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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

La Chiesa povera e la Chiesa ricca

Non fatevi ingannare dal titolo, perché qui il povero ed il ricco non hanno il significato che normalmente si attribuisce alle due definizioni. Infatti non si tratta di scrivere ricco e povero in relazione all’aspetto economico e neppure riguardo alla condizione sociale. Nel caso nostro infatti, bisogna sovvertire il significato di queste due parole, tanto che il povero diventa ricco e viceversa. Poiché in questi termini, mi rendo conto, di aver generato confusione, cercherò di entrare in tema per chiarire questo duplice aspetto interpretativo riguardo alla Chiesa. Dunque cominciamo con la Chiesa ricca, quella per intenderci di Papa Bergoglio e della alte gerarchie ecclesiastiche (ma non tutte). Una Chiesa questa che si orienta verso i problemi dell’uomo e dell’ambiente in cui vive. Lo dimostra, ultimo della serie, il sinodo pan amazzonico che si è aperto in questi giorni, il cui scopo è quello di difendere la terra contro l’invadenza e la prepotenza dell’uomo. E, allargando il discorso, contro la società capitalistica che genera progresso, ma a scapito della salvaguardia del pianeta. Ma non è tutto, altro elemento negativo da evidenziare, la attuale disuguaglianza fra i popoli, dove le differenze, specie quelle di carattere economico, invece di attenuarsi, aumentano. Se queste premesse hanno elementi di verità, la soluzione proposta dalla Chiesa ricca, non sembra quella di voler ritrovare un punto di incontro fra ricchi e poveri e poi fra l’uomo e la natura, ma sostenere il tutti uguali in relazione non solo ai diritti, il che sarebbe giusto, ma riguardo alla piena omogeneizzazione degli esseri umani. Dove le disuguaglianze non solo economiche, ma di cultura e tradizioni, non devono essere consentite per il semplice fatto che tutti abitiamo questa terra.  La quale deve essere tutelata per prima cosa, attraverso l’abolizione delle lotte di potere fra i popoli, al fine di ricavare benefici da parte dei vincenti, normalmente i paesi occidentali, mossi solo da interessi egoistici.  Per chi avesse dubbi, la Chiesa ricca, d’accordo con la ragazzina e sempre più arrabbiata Greta, invita ad osservare la natura, che ormai esausta dai troppi sfruttamenti da parte dell’uomo ed in senso più ampio, da parte dei cosiddetti popoli civili, ci ricorda la frase evangelica del noli me tangere. Frase questa, che invece di riferirsi al Cristo quando una volta risorto ha  rivolto queste parole  a Maria Maddalena, si rivolge alla terra diventata una specie di dea mondiale che oggi suscita l’ammirazione, quasi un culto,  da parte di chi mette l’ecologia sopra ogni cosa. Cosicchè l’attenzione si è spostata dal cielo alla terra, i cui dettami o regole sono esclusivamente legati al nostro attuale bisogno di dover vivere nell’indistinto e liquido ambiente della società attuale. Dove non devono esistere differenze, etnie, privilegi ed esigenze soggettive. La libertà dell’uomo diventa allora la liberazione dai propri confini, dalle proprie usanze, dalle proprie radici culturali e religiose. Un nuovo ecumenismo si è impossessato della Chiesa ricca ed il tutti uguali anche in relazione alle diverse fedi religiose, si sta diffondendo a macchia d’olio. Anzi, in clima religioso, si può anche dire all’ urbi ed orbi. Terzomondismo e immigrazione indiscriminata diventano quindi lo strumento per realizzare l’uguaglianza e la fratellanza terrena, secondo la vecchia concezione della rivoluzione francese. Tanto che questa visione utopica porta a realizzare il paradiso in terra. L’esito è che la tradizione di un popolo si mescola, col rischio di scomparire, con quella di altri popoli e ogni senso di identità, invece, di suscitare disuguaglianze, deve lasciare il posto ad una nuova ideologia mondiale, dove tutti devono essere affratellati perché così lo vuole la natura, vera artefice di questa nuova moda del vivere che ispira e nello stesso tempo annichilisce il sentimento religioso.  Una caratteristica questa che provenendo dalla natura diventa quasi naturalezza e fa strame del modello consumistico e capitalistico che   perseguendo la logica del profitto non ha nulla, secondo la Chiesa ricca, di veramente religioso. Infatti per dimostrare che altro non esiste, la stessa Chiesa propone ponti e non muri, integrazione e multiculturalismo al posto di una tradizionale ed ormai superata prudenza riguardo all’immigrazione indiscriminata, non curandosi dello stravolgimento degli assetti sociali.   Tutto ciò in base al nuovo credo per il quale la vita vera comincia quaggiù e rischia di finire in questa stessa dimensione terrena, avendo smarrito ogni vocazione soprannaturale. Tradizione, dottrina e liturgia, in questa ottica più che di fede, di fiducia nell’uomo, sono diventati strumenti superflui, destinati a cadere nella dimenticanza. La Chiesa ricca, di questi valori non sembra averne più bisogno. Il mondialismo delle esigenze è più che sufficiente per sostituire i vecchi riti confinati nel recinto di qualche tempio, ancora tradizionale, e diventato obsoleto causa la mentalità ristretta in cui i vecchi riti si professano.  