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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

L’effetto oculistico del Coronavirus

Finora nessuno ne ha parlato riguardo alla complicanza del coronavirus. Perché accanto agli ormai conosciuti effetti sulla febbre e sui problemi respiratori, ce n’è un altro che riguarda la capacità di guardare lontano. Trattasi infatti di un problema di diottrie, che valutate in senso metaforico, condizionano lo sguardo a vedere le cose solo verso il basso, in quanto l’alto, inteso come cielo, è troppo lontano, Al fine di ridestare emozioni, che alla fine devono toccare l’organo pulsante della vita. Il quale continuando con la fisiologia, dopo aver parlato di diottrie, ci rimanda al cuore, che sempre ricorrendo alla metafora, è meglio definire sentimento e per chi crede, luce dell’anima. Cosa intendo dire?  Che tutto cambia nella vita è questo un dato di fatto. Ma che questo cambiamento sia stato così rapido, specie dopo questa epidemia o pandemia del coronavirus, sinceramente lascia perplessi.  Per meglio chiarire, qui non si tratta di fare tanto un discorso religioso che riguarda ogni singolo uomo, ma ci si riferisce ad un costume, ad una tradizione che da sempre ha spinto   l’uomo, di fronte alle tristezze della vita, a volgere lo sguardo verso l’alto. Verso un fine che in qualche modo giustificasse un mezzo. Quello di pensare che l’essere terreno potesse fare da solo, quando le cose vanno bene. Ma non quando gli eventi sembrano andare contro questa illusione. Continuiamo allora con i sensi e dopo aver parlato della vista, scomodiamo anche l’udito. Quando, non ancora  sordo al sentire, era richiamato alla meditazione verso il suo spesso triste cammino dal  suono delle campane, che oltre a scandire i vari momenti della giornata, dall’angelus all’avemaria, inducevano a pensare, utilizzando quell’altro modo del sentire, a volte intorbidito, che sta nel nostro interno.  Chiamato sentimento e che veniva risvegliato da quel suono che proveniva dall’alto del campanile.  Quello stesso che ha spinto  Hemingway a chiedersi: per chi suona la campana. Per tutti, era  la risposta implicita, perché per tutti prima o poi  quel suono arriva inesorabilmente puntuale. Dicevamo prima che tutto cambia e troppo in fretta. Infatti anche il suono delle campane ora infastidisce e la gente più che pensare ai destini eterni  della vita, preferisce pensare a quelli terreni. Dormire e non pensare, diviene il nuovo comandamento  di chi affronta la vita per quello che è e non per quello che potrebbe anche essere, per credere in una seconda dimensione. Ho cominciato col coronavirus descrivendo una nuova complicanza e voglio continuare scomodando la scienza. Cosa  ci dice di fare? Quello che l’uomo ha sempre fatto quando non è in grado di capire il male. Isolarsi nel proprio io  ed evitare l’altro come la peste. Infatti è proprio la peste che  ha spinto l’umanità in preda, come si diceva allora, al castigo divino, a circoscrivere il contagio, attraverso il ricorso alla  misura della quarantena.  Da questo punto di vista, nonostante quanto detto sul cambiamento, paradossalmente nulla è cambiato. Il dagli all’untore è ritornato di moda e ognuno cerca di pensare a se stesso, evitando ogni contatto con il suo simile, diventato per questo un nemico, in quanto non conoscendo nulla della nuova malattia, ogni estraneo potrebbe essere un veicolo di contagio. Una forma di razzismo, legato alla sopravvivenza, ha contagiato l’uomo. Infatti anche le famiglie, spesso divise, ritornano  a riunirsi. Il risultato è che il loro stato di crisi, obbliga alla convivenza  coatta, simulando una unione inesistente se non fosse  indotta dal virus. Procediamo con la descrizione. Le fabbriche si chiudono, le attività pubbliche si aboliscono e le città diventano deserte. La paura dell’uomo scientifico, che fino a pochi momenti prima pensava di essere autonomo e autosufficiente in tutto e riteneva anche di possedere  una risposta a questo tutto, ora si risveglia da antichi  e mai sopiti dubbi e incertezze. Quelle stesse che hanno incomprensibilmente resistito all’evoluzione di tempi. E a proposito della paura, la giustificazione  non è solo terrena, perchè anche i luoghi di culto si chiudono. Esattamente come qualsiasi posto pubblico,  che potrei definire  di comunione se non avanzassi  il sospetto di essere frainteso. Per cui  meglio