rotate-mobile
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

L’equivoco: liberismo contro capitalismo (senza parlare del resto)

E’ infatti liberista l’artigiano, l’imprenditore, il negoziante, l’azionista, come lo sono le piccole e medie imprese. Insomma, sono liberisti, tutti coloro che investono i loro risparmi, anche modesti, nell’azione. Il capitalismo al contrario si abbevera di un’altra acqua e non sempre pulita...

Oggi di equivoci si campa. Nel senso che ognuno equivoca anche sulle parole. Un esempio? Il concetto di democrazia il cui nome prevale sui fatti. Chi lo mette in dubbio (parlo del nome)? Nessuno. Chi invece crede nel suo vero significato? Pochi. Di democrazia infatti si vive, ma anche si muore, in quanto abbiamo contratto un patto sui significati da attribuire alle stesse locuzioni del linguaggio. Da interpretare, modificare, adattare secondo modi e gesti politicamente corretti in base alle più svariate circostanze ed esigenze. Per non essere equivocato, cito come esempio, il governo Renzi che appunto viene considerato democratico. Formalmente lo è, ma se esaminiamo i fatti, l’equivoco viene a galla. Chi lo ha eletto il nostro presidente del Consiglio?

Non certo il popolo che anche etimologicamente  dovrebbe dare significato all’abusata parola. Inoltre, il sistema di governo e qui intendo i nostri rappresentanti parlamentari, come sono approdati al soglio se non di Pietro a quello di governo? Lo sappiamo, ma facciamo finta di niente, perché l’operazione detta democratica, si è avvalsa di  una legge elettorale considerata incostituzionale. Detto questo affrontiamo pure , sempre in tema di democrazia, un altro equivoco, il liberismo che secondo alcuni non è vera democrazia, in quanto la cosiddetta libertà economica sarebbe in contrasto con la giustizia sociale. Ed a questo proposito, per avvalorare tesi e pregiudizi, si cita il capitalismo basato sulla ricchezza di pochi contro il diritto di molti. Quindi poiché trattasi di una ideologia della disuguaglianza, il rifiuto diventa non tanto un optional, ma un obbligo. Non si può infatti, andare contro la democrazia, anche se di nome e non di fatto. Vero, falso? L’equivoco, su cui molti speculano, deve allora  essere affrontato con un minimo di chiarezza.

E cominciamo dalla libertà economica, come criterio primo per dare un senso democratico (quello vero) alle cose. Se è giusto, come a me sembra, il far coincidere la libertà economica con quella politica, lo Stato liberista ci aiuta in questo, perché riconosce che ogni individuo è libero, non solo di pensare e di dire, ma anche di godere di piena facoltà di scelta nella produzione e nel consumo. In quanto, mosso dall’unico criterio del proprio tornaconto personale e sotto l’unico vincolo della propria responsabilità. Il vero Stato liberista, non solo riconosce tale diritto, ma si adopera per garantire che questo non debba trovare ostacoli.

Quali, privilegi di casta e di censo e vincoli vari, consolidati nel tempo da chi detiene diritti legati ad es. al capitale (ne riparleremo) che ostacola la libertà di tutti (una vera lotta questa iniziata al tempo delle corporazioni medievali) per accedere ai sistemi di produzione. I quali sistemi sottrattati al privilegio di pochi (i capitalisti) e spesso ai lori benefici legali, servono per garantire a tutti il libero accesso  ai beni della produzione, e quindi al mercato. Ma la libertà, come tutte le cose, ha un prezzo che dobbiamo pagare. La cui moneta è lo spirito di iniziativa, la capacità personale e l’impegno che ognuno, se vuole, deve saper immettere nel circuito della libera iniziativa. Sono le doti che ad es. bisogna riconoscere all’operaio intraprendente  e volonteroso che altrimenti non trova posto se gli altri operai si ritengono, anche per diritti (?) sindacali, inamovibili. E più in generale a tutti coloro che a loro rischio, contando sui meriti, vogliono migliorare la propria posizione esi ingegnano di trovare capitale ,se ne difettano e credito ,se ne abbisognano. Questa libertà economica serve quindi , non solo al produttore, ma anche al consumatore che in un mercato di libera concorrenza, si rivolge al suo fornitore preferito, non perché più simpatico (questo incide marginalmente), ma soprattutto perché più bravo, dunque più corrispondente alle proprie esigenze, di natura prevalentemente economica.In questo senso, il libero mercato supera ogni confine politico o di Stato e diventa apolitico non conoscendo limiti geografici, etnici o religiosi.

