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Giovedì, 28 Marzo 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Elogio dell’inutile

Dopo l’elogio della follia del precedente articolo, continuo con gli elogi. Ed ora l’elogio cade sull’inutile. Sembrerà questo una provocazione ed in parte lo è. Oppure una semplice voglia di voler scandalizzare qualcuno. E questo a differenza della provocazione, di tale voglia non c’è nulla, nemmeno in parte. Entro allora nel merito, per definire prima l’utile e di conseguenza l’inutile. Cosa sono? E poi a cosa servono?  Alla prima domanda la risposta sembra semplice. L’utile si lega alla vita e rappresenta la condizione per meglio realizzare i propri desideri o talenti. In altri termini all’utile si dà sempre un significato positivo. E a sua volta per meglio intendere il positivo, si intende il benessere economico. Nulla infatti senza il sostegno economico, si può realizzare nella vita.  La stessa condizione di libertà, presuppone l’affrancamento dal bisogno. Non nego che in parte tale argomento abbia una sua validità. Ma come sempre ridurre tutto all’economia e quindi all’utilitarismo, che dell’utile rappresenta il suo modo di essere o la sua intrinseca filosofia, non sempre soddisfa l’essere uomo. Che spesso non si accontenta dell’utile economico e va alla ricerca di qualcosa di diverso. Ecco allora che in quel diverso si presenta il cosiddetto inutile. Vale a dire quel qualcosa che stimola la curiositas o meglio il desiderio di poter realizzare quella caratteristica insita in ogni uomo, che potremmo chiamare riduttivamente fantasia. Una esigenza questa che non ci sta ad essere imbrigliata nelle e dalle cose comuni, ma che deve spandersi in una direzione imprevedibilmente diversa, dove convivono tutta una serie di elementi che in ordine sparso comprendono i miti, le favole ed in termini più generali l’arte, che rappresenta quella tensione al divino, dove si ritrovano il senso del buono, del giusto e del bello. Detto così, per rispondere alla seconda domanda, mi rendo conto che si rischia di cadere in quel terreno scivoloso della poca concretezza. Della vaghezza estrema e forse anche pericolosa verso le cose del mondo, dove, guarda caso, si ritrova perfino la follia. Dunque tutto questo si può contrassegnare con il regno dell’inutile. A questo punto sorge la domanda, ma è inutile l’arte? Per rispondere mi viene in mente una favola Zen a proposito dell’uomo primordiale, che trascende la sua condizione primordiale, di bruto, quando offre la prima ghirlanda alla sua fanciulla. In quel momento, si eleva dalla sua condizione di bisogni primari e primitivi e si fa uomo. Poi scoprendo in questo modo l’uso dell’inutile, entra nel regno dell’arte.   E qui si apre un altro argomento difficilmente comprensibile quello dell’arte, valutata secondo il metro dell’utile nell’inutile. Infatti se l’arte si sposa col concetto di bello, questo a sua volta è legato al bene. Non c’è bisogno di evocare Platone col suo mondo delle idee, oppure citare lo stesso Croce che nella sua filosofia dello spirito fa riferimento, per comprendere la realtà, sia all’estetica come categoria del bello, sia all’etica come categoria del bene. Ma tralasciando i filosofi, è sufficiente capire qualcosa più banalmente, andando per Milano ed osservare la gente per la strada. Questa non guarda né a destra né a sinistra, ma è solo preoccupata di mantenere gli occhi fissi per terra. Tutti insomma tirano dritto e sapendo inconsciamente dove andare, non guardano nemmeno in avanti. Indaffarati e spinti dalla necessità, sono polarizzati dall’utile senza il quale non si vive. Non nego che questo utile serva per guadagnarsi il pane, ma nello stesso tempo nego che questa unica dimensione dell’uomo moderno sia il solo modo per vivere. Un altro modo per essere felice, se non si riesce a cogliere in questo utile, la utilità di ciò che chiamiamo effimero. Che, rappresenta quella spinta verso il divino, inteso genericamente come desiderio utopico, che non si accontenta del solo pane materiale, ma abbisogna di un altro pane nutritivo . Quello di un paese, che se nei suoi valori, non comprende l’arte come senso del bello e del buono, rende i propri abitanti schiavi oppure ridotti a robots. Quindi persone infelici, come diceva Jonesco, perché incapaci di ridere e di leggere la vita con quel distacco dello spirito, che altrimenti si trasforma in collera ed odio. L’utile ridotto ad economia e considerato valore assoluto è stato contestato perfino dal padre della macroeconomia John Keynes. Il quale diceva che gli dei su cui si fonda l’economia sono geni del male.  Ipotizzava quindi che per almeno cento anni, l’economia sarebbe stata al centro di ogni attenzione da parte dei popoli convinti, per utilitarismo, che il bene sia male ed il male il bene. Solo perché il male è utile ed il bene no. Avarizia, usura ed avidità, diventano la giustificazione di questo utile economico, almeno finchè qualcosa di inutile subentri nell’animo umano, con la riscoperta della virtù e della saggezza. L’utile dell’inutile trova la sua consacrazione allora in una serie di filosofi. Da Tommaso Moro con la sua Utopia dove l’oro e l’argento servono per costruire pitali a Tommaso Campanella con la sua Città del Sole. Immagine di  una comunità fondata su tre principi: Podestà, Sapienza, Amore. Ma senza addentrami nella filosofia, non sempre facile da digerire e da condividere, mi viene utile citare uno scrittore moderno, Italo Calvino. Per lui l’inferno non è quello che ci forniscono le scritture che potrebbe anche non esistere, ma quello che si vive tutti i giorni, fra le numerose inimicizie ed odi di chi privilegia il profitto.  E proprio a questo profitto, inteso come realizzazione delle proprie umane ambizioni, si contrappone un altro eroe del non utile, in senso utilitaristico, un certo Don Chisciotte, emblema della libertà utopica, dove follia ed elogio dell’inutile si trasformano nel trionfo  di quel superfluo rappresentato dalla poesia. Arrivo al dunque e alla fine. E per riabilitare l’utile contro l’inutile, cito Theophile Gautier. Per lui tutto ciò che è utile è anche  brutto perché teso  a soddisfare i bisogni più pedestri dell’uomo. Bisogni spesso ignobili e disgustosi, perché legati alla sua povera natura. Infatti il posto più utile della casa è il cesso.  E qui la poesia, ovvero l’inutile, di fronte alla fogna, si ferma.  

Elogio dell’inutile

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