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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Il dilemma Conte

Come ho anticipato nel titolo, per me Conte è un dilemma. Se è così, lo ammetto, il motivo è che non mi è simpatico. Infatti mi è difficile inquadrarlo. Ed ancora più difficile trovare condivisione in molte delle sue iniziative. Poiché, come ho detto, mi manca il senso dell’obiettività, cercherò tuttavia di tracciare ugualmente di lui un profilo, prima di uomo e poi di politico. Cominciamo con l’uomo. Di bella presenta e di una certa eleganza nel vestire, aitante quanto basta e dal sorriso contagiante, tradisce la sua vera natura con la pochette. Oggi rettilinea, ma fino a ieri segmentata a 4 punte. Che sia dunque un vanitoso? Può darsi, ma questa caratteristica, se anche fosse, non deve gettare ombre né sull’uomo né tanto meno sul politico. Chi infatti non è vanitoso scagli la prima pietra e chi lo è delle pietre non se ne deve curare. Basta e avanza la quadratura morale. Come politico poi la vanità può anche essere un pregio a patto che si associ alla intelligenza. E di intelligenza, chiamata in politica anche fiuto, l’uomo Conte non è per niente sprovvisto. Al suo debutto in politica, forse perché schiacciato dal peso dei due suoi primi ministri, Salvini e Di Maio, già avvezzi al clima parlamentale, non ha dimostrato insofferenza, pur rivestendo la carica di Presidente del Consiglio. Considerato per questo un Presidente travicello non se n’è dato cura. Pur non condividendo certe posizioni dei suoi ministri e mi riferisco soprattutto a Salvini con i suoi decreti sicurezza, è stato al gioco per non bruciarsi anzi tempo.  Imparare vuol dire sapere attendere e lui, bisogna convenire, di pazienza ne ha avuta. Si è messo insomma in riva al fiume, fino a quando a passare con tutto il suo carico di bruciature legate alle dimissioni, è stato il ministro degli Interni Salvini. Da quel momento l’avvocato del popolo, come si era definito al suo insediamento, presunto timido, ha capito che bisognava agire senza titubanze. Infatti la politica cambia colore ed il giallo verde diventa giallo rosso. Nessuna incertezza, per il nostro. Non solo accetta il cambiamento, ma lui stesso cambia. Ridimensionato l’altro ministro, Di Maio, ora non ha più ombre che lo possano oscurare. Anzi acquista luce, attraverso una padronanza di sé, che prima si faticava a riconoscergli. Insomma da quel momento nasce un nuovo politico, anche se mai eletto da quel popolo o popolazzo, di cui si è proclamato avvocato. Che importa. La vanità del potere lo prende e per la verità lo esercita con convinzione, anche se non sempre in modo convincente. L’avvocato dal popolo diventa soprattutto l’avvocato di se stesso e prende posizione contro gli avversari politici, fra cui il nemico principale, quello visto nel passaggio sul fiume, Salvini. Il suo stile è quello dell’abilità oratoria, tutta basata sulla capacità di convincere, al fine di dare risposta ai i vari problemi che via via, si presenteranno. L’emergenza gli dà una mano. E parlo del contagio da  corona virus. Si impanca e prima sottovaluta il pericolo, quando  poi questo si presenta con tutto il suo carico di drammaticità, eccolo a sostenere con una buona dose di faccia tosta, che tutto era previsto. Intanto il Parlamento  viene esautorato, se non chiuso, causa la pandemia. Infatti esiste solo lui che dice e disdice e fa e non fa. Chi lo capisce è bravo, ma non quanto lui  stesso,che nella cosiddetta emergenza tira fuori il meglio di sé.  Incontri e scontri con le regioni si fanno sempre più evidenti. In modo da palleggiarsi le responsabilità. Il paese dal punto di vista sanitario  è al limite del  collasso. Manca un po' tutto in fatto di prevenzione, ma non manca l’uomo solo al comando. Che dire? I lutti specie in Lombardia sono migliaia, ma il sistema nonostante tutto non  crolla, grazie al lockdown e per circa tre mesi l’Italia si chiude in casa. Alla fine, l’emergenza virale tende ad esaurirsi e a questo punto si divaricano le valutazioni verso il Presidente, che spesso per meglio prendere la scena parla al popolo a reti unificate. Bravo o incapace? Questo il dilemma. E poiché realtà e politica spesso non collimano, chi sostiene la realtà dei fatti, visti i tanti lutti, getta veleno sull’operato del presidente. Chi invece antepone alla realtà la politica, manovrata con l’arte di persuadere e poi di cogliere anche quel buono che c’è in ogni tragica situazione,  dà un giudizio diverso. La critica diventa allora spietata e ci si augura che presto sparisca dalla circolazione. Sta di fatto che i sondaggi dell’opinione pubblica sono a favore del personaggio, che in fatto di popolarità, raggiunge cifre attorno al 50%. Non poco, considerando la tragedia della pandemia, cui segue quell’altra tragedia della crisi economica del paese, ormai alla fame.  Ho parlato dell’Italia, ma la stessa valutazione positiva, si registra nei paesi europei. Alcuni ci ritengono addirittura dei caposcuola per aver combattuto, anche con il canto dai balconi (lo sostiene la Merkel con un’aria che conoscendo i tedeschi sa di presa in giro) il virus. Altri sono più prudenti, ma in sostanza, in base ai loro commenti, l’Italia di Conte, non solo non ne esce con le ossa rotte, ma addirittura acquisisce prestigio grazie alla determinazione e coraggio, del suo Presidente. Se questi sono le varie considerazioni, bisognerà pure prenderne atto e tentare di dare una spiegazione. Ed io non ho che questa.  Conte vanta il pregio, tutto italico, di non prendere  mai una decisione troppo affrettata. Procrastinare tutto e tutti è il suo credo politico . Domani è un altro giorno si vedrà, non è solo la frase di Rossella in Via col Vento, ma diventa la vera essenza della   politica dell’avvocato di Volturara Appula,  basata su questo dato: mai rischiare  per prendere  decisioni improvvise e quindi troppo acerbe. Convincere e rimandare è  infatti come allontanare i problemi che, una volta sul tavolo, non ti lasciano tranquillo. Non solo. Ma  dimostrare che col tempo e con la pazienza ogni cosa verrà a soluzione,  serve ad attivare l’ottimismo dell’italiano medio ,che da sempre è allergico ad affrontare preoccupazioni di qualsiasi natura.. Intanto  si è passati dal virus alla crisi economica. L’Europa ci darà una mano, costituisce una convinzione, su cui insiste ma non convince,  il Presidente Conte.  Infatti come e quando nessuno lo sa.  Nel vaso di Pandora tutto si perde, ma non la speranza. Ecco allora il punto, la speranza. Quella su cui Conte si  adopera  per convincerci che non tutto è perduto e che andando a pietire col cappello in  mano un qualche aiuto europeo, prima o poi  qualcosa ci verrà dato. Allo stesso modo anche la disoccupazione e il crollo dell’economia, sono l’espressione di un momento difficile, cui seguirà una nuova fase di benessere. Beato Conte. Un Presidente per molti incapace, che  invece  vanta il merito di essere considerato da  altra gente,  un premier in grado di  risolvere i problemi . Ma ho già detto che io sono prevenuto nei suoi confronti. Per cui in base a questa condizione preconcetta, definisco  Conte   un dilemma.  Insomma un  forse che sì ed un forse che no. Ma più no che sì.   

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