Posta sul piano giuridico, questa libertà economica è la lotta per il diritto comune, uguale per tutti, contro il privilegio dei pochi. In altri termini, posta sul piano politico, la libertà economica è la lotta dell’individuo contro la Stato, se questo come spesso capita non si dimostra al servizio del cittadino. Perché, e qui dobbiamo essere chiari, non esistono vie di mezzo, fra le due posizioni. Da una parte infatti c’è l’individuo, dall’altra lo Stato oppressore, quando esercita il suo ruolo di controllo e si avvale pur in assenza di una contrapposizione ideologica (il comunismo è morto ma mai sepolto) dell’arma, mai spuntata, della burocrazia, onde mettere balzelli ed ostacoli di ogni genere al fine di soffocare in culla ogni crescita individuale. E veniamo all’altro equivoco in parte già toccato, il capitalismo che molti ritengono sinonimo di liberismo e per questo vengono accumulati entrambi nella stessa accusa di ingiustizia sociale. Per la verità, ho già provato a smontare l’equivoco, ma qualche altra considerazione è bene fare per segnalare  non solo le differenze fra queste due ideologie, ma addirittura la loro incompatibilità. Il liberismo infatti è libertà del (non dal) lavoro.

E’ infatti liberista l’artigiano, l’imprenditore, il negoziante, l’azionista, come lo sono le piccole e medie imprese. Insomma, sono liberisti, tutti coloro che investono i loro risparmi, anche modesti, nell’azione. Il capitalismo al contrario si abbevera di un’altra acqua e non sempre pulita. Spesso infatti cerca di autoconservarsi  con il protezionismo che da privato diventa pubblico per reciproco interesse. Generando una commistione di affari che trovano un comune denominatore nel monopolio, spesso mascherato da propositi mendaci quali, tutela dell’interesse pubblico, salvaguardia dei posti di lavoro, lotta contro gli speculatori e cose del genere. Se allora con la parola capitalismo intendiamo la supremazia del capitale, inteso nel suo significato di processo immodificabile, la produzione risentirà di questo stesso  limite. Il ché si traduce in pochi investimenti, in poca (libera) iniziativa, in poca possibilità di sviluppo verso nuove tecnologie che comportano rischi. In pratica verso tutti gli incerti del mestiere, cui vanno viceversa incontro i piccoli imprenditori.  

Con questa premessa, come detto, si sviluppa il protezionismo di Stato, inteso o meglio malinteso, come un diritto da preservare a tutti i costi.  Anzi spesso contro tutti i costi di una produzione deficitaria. Ed ora, in chiusura, smontato l’equivoco, va detto come a proposito del concetto di democrazia, solo il liberismo coincide con  il vero senso da dare a questa parola, da intendersi nel significato di democrazia economica. Perché difende i più contro i pochi, i capaci ed i volonterosi contro i parassiti o mantenuti di Stato, il lavoro libero contro il monopolio, la dinamica di chi vuole arrivare contro l’immobilismo dei già arrivati. Infine la speranza dell’innovazione contro la sedentarietà dell’abitudine a mantenere caldi piedi e poltrone (come spesso capita nel capitalismo). Abitudine che, a lungo andare diventa  noiosa e incapace di reggere l’evoluzione dei tempi. E aggiungo, perfino immorale. In sostanza, sgombrato l’equivoco, il liberismo è contro tutte le altre ideologie e le supera perché più libero, come dice la stessa parola, e dinamicamente più selettivo verso le persone meritevoli, che non si accontentano di quel che sono, ma ambiscono a diventare altri, pur rimanendo se stessi, onde far crescere il loro lato  migliore. Piaccia o no, questa è democrazia.

L’equivoco: liberismo contro capitalismo (senza parlare del resto)

IlPiacenza è in caricamento