Detto questo, passiamo allora della Chiesa povera. E domandiamoci come ed in cosa, si caratterizza.  Per farlo, urge scomodare le cose non più di moda , rappresentate dalle tradizioni, culti e riti. Tutti eventi questi che si mantengono costanti nel tempo e che non seguono la logica quotidiana delle mode, oggi apparentemente vincenti. Una Chiesa povera, ancorata al   passato e alle sue tradizioni che non si cura dei tempi,  come avviene  ad es. nella nostra città, presso la chiesa di San Giorgio in Sopramuro,  una Chiesa-dicevo- che crede nell’immortalità del suo messaggio, addirittura non rinuncia alla lingua latina, al fine di seguire fedelmente la comunicazione dei padri. Questa Chiesa allora   che sensibile al linguaggio antico e alla dottrina sociale, si cura dell’uomo e della natura, presenta un diverso approccio allo stesso problema, perchè osa scomodare la creazione.   Tanto che se è  vero che  l’uomo deve rispettare la natura, i due elementi non devono confondersi e la   priorità  viene data all’ essere umano, cui è stato dato con la creazione, il compito di gestire il mondo e gli abitanti animali che lo abitano . Ecco allora, in sintesi, le differenze della Chiesa povera rispetto a quella ricca, causa il vero protagonista  che nella prima è  il Creatore. E secondariamente l’uomo, libero di essere se stesso con la sua identità, il suo sesso e la convinzione di avere dei compiti morali nella gestione dell’ambiente a lui dato per volontà divina. Da questo stato di cose, ne deriva la responsabilità che si assume nei confronti delle sue azioni e delle sue ambizioni. E di seguito verso la propria   famiglia e più in generale in direzione di quella famiglia universale che per questo viene definita cattolica, attraverso il distinguo rispetto ad altre professioni di fede. L’uomo libero che crede nella propria tradizione, ha questo vantaggio. Quello di possedere spirito di identità con cui confrontarsi con il diverso, senza avere complessi di mettere in discussione la propria fede e le proprie convinzioni.  Infatti, radicato nelle proprie idee, non diventa l’individuo spaesato, nomade e mutante a livello globale in virtù di una concezione falsamente libera che rende tutti uguali ed omogenei, causa l’abolizione surrettizia di ogni   indistinta filosofia del vivere, sesso compreso. Se questo è l’uomo così inteso, anche la natura acquista analoga giustificazione. Non una dea minacciosa e vendicativa che rischia di portare i suoi abitanti nell’abisso di un inferno ( l’unico cui ancora si crede) ubicato  in terra, causa la sua lenta consunzione, ma  il frutto di una creazione che continuerà a nutrire  di pane l’uomo e con la nutrizione  fisica anche quella immateriale legata al senso della bellezza, che il creato ispira. Ecco allora le differenze   fra le due Chiese. Quella ricca di ecologismo sociologico e di vocazioni integraliste con la pretesa di rimuovere ogni differenza, compresa quella dei tortellini bolognesi, ma povera di esigenza soprannaturali. Nei quali tortellini, la sostituzione della carne di maiale con quella di pollo è funzionale, col rifiuto delle proprie tradizioni, a sottomettersi all’ integrazione coatta, a favore dei seguaci della fede islamica. Una Chiesa, nella quale, fra i nuovi tredici cardinali eletti in questi giorni dal Papa,  compare l’arcivescovo gesuita del Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, il quale per ribadire il suo credo verso l’immigrazione, ha partecipato ad  una colazione con Luca Casarini, ex no global ed attualmente il più acceso sostenitore del diritto di espatrio da parte di tutti coloro che  lo desiderano,   indipendentemente dai motivi della loro scelta. Dall’altra parte sta la Chiesa, detta povera,   in fatto di idee legate al sociologismo ed ecologismo  corretto, ma ricca  di esigenze spirituali. Portate avanti attraverso il rigore della dottrina e con la convinzione di non seguire il mondo, ma solo il suo Creatore,  attraverso la forza evocatrice dei riti sacri e delle liturgie, che immerse in un continuum immutabile, escono dal tempo finito, proiettandosi in secula seculorum. Questa Chiesa   definita povera per non voler assecondare i temi dell’immigrazione incontrollata e per non volere tenere in debita considerazione la natura con tutti i problemi legati all’inquinamento, ma invece ricca di valori sacrali, costituisce una contraddizione fra l’uomo terreno e quello che per la sua fede, crede nell’eternità.  Ma poiché, come ho detto all’inizio, le parti interpretative si invertono,  la Chiesa  povera e quella ricca si contrappongono, offrendo  due modelli alternativi da valutare in base alle diverse concezioni di vita.  E chi delle due avrà maggiore seguito di fedeli, per ora non è dato sapere. Per ora.        

La Chiesa povera e la Chiesa ricca

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