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Giovedì, 18 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Il comunismo non è morto e forse nemmeno in agonia

Sembra strano ma è così. Il comunismo vive e si alimenta attraverso un antifascismo falso e intollerante, che dimostra appunto come la ideologia del tutto uguale è paragonabile, per trovare una metafora, al lupo che perde il pelo ma non il vizio. Dunque il comunismo c’è e sotto due espressioni. Quella istituzionale e l’altra legata a quelle coscienze che non ci stanno ad essere private da quell’avventura del pensiero politico che vuole in teoria creare un mondo dove non esistono differenze fra gli uomini. E dove lo stato diventi il garante di un egualitarismo sociale, schiacciando ogni impulso individuale nella realizzazione dei propri desideri o sogni. A loro volta legati al bisogno irrinunciabile della libertà di volere esprimere la personalità da parte di ognuno. Cominciamo allora dal comunismo reale o istituzionale, che si mantiene nel mondo in paesi come la Cina e Cuba e si riaffaccia a corrente alternata in altri paesi del sud America. Ma non solo, anche in Italia che vieta per la Costituzione la nascita o rinascita di un partito fascista, c’è il partito della falce e martello, che ancora si chiama con orgoglio comunista ed il cui segretario e autentico (ri)animatore è Marco Rizzo. Chi è costui? Un comunista convinto che non ci sta ad essere sconfitto dalla storia e che ambisce a vederla di nuovo disposta a riconoscere i suoi sbagli per ritornare ad un passato, a suo dire glorioso. Quello, tanto per chiarire, che vedeva l’Unione Sovietica al vertice dei paesi mondiali in fatto di conquiste sociali e tecnologie scientifiche, nonostante la sua economia languisse, per il fatto del generale appiattimento della cosiddetta uguaglianza di classe. Insomma un comunista duro e puro che suscita perfino, se non simpatia, la sensazione, tutta umana, di un certo compatimento nel suo dichiararsi con il coraggio dell’uomo solo al comando, contro tutti gli altri schieramenti politici. Ritenendoli sia da destra che da sinistra tutti ugualmente criticabili, per aver tradito quella causa originale, il comunismo, che non può addivenire a compromessi. Specie nei confronti dei grandi imperi economici come le industrie multinazionali con il loro corredo bancario. Dunque un irriducibile sognatore che crede nell’utopia di una ideologia di cui assolve tutto, ma senza cogliere le contraddizioni, diventate troppo spesso azioni delittuose contro l’uomo, in vista dell’uomo ideale. Quello che doveva vivere nel paradiso in terra. Ma a parte quello che ho definito istituzionale, c’è un altro comunismo che si è infiltrato nella società dei vari paesi e che pur abbandonando i vecchi simboli, a volte anche rinnegandoli, li conserva dentro le coscienze, come un miraggio di giustizia, da considerare tale, se nel mondo non ci fosse il naturale e insopprimibile spirito di indipendenza e di libertà dei singoli. Ecco allora perché l’ideologia comunista sopravvive e per farlo deve combattere il suo nemico, quello che sta dall’altra parte e che, se non uguale e contrario, vanta differenze abissali, nonostante le comuni origine socialiste ed i comuni programmi sociali. Le differenze dicevamo. In sintesi la più visibile, è che l’ideologia fascista è enormemente più grezza e fin troppo direttamente proposta, attraverso l’intento di inculcare ordine e disciplina. Difesa dello stato, dei confini, degli usi e costumi e perfino della razza, sono i suoi obiettivi. Dunque in sintesi, nel fascismo o prendere o lasciare e chi lascia viene invitato ad andarsene. Il confino infatti diventava la soluzione, oltre a qualche testa rotta (ma non mancano i delitti) ed il carcere la giusta soluzione per i più riottosi. Lo stesso concetto di libertà, diventava una parola che bisognava intendere nel verso giusto, mai espressa in pubblico, solo (mal) tollerata nel privato, dove posizioni contrarie si rivestivano di sottintesi e di doppi sensi, sopportati perché non ufficiali ed anche perché si appoggiavano sulla natura ironica e battutistica dello spirito italico, di fronte al sopruso. Il comunismo invece tutta un'altra cosa. Incidere sulle e nelle coscienze per cambiare l’uomo, diventava un imperativo da imporre con la forza, tuttavia presentato nell’interesse dello stesso uomo, che si voleva ideale per costruire una società altrettanto ideale. Per questo, la libertà veniva conculcata e per la stessa ragione, in attesa del sole dell’avvenire, ogni uomo doveva ubbidire anche senza capire. Anzi proprio il non capire, era il carburante di questa ideologia che rivolta ad un futuro di progresso universale, giustificava ogni azione violenta nei confronti di chi contrapponeva le proprie esigenze personali alla costruzione di un mondo migliore. Anche la pietà era morta.  Essa infatti non doveva esistere per non compromettere quell’avventura ideologica per la quale le uccisioni anche di massa e perfino il genocidio, trovavano la loro giustificazione morale, al fine di realizzare l’utopia dell’uomo nuovo. Il pericolo del comunismo era ed è appunto questo. Inserire nella coscienza morale, un altro parametro che non guardasse all’oggi, ma fosse finalizzato al domani. Quindi la negazione della libertà, di ogni principio di umanità, di ogni vocazione religiosa diventava funzionale, sia ad una nuova coscienza, sia ad un nuovo modo di intendere religiosamente le cose del mondo. Questa ideologia così sottilmente perversa, condizionava e condiziona ancora oggi, molti modi di essere e di fare. Tanto che ha trovato paradossalmente nel suo idealismo ateo, perfino dei seguaci cristiani, i cosiddetti cattocomunisti. I quali abbagliati da una visione dell’uomo purgato da ogni egoismo personale e dall’utopia di una società perfetta nella uguaglianza, hanno ritrovato in essa delle giustificazioni dottrinale al punto di definire, per alcuni, lo stesso Cristo il primo socialista della storia. Ma non è ancora finita. Nella loro intolleranza, falsamente tollerante, esiste per tutti coloro che conservano nel profondo delle coscienze questa mal sopita utopia, un’arma per giustificare se stessi e presentarsi senza ombre: l’antifascismo. Così creare il nemico, diventa il mezzo per esorcizzare le proprie aberrazioni delittuose e nello stesso tempo attribuirle ad un capro espiatorio fittizio, che si carica di tutte le nefandezze umane della storia. Questa in sintesi è la superiorità e la pericolosità del comunismo che ancora non muore come ideologia nei confronti del fascismo, il quale invece ormai è morto, causa una intrinseca banalità dottrinale sul piano ideologico.  Per cui, per quanto auspicabile, sarà molto difficile arrivare ad un atto di accusa a livello mondiale contro il comunismo, fino a giungere ad un processo di una nuova Norimberga. Dove il giudizio storico, morale e politico contro questa ideologia nefasta, in grado di presentare la sua inumanità non come degenerazione morale, ma addirittura come elemento palingeneticamente sempre nuovo e positivo,  questo giudizio allora- dicevo- farà molta fatica a misurarsi con la presenza strisciante, ed ancora viva,  di questa araba fenice del pensiero. La dimostrazione, almeno da noi, la fornisce Marco Rizzo con il suo Partito Comunista Italiano con tanto nel simbolo di una rinata falce e martello e tanta forza di convinzione utopica al limite della schizofrenia, che conferma quanto già detto. 

Il comunismo non è morto e forse nemmeno in agonia

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