi di sterminio di massa, dove causa il freddo, la fame, le condizioni di vita impossibili per mancanza fra l’altro di baracche di ricovero, onde proteggersi dagli eventi climatici, sono morti o uccisi fra sofferenze inumane, circa 60 milioni di individui. Su questi, la storia tace e soprattutto tace lo spirito della stessa storia che secondo Croce dovrebbe essere legata al senso dello spirito, in altri termini all’idea di libertà. Per cui non è lecito scomodare quei morti. Troppo numerosi e per questo troppo scomodi per un mondo che oggi si interessa solo di cose ludiche e che vuole solo illudersi che tutto è a disposizione onde realizzare il Paradiso in terra. E a proposito di Paradiso, viene ora il momento di parlare del terzo punto: la religione. Lo spunto mi viene dalla conferenza tenuta a Palazzo Galli da Mons. Antonio Napolioni, eccellente vescovo della vicina Cremona. Interpretare i segni dei tempi la sua relazione. Sarebbe questo, secondo l’esimio prelato, il desiderio di una religione moderna che non si ritrae nel suo piccolo o grande orticello per addetti ai lavori, i cosiddetti fedeli, ma si apre a cogliere le istanze della modernità, al fine di interpretarle alla luce della dottrina cristiana. Il senso dei tempi e la loro interpretazione quindi. Stando ai risultati, con i fedeli in fuga o in libera uscita dalle chiese e dalle cattedrali, non sembra una strategia questa, per il momento molto efficace. Viceversa a proposito di fuga, non è stata ipotizzata la possibilità dell’uscita dal tempo presente e la sua sostituzione col tempo eterno, che per definizione è al di fuori di questo confine tutto e solo umano, dove si localizza quell’elemento misterioso che è il senso del sacro. C’è un tempo per vivere ed uno per morire, che sono entrambi legati all’orizzonte temporale come noi lo intendiamo . Ma c’è anche, o ci dovrebbe essere, anche un tempo per una seconda vita che per definizione è al di fuori di ogni elemento fisico e che oggi sembra poco considerato nelle omelie e quindi in declino. Per usare un termine tratto dal mondo commerciale, anche poco propagandato. Ecco allora un altro aspetto del vivere che viene a proposito: l’economia. Unico elemento questo del modo di vivere moderno, che ha sostituito etica, estetica, filosofia e religione col portafoglio. I diritti legati ai principi sono scavalcati dai desideri e questi si realizzano con il denaro da ottenere in ogni modo, costi quel che costi. Il vivere felice non è più allora una disponibilità del pensiero e della mente , sottoposta alla legge morale, ma la possibilità di gratificare il corpo ridotto a cosa, da utilizzare come merce di acquisto o di scambio. Ebbene dopo questa tiritera di concetti descritti in termini anche un po’ semplicistici, non mi resta, agli interrogativi iniziali, che aggiungere un ultimo punto interrogativo. Siamo sicuri che non c’è altra via d’uscita, che non l’economia , per vivere? E, poi. E’ giusto che sia il cambiamento a dirigere noi e non viceversa. Io non ne sono convinto per una ragione che non mi sembra così sragionevole come molti pensano. Una convinzione questa che esula da alcun moralismo , che mi auguro di non aver toccato, perché trattasi di un veleno che autorizza ognuno ad attribuire colpe e responsabilità ad altri e mai a se stesso. Facendo di ogni cosa una menzogna.

Dove stiamo andando?

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