Il ritorno dal futuro
Quando succederà e speriamo presto, ci sarà un ritorno. Dove il futuro in un qualche modo diventerà il passato. Detto così capisco che la frase sembra molto poco comprensibile. Cerco allora di spiegarmi. L’attuale presente caratterizzata da uno stile di vita talmente libero al punto da indurre le persone a pensare che non esistono limiti né doveri, aveva già di fatto abolito il passato. Un tempo quest’ultimo, dove la vita si svolgeva secondo modelli rigidi e prevedibili. Il buono si divideva dal cattivo con un taglio netto. Infatti bisognava essere buoni bambini, buoni scolari, buoni padri di famiglia e buoni anziani per meritarsi la considerazione della gente E religiosamente parlando, in quanto il buono poteva aspirare alla seconda vita, una volta terminata questa terrena. La condizione come dicevo, era quella di non essere cattivi, durante il faticoso cammino dell’esistenza. Dio, patria e famiglia, erano le tre forme di credenze che giustificavano i comportamenti. E chi ne restava fuori, diventava per definizione un escluso dalla società. Se questo era il passato, il presente aveva già tagliato il cordone ombelicale con appunto il tempo già trascorso. Delle tre cosiddette certezze, Dio era quasi scomparso. Sembrava infatti non ce ne fosse più bisogno. La libertà di agire senza vincoli, ereditata dal ’68, dove si diceva vietato vietare, aveva creato una specie di allucinazione collettiva dove il buono ed il cattivo si equivalevano senza differenze. Anzi la libertà di non avere limiti e la ossessione di voler contestare in ogni come e luogo , in un certo senso riabilitava il cattivo. A cominciare dalla parola, morale, di conio ormai superato, che non alludeva più al suo primitivo significato. In quanto la stessa morale, combattuta dall’ossessione verso una libertà sconfinata, rappresentava un laccio che bisognava sciogliere. Tolta la morale dei comportamenti, di conseguenza si rimuoveva dalle coscienze lo stesso concetto di Dio che invece della morale naturale, nella precisa contrapposizione di bene e male, ne rappresentava un ostacolo insormontabile. Eliminato quindi Dio, considerato il Padre degli uomini, di conseguenza cadeva in disuso anche la parola patria. La quale anche etimologicamente rimanda ad un padre. Ma c’è di più. La patria a sua volta ricordava un passato che bisognava mettere nel dimenticatoio. Il clima del nuovo presente infatti, fatto di integrazioni di etnie e di omologazione di culture, non poteva più restringersi nell’ambito delle singole nazioni. Il mondo intero era l’unica ragione e nazione ,cui bisognava prestare fede, per essere veramente moderni. E chi si ostinava a guardare al passato era da considerarsi, nella migliore ipotesi, un nostalgico, nelle peggiori un pericoloso guerrafondaio che ostacolava la mentalità di comodo votata ad una pace piena zeppa di ipocrisia. Chiamata a parole universale che però nei fatti, tollera la mentalità tangentizia, l’abitudine alla corruzione e la corsa sfrenata al possesso dei beni, da raggiungere ad ogni costo. Essendo la giustizia intesa o meglio fraintesa non come un principio di legge uguale per tutti, ma come un mezzo da piegare ad ogni desiderio individuale . Veniamo allora al terzo punto: la famiglia. Cosa resta di essa? Ben poco. Il perché lo si ritrova nella visione attuale della vita. La libertà che nella sua degenerazione diventa anarchia, non si concilia con le regole. Quindi neppure con la famiglia che rappresenta il primo nucleo della società. Nella quale, la libertà dell’uno si deve confrontare e misurare con quella dell’altro, per non cadere nel sopruso. E’ risaputo infatti che per governare una comunità, ci devono essere dei ruoli e dei compiti da definire e mettere in pratica. E la famiglia, deve muoversi nella stessa direzione. In essa c’è un padre ed una madre e dei figli che vivono insieme, ma non con lo stesso ruolo. E’ vero che il collante di ogni famiglia è l’amore, ma il più nobile dei sentimenti dell’uomo, necessita anch’esso di regole e questo a sua volta presuppone il rispetto reciproco, soprattutto verso gli anziani. Il padre ama i figli