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Venerdì, 29 Marzo 2024
Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

La civiltà perduta

Se nel precedente articolo ho parlato dell’evoluzione della civiltà verso il transumanesimo, non sono certo di aver spiegato bene i motivi. Bisogna allora parlare del perché. In pratica sostenere che la nostra attuale civiltà ha le ore contate, causa uno stato di crisi che evolverà verso quel destino non umano di cui ho già parlato. Per la verità il declino di una società non è un fatto nuovo. Storicamente ogni civiltà conosce una nascita, uno sviluppo e poi un declino. E per comprendere questo fenomeno già evidenziato dal filosofo e scrittore tedesco Oswald Spengler nei primi anni del secolo scorso con l’opera: Il tramonto dell’Occidente, non c’è bisogno di ricordare quanto è successo nella civiltà egizia, greca e poi romana. Se questo è vero, oggi però c’ è qualcosa in più di un semplice tramonto della civiltà. In quanto trattasi di una caduta o meglio di un crollo subitaneo in fase già avanzata, senza la possibilità che si verifichi una strategia legata ad un lento declino. I motivi sono diversi e fra questi, cito come elemento principale la caduta dei valori su cui si basava la civiltà cristiana. Intendiamoci, non voglio con questo parlare in termini di sola fede e conseguentemente di questioni che toccano soltanto il tema religioso. Perché non è questo il solo problema. In quanto l’aspetto religioso, anch’esso in crisi, ha ormai contagiato l’ambiente civile. In altri termini la società sta coltivando un pensiero che con la perdita della fede è diventato debole. Nel senso che ha perso il nesso fra la vita e la morte. Nascita e fine vita allora sono diventati poco attraenti anche sul piano etico, non riconoscendo loro alcuna giustificazione. Infatti per quanto riguarda la nascita assistiamo alla caduta della natalità, mentre per quanto concerne la morte, si pensa o almeno ci si augura che sia rinviabile all’infinito tramite la scienza. La mancanza di una visione antropologica che riconosce la vita di un nuovo essere come principio del mantenimento della stirpe, sembra interessi poco o punto. Due i motivi. Il nichilismo che tende ad uniformare ogni cosa senza riconoscere alla realtà ogni elemento giustificante. Mentre la seconda causa riguarda l’egocentrismo. La mentalità dell’hic et nunc (del qui e ora), secondo il quale il futuro non interessa. Solo il tempo presente sembra giustificare il vissuto, il resto sfuma nel disinteresse. Ho parlato prima dei valori della civiltà cristiana che si sono ormai polverizzati. Ne cito due che vanno di pari passo. Il sesso e l’etica. Il primo non è più certo. Non trova gli antichi riferimenti di ordine biologico ed ormonale. L’uomo da elemento creato, si illude di diventare a sua volta condizione creativa ed in riferimento al sesso pensa di definirlo secondo i suoi desideri. I quali potendo cambiare di continuo, grazie anche al programma auspicato dalla cultura transgender, hanno ormai perso ogni riferimento di natura binaria, trasformandola nel trionfo dell’indifferente o del tutto possibile. Infatti influenzati dai desideri, i sessi si moltiplicano e tutto viene immerso in un calderone comportamentale che giustifica qualsiasi aspettativa. Dal sesso multiplo all’etica la situazione è equivalente.  Nel senso che anch’essa è affetta da una condizione mutevole che può tranquillamente giungere a rinunciare alla propria esistenza. Sostituita infatti dall’utilitarismo o dalla vocazione al benessere economico, che, vera molla del vivere, del domani non si cura, perché come detto esiste solo il presente. Per la verità che del doman non vi sia certezza, lo diceva già, con fare poetico, Lorenzo de Medici, ma ora si pone il problema anche del tempo presente. Immersi come siamo fra continui condizionamenti di tipo informativo ed informatico, gestiti dai social media, che non si sa fino a che punto siano liberi nel gestire le notizie, potendo agire su di esse con controlli di vario tipo. Il risultato è che noi ci sentiamo a nostra volta frastornati da questa contagiosità e della quale non ci appare chiaro se trattasi di tipo solamente informativo o viceversa prescrittivo. Per questo motivo, nel mare magnum dei dati trasmessi dai social, ci risulta difficile individuare le notizie sbagliate da quelle giuste. Una filiera di informazioni si susseguono e ci investono in quanto siamo considerati i referenti obbligati di un modo di concepire il mondo, che prescrive l’assunzione di comportamenti obbligati. Se sapere