usare il termine  laico  di assembramento, al fine di non creare differenze fra i  luoghi e fra il differente  spirito che li anima. Dunque chiese e fabbriche, pari sono nell’affrontare un nemico, che non ha altra giustificazione di essere un prodotto, avariato dell’uomo. Il problema celeste, sembra non voler provvedere più ai bisogni umani,  tanto che la Provvidenza è diventata un fatto puramente storico e se vogliamo anche letterario, che non incide sulle cause del male. Le diottrie, di cui parlavo prima, hanno offuscato il cielo che causa l’inquinamento reale e metaforico è scomparso alla vista. Troppo lontano per suscitare nuove speranze, ormai disperse dal nichilismo che ha eliminato tutte le vecchie e consolatorie trazioni. Atte a  guardare “oltre”, ma ora rinchiuse  nell’angusto confine del basso, inteso nella sola dimensione terrena,  cui è stato affidato il compito di sconfiggere le antiche illusioni di trascendenza. Chiese chiuse quindi e campane silenziose. Pregi e atti di devozione vietate al pubblico negli antichi o moderni templi, anche se (per ora ) non ancora vietati nel privato. Che ognuno preghi, non è ancora diventato un male, (coronavirus permettendo) purchè non ci sia l’ostentazione di mettersi insieme e costituire una comunione di fedeli che sfidano lo spirito del tempo con la pretesa di poterlo ancorare a quel vecchio spirito che il suono delle campane richiamava ed insieme ammoniva . Stando così le cose, un  semplice virus che è un piccolo insieme di cellule non provvisto di vita autonoma, è diventato nella mente dell’uomo tanto grande da condizionare il senso della vita.   L’infinitamente piccolo che diventa  infinitamente grande  è allora il senso di questa epidemia che sta condizionando un cambiamento di valori, ma nello stesso tempo  sta creando una contraddizione insanabile.  Il cui risultato è eliminare prima di tutto la speranza, ora affidata ad un possibile e futuro vaccino. In questo clima di scarsa visione delle cose (ritorno ancora sulle diottrie) e sui silenzi uditivi, sembrerebbe che  delle antiche tradizioni passate, tutto  sia perduto, se non avessimo stranamente ed  inaspettatamente ascoltato il messaggio della maggiore potenza economica del mondo. E sto parlando del Presidente Trump che ha scelto, per rivolgere il suo discorso a tutta la nazione, il giorno delle ceneri. Dunque il primo giorno della quaresima, nel quale le ceneri, derivate dalla combustione di rami d’olivo, vengono poste sulle fronte dei fedeli, come atto penitenziale,  ricordando quel “momento homo” che ci ricorda la frase latina, pulvis est ed in pulverem reverteris, come ammonimento di come tutti noi siamo polvere per ritornare poi in questa unica desolante forma di partenza. Dunque Trump cosa ha detto? Che  la nazione americana è nata all’insegna del cristianesimo come  sta scritto nella sua Costituzione. E che oggi più che mai bisogna credere in questo valore religioso, in particolare il cattolicesimo, con in quale si costituisce lo spirito di una nazione e si crea una identità in grado di reggere le prove della storia, senza rinunciare alle tradizioni passate. Diventate ormai costitutive della  coscienza sia nel pubblico che nel privato, grazie alla quale si è ancora capaci di discriminare il bene dal male. Per poi credere nel bene ultimo. Presentato come discorso presidenziale e firmato con atto di educazione e sensibilità prima dalla moglie, di fede cristiana, e poi da se stesso, quale il nostro giudizio? Nessuno. Perché non  importa, né il come, né il perché. E neppure importa valutare il grado di sincerità religiosa del Presidente. Quello che ha detto, ha detto ed a noi che vogliamo reagire al virus recuperando la vista, questo basta ed avanza. Ma poiché  questo nostro( come già detto) non  vuole essere un articolo religioso, a questo punto ci basta sottolineare che il valore del cristianesimo si può sposare anche con una mentalità laica. Meglio infatti  la consolazione di illudersi di credere in un oltre , che non perderci nella polvere. Egoismo anche della fede? Può essere, ma come disse Pascal meglio credere che non credere. Nel primo caso, al massimo, come dicevo,  ci si illude , nel secondo si perde tutto. Compresi, oltre a tutto resto, anche i sensi della vista e dell’udito.  Indipendentemente dal coronavirus.

L’effetto oculistico del Coronavirus

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