ma non è loro amico, così come la madre che darebbe la vita per i figli, ma sa che deve rispettare i loro caratteri, le loro esigenze e le pulsioni dell’età. Diversamente se ruoli e comportamenti fossero tutti uguali, verrebbe meno quella distinzione di funzioni anche di tipo educazionale che rende la famiglia un nucleo di formazione educazionale e di edificazione della personalità. Questo modello diseducativo è rivelato dalle nuove definizioni di padre e di madre , che riducono la loro figura ad un generico termine di genitore 1 o 2 e conseguentemente i figli ad un numero di nascita. Ebbene se questo è il passato, il futuro dopo questa drammatica pandemia, potrebbe riscoprire meglio il tempo trascorso. È la paura a farlo. Ovvero la caduta della considerazione verso il potere della scienza di fronte ad un pericolo di un nuovo virus. Che si diffonde con aggressività ed improvvisamente smonta l’illusione che l’uomo possa far fronte a qualsiasi evento avverso. Col risultato di far rinascere quell’antico sentimento primordiale, la paura, che mette in dubbio le antiche sicurezze. L’uomo allora, a tu per tu con la morte, che prima aveva esorcizzato oppure relegato in ambienti , tipo gli hospice, al di fuori delle faccende e preoccupazioni umane, fino al punto di ritenerla un elemento a lui quasi estraneo, si è improvvisamente accorto che non è così. E che quella parte rimossa del pensiero passato, ritorna con questa raccomandazione: che non tutto è possibile e che la conquista dell’effimero è spesso una tragica scommessa con il destino. Come lo è il cambiamento di sesso secondo le mode ed i desideri di ognuno, che oltre a creare danno, non offrono l’immagine felice dell’uomo moderno, quando si pone al di fuori dalle regole. La morte che colpisce a gruppi, rimanda allora all’immagine della vecchia falce che sembrava dimenticata. Perché relegata alle illustrazioni del Dorè. E poi altre domande si fanno strada nell’animo ormai preso da quel sentimento così antico che ritorna: la paura. Che il virus sia cresciuto sui nostri vizi? Quelli della sfrenata libertà sessuale come era già successo per l’Aids? Oppure che sia per il consumo di droghe, le quali abbassano i poteri immunitari, ad aprire la strada ai nuovi nemici biologici? Ed infine che abbia la sua concausa la moda viziata e viziosa, spinta a consumare cibi strani e difficilmente trovabili che fanno tanto sciccheria alle classi annoiate e abbienti, a incrinare il potere difensivo del corpo umano, non abituato a tali innovazioni alimentari? E mi riferisco a carni di animali selvatici o esotici, tipo serpenti, tartarughe, oppure, come si sente dire, ai sospettati pipistrelli? Se allora tutto questo degrado può spingere l’uomo, reso fragile dal contagio, alla possibile riscoperta di un Dio consolatore, anche la patria, intesa come stato di appartenenza, ricompare dalle sue ombre. Lo stato infatti rimanda al problema dei suoi confini che in certe condizioni di salute pubblica, devono essere rispettati. Il fine? Quello di tutelare i propri abitanti nei confronti di chiunque voglia entrare senza rispettare certe regole sanitarie volte a contenere il contagio. Rimane da trattare la famiglia per intravvedere, anche in questo caso, un possibile ritorno al passato. La pandemia per la verità rappresenta il peggiore pericolo nei confronti del nucleo familiare. I vecchi più colpiti dal contagio se ne vanno e la famiglia diventa orfana della componente più saggia dei suoi componenti, in quanto l’esperienza dovuta all’età è spesso maestra di vita. Ma appunto in questo drammatico frangente, qualcosa può scattare nell’animo delle persone, contagiati o meno, tanto che può nascere la consapevolezza che quel virus che uccide, possa risvegliare con la paura, un antico senso di solidarietà e non dimenticati affetti. La frase di Hemingway: per chi suona la campana, acquista allora la sua risposta più inverosimile ma per questo più vera, che dunque essa suona per ognuno di noi. Ecco allora che il virus potrebbe portare a questo assurdo, come ho detto nel titolo, il ritorno dal futuro. Con direzione obbligata, verso il passato.