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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

È ritornata la nebbia

Strana questa nebbia che ha invaso la città in questi ultimi giorni per darle un aspetto insolito. Per la verità noi anziani pensavamo che la nebbia ormai fosse un ricordo del passato. Quando uscire di casa d’inverno, specie alla sera e peggio ancora nelle ore notturne, acquistavamo l’aria dei sopravvissuti, perché in sostanza non si vedeva quasi nulla della realtà che ci stava attorno

Strana questa nebbia che ha invaso la città in questi ultimi giorni per darle un aspetto insolito. Per la verità noi anziani pensavamo che la nebbia ormai fosse un ricordo del passato. Quando uscire di casa d’inverno, specie alla sera e peggio ancora nelle ore notturne, acquistavamo l’aria dei sopravvissuti, perché in sostanza non si vedeva quasi nulla della realtà che ci stava attorno. Alla nebbia si associava il freddo che con l’umidità diventava particolarmente rigido. Sono ricordi del passato questi, perché da qualche anno la nebbia sembrava scomparsa. Il perché ce lo spiegano gli scienziati della meteorologia e li chiamo scienziati in quanto oggi qualsiasi professione che non è certa, per farla diventare tale, ha bisogno di un sostegno che sgombri ogni dubbio. Insomma la scienza offre il suo contributo a definire in modo assoluto ogni cosa, fra previsioni meteorologiche ed opinioni nell’ambito della virologia. Di cui in questi tempi, sembra non se ne possa fare a meno, col risultato di essere meno convinti di quanto lo fossimo prima. Il ricordo va allora ad altri periodi storici, in cui la scienza non si definiva tale, con tutto il suo corredo di presupponenza, ma solo si proponeva come una possibilità più o meno verosimile. 

Ma ritorniamo alla nebbia, che contrariamente alle cosiddette certezze scientifiche è ricomparsa. Dopo il bombardamento mediatico cui siamo stati sottoposti, in relazione al continuo aumento della temperatura del pianeta, l’evento più probabile, sempre sotto il profilo scientifico, diventava l’innalzamento dei mari causa lo scioglimento dei ghiacciai. Da queste premesse, ne deriva una condizione di vera preoccupazione per le parti emerse. Le quali una volta raggiunti dalle acque e affondate, non lasciano altra possibilità per mantenere la vita sul pianeta, se non quella di correre ai ripari. Dunque una seconda arca di Noè potrebbe essere la soluzione. La scienza ci sta pensando. Ma, sappiamo, che qualcosa sfugge sempre alle previsioni più certe e sicure e la nebbia è stata una di queste. Cosicché con la comparsa di questo velo non trasparente che si forma per condensazione di piccole goccioline d’acqua sopra il suolo, mi sembra di ritornare all’antico. 

La nostalgia non sempre è efficace per gestire obiettivamente la realtà. In pratica per dare risposte in merito ad una valutazione della meraviglia del creato, riguardo ad un fenomeno fisico come la nebbia. Insomma per entrare propriamente nel tema, ci si pone la domanda: piace o non piace, la nebbia? Non mi va di dare una risposta così categorica fra i due opposti. Perché a volte la nebbia piace a volte no. Tutto dipende se ti infastidisce o meno, in base a quello che devi fare. Se devi viaggiare in macchina, non ci sono dubbi. La nebbia diventa una iattura e cavartela di torno diventa un problema poco attuabile, anche diminuendo la velocità e assommando ritardi su ritardi. 
Ma, macchina a parte, in città si va a piedi e quindi la nebbia può essere valutata in modo diverso. Tutto dipende da come la osservi. Mi spiego. Se utilizzi solo l’organo di senso della vista, il fatto di non vedere bene, toglie indubbiamente qualcosa alla tua capacità di interpretare la realtà. Così è e sembra non valga la pena di introdurre qualsiasi altra considerazione. Sarebbe tempo sprecato.

Ma c’è anche un altro modo di vedere le cose. Quello di interpretare il reale, filtrandolo attraverso il pensiero. Infatti non sempre quello che ti appare alla vista, rispetta il mondo che ti appare. A volte si vede in un altro modo, attraverso la immaginazione e la fantasia. Insomma per sintetizzare, si vede quello che si vuol vedere e questo qualcosa dipende dall’investimento che noi diamo alle cose. In questi casi, razionalità ed inconscio si mescolano fra loro in modo non sempre prevedibile. Cosicché quando prevale l’inconscio, la realtà quasi perde interesse. Ritorniamo allora alla nebbia e a quello che ci consente di percepire della nostra realtà cittadina. Per fare un esempio concreto, immaginiamo di percorrere in una sera nebbiosa come quelle di queste ultime giornate, il tragitto che da piazza Duomo, attraverso via Venti settembre, giunge nel cuore del nostro centro storico: Piazza Cavalli. La prima piazza la vediamo in modo sfumato ed incerto specie a nebbia fitta. La facciata della cattedrale si intravvede appena, amputata dal campanile che verso l’alto scompare alla vista. Un’ atmosfera di sogno fantastico, si sostituisce alla visione dei particolari architettonici, attraverso una nuova visione d’insieme. Succede allora che il grande fascino della realtà, possa lasciare il posto all’immaginazione, non da meno attrattiva. Per la quale ognuno, come si diceva, antepone una realtà immaginata a quella reale. Nebbia ed oscurità favoriscono questo strano fenomeno. Costituito dal passaggio della ragione all’inconscio, dove vengono stoccati a secondo dell’esperienza di ognuno, desideri e fantasie, in grado di riaccendere il desiderio del bambino che ci portiamo dentro, attivando immagini nuove e fantastiche.

La favola dell’immaginazione prende allora il posto della storia del reale, in grado di attivare vecchie e nostalgiche sensazioni, legate ad un passato che anche se non si ricorda, non si dimentica. Di natura quasi sempre piacevoli e coinvolgenti, in quanto legate ad una infanzia in cui ogni bambino pensa di essere immortale e padrone di quel mondo sognato, da interpretare come vero. La piazza allora, immersa nella fitta nebbia , lascia intravvedere, in modo sfarinato, alcune luci natalizie sistemate nelle due rotonde dal manto erboso. Trattasi di costrutti natalizi a forma di animale o di tutto quanto la simbologia del Natale rimanda. Si tratta di luci colorate fioche, che fendono solo in parte il buio, fuso nel suo ormai realizzato connubio con la nebbia. Dalla piazza passiamo alla via diritta che porta direttamente nel centro cittadino. Un susseguirsi di luci, si impegnano, in modo quasi frustrante, a vincere la loro battaglia con la nebbia, onde rivelare un susseguirsi di negozi che affollano la via e di cui facciamo fatica a leggere insegne e nomi. Per farlo dobbiamo avvicinarsi ad ogni singola vetrina, ma con questa insistente nebbia che tutto fonde, avvicinando, ma nello stesso tempo anche allontanando, viene meno la voglia di percepire un reale, che ormai ha perso la sua forza di richiamo, attraverso la vacanza dell’attenzione. Intanto una moltitudine di gente, vicina o lontano che sia, affolla la via. Ma ogni individualità si perde per diventare anonima. In quel momento ti coglie la solitudine, pur essendo in mezzo agli altri. Ma non è una sensazione spiacevole. Gli altri se mai esistono, sono solo immagini sfumate che passano e sembra non abbiano consistenza. I fantasmi della fantasia del mondo infantile, forse non sono molto diversi da questi. Forse. Comunque andiamo avanti spinti dalla nostra abitudine tutta inconscia, che grazie alle pregresse conoscenze, ci porta con la vista annebbiata, alla piazza della piazza. Quella più importante di tutte le altre. Quella che si definisce per i cavalli del Mochi e per il palazzo Gotico fra i più belli d’Italia. Quella infine unica e inimitabile per armonia fra passato e presente. Tutte queste considerazioni, rimandano a cose già viste. E già valutate in tutta la loro pregnanza artistica. Ora non sono più quelle. Luci ed ombre si alternano fra l’oscurità della nebbia e quella della sera. Ogni cosa si intravvede e sembra ancora più irreale di quanto lo sia nell’immaginazione.

Ogni particolare, nell’oscurità nebbiosa, si fascia di irrealtà per voler nascondere la sua bellezza. E questo fatto amplifica il bello al posto di ridurlo. In quanto ogni vera bellezza per essere tale, deve essere scoperta, magari con la fatica che sempre ci vuole, per raggiungere ogni obiettivo. Infatti una nuova e più sfolgorante luce, illumina quella che ormai è diventata, più che una piazza, un grande e stupefacente spazio vuoto, tramite la fantasia che si sposa con il mondo della favola. Finisce qui il nostro piccolo percorso nella città nebbiosa, dove ogni cosa viene trasfigurata dalla nostra voglia di cogliere quel che appare, attraverso quella luce che supera in ampiezza ogni altra. Fuor di esagerazioni, trattasi semplicemente del nostro amore per la città che ci ha visto nascere e crescere. E nella quale ogni cosa si tiene e nulla si dimentica. Con la nebbia, si realizza la sintesi del meraviglioso ed il bello si trasforma nel sublime, che ormai nulla può disturbare. Gli stessi rumori del passaggio della gente sul piancito, si odono attenuati e lontani. Perché chi ormai è solo con se stesso, preso dalle sue fantasie, neppure se ne avvede. Scomparsi all’orecchio come alla vista, era già scomparsa la realtà. Con la nebbia allora un’altra nostra qualità, entra in funzione. Ed è quella che noi, normalmente distratti dal mondo che cade sotto i nostri occhi, neppure ci accorgiamo di possedere. A meno che non compaia la nebbia.

È ritornata la nebbia

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