La casa rubata
Solo da poco ci si accorge del fenomeno sociale. Da quando un vecchio 86enne assente da casa per questioni sanitarie e più recentemente una signora residente temporaneamente all’estero, una volta ritornati entrambi nella propria abitazione, l’hanno trovata occupata da extracomunitari. I quali per dimostrare il loro diritto a diventare proprietari delle nuove locazioni, non si considerano degli abusivi, tutt’altro. Infatti hanno cambiato le serrature d’entrata a segnalare che la casa è diventata di loro proprietà. Questa volta però si sono mossi i social media e la questione ha assunto una reazione da parte dell’opinione pubblica: meglio tardi che mai si potrebbe dire, ma il fenomeno è di antica data. Tanto che nel nostro paese circa 20 mila abitazioni sono state rubate. Vale a dire occupate abusivamente da persone quasi sempre, come già detto, extra comunitari, che non possedendo un tetto dove sistemarsi, non trovano di meglio che occupare case in quel momento libere. E subito dopo pretendere la legittimità del loro atto. A dimostrazione che la proprietà, secondo loro, non è un diritto inviolabile, se sull’altro versante esiste una condizione di disagio. Anzi un bisogno di carattere umanitario e di dignità sociale, che diventato un diritto si contrappone ad un altro diritto rappresentato appunto dalla proprietà. Questo aspetto non è secondario e dimostra quasi sempre la non applicabilità sul piano operativo di una legge, che attraverso gli organi preposti, quali ad esempio le forze dell’ordine, sembrano disinteressarsi del problema. Come se l’arbitrio di violare la legge, dovesse confrontarsi con due esigenze contrapposte. In sostanza da una parte la povertà, meglio ancora l’indigenza, dall’altra la proprietà di un bene che non è detto sia per questo attribuibile ad una persona abbiente o ricca. Dunque stando così le cose, val la pena argomentare in merito e dal problema casa, allarghiamo l’orizzonte verso una problematica sociale. Secondo la quale, si assiste ad un fatto. Che il diritto di proprietà, venga messo in discussione. Causa di questo modo di intendere le questioni patrimoniali, la responsabilità va attribuita all’attuale condizione di fede, diventata la nuova religione. E parlo dell’ecologismo che sarebbe bene chiamare, per le considerazioni dette, ecolatria. In base a questa forma di fede, l’uomo non è più al centro del mondo e dunque in grado di utilizzare le sue competenze e tutti i suoi diritti sull’ambiente in cui vive. Questa visione antropocentrica, secondo la quale l’uomo è il dominus della natura, non tiene più. Anzi elevando la stessa natura a dea, l’uomo, in rapporto con essa, diventa subalterno. Continuando di questo passo, si è giunti a stabilire una netta superiorità della natura sui nuovi equilibri, compatibili con il benessere del pianeta, Di conseguenza l’uomo, secondo i più accaniti seguaci o fedeli del nuovo verbo ecologico, viene considerato e ridotto ad una specie infestante il creato. Insomma un colpevole per peccato di empietà verso la dea terra, ma più in generale verso quello che chiamiamo progresso. Inteso come espressione egoistica di privilegiare ogni esigenza umana contro l’equilibrio naturale. E che oggi si ribella vantando addirittura la sua origine divina. Per questo il vecchio mondo voluto in particolare dall’uomo bianco ormai è alle corde. Ne deriva che il passato non contestualizzato, ma visto secondo l’ottica ecolatrica, deve essere rimosso. In base alla nuova utopia che disdegna i vecchi simboli della civiltà e che abbatte le statue del nostro passato. Quali sono stati gli scopritori di nuove terre, come il nostro Colombo, o gli eroi politici e civili, un tempo considerati tali, ma che ora sono solo del colpevoli di aver orientato il mondo secondo i loro particolari fini egoistici. Fra tutti questi aspetti del progresso, oggi sottoposto alla cancel culture, verosimilmente si pone anche la proprietà. Considerata di per sè ingiusta per almeno due motivi. Di cui il primo è il modo per averla raggiunta, attraverso operazioni di matrice egoistica legata alla vecchia idea di creare una civiltà più avanzata, costi quel che costi. Ed il secondo motivo, in quanto il tempo come è quello odierno legato alla migrazione di massa di popoli bisognosi, determina di fatto una ingiustizia sociale, privilegiando alcuni a danno di altri. In sostanza, il colpevole di questa presunta ingiustizia sociale, deve essere considerato l’uomo bianco, cui si deve la responsabilità dello stato di progresso occidentale, includendo anche il nord America. Il risultato è che questa nuova religione ecologica che ha sostituito il cristianesimo, ormai in crisi, ha spinto l’uomo verso una moderna rivoluzione degli assetti sociali, che di fatto per il suo carattere intimamente sovversivo, equivale all’antica lotta di classe. Perché entrambi questi movimenti hanno qualcosa in comune. L’utopia di creare una società di uguali, senza discriminazioni legate al potere. In pratica realizzare un paradiso in terra, visto che l’altro quello non terreno, è stato messo nel dimenticatoio. In tutto questo nuovo corso degli eventi, ci va di mezzo quindi anche la proprietà. Accusata di blasfemia se non altro perché in grado di ostacolare il nuovo credo ecologico, il quale si è fatto strada anche nei confronti della religione cristiana. Ce lo ricorda il Papa nella sua omelia: Fratelli tutti secondo la quale la proprietà non è un diritto assoluto, né un fatto intoccabile. Ecco allora che la proprietà trova d’accordo le due religioni e da loro acquista una legittimazione contro il vecchio mondo. Come ci è stato comunicato recentemente a Palazzo Galli in occasione della presentazione del libro: In nome della proprietà, dal relatore avvocato Sandro Scoppa in dialogo con il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa e dal presidente Corrado Sforza Fogliani autore della postfazione dello stesso volume. Dove si è sostenuto che cardine di una società giusta si deve intendere la proprietà legata al senso di libertà. Nulla da eccepire su questa tesi. Molto da eccepire invece sul comportamento delle nostre istituzioni che sulle case rubate, in genere non muovono un dito, se non quando costrette dalle critiche di alcuni network, di matrice non ancora asservita alla nova fede ecologica, come: Fuori dal coro di Mario Giordano. La mia impressione è che la nuova utopia del tutto uguale in adorazione alla nuova divinità, rappresentata dalla dea terra, abbia fatto proseliti anche fra le istituzioni. Al punto che la nuova mentalità stia per cancellare l’idea che la proprietà privata sia un diritto inalienabile. Mie impressioni dicevo. Una ultima considerazione riguarda il fatto che la storia sembra sentire il bisogno di tanto in tanto, di modificare le carte, introducendo un jolly che prende tutto. E questo jolly non è altro che un nuova utopia che cancella il passato per edificare un nuovo corso. Ma è tutto da dimostrare che il nuovo sia migliore del vecchio. Spesso è solo una illusione, di cui l’uomo si alimenta per non appiattirsi sul già conosciuto. E l’illusione ha un duplice aspetto. Da una parte mischia le carte, sostituendo quelle logore con quelle nuove ottenendo un miglioramento sul piano visivo o esteriore. Dall’altra la sostituzione non sempre riesce nel modo privo di errori. Cosicchè nel mazzo si trovano dei doppi che impediscono il gioco corretto e confondono le idee. Così al posto di andare avanti si va indietro. In attesa di una nuova illusione, la cui carta da gioco spesso perdente, si chiama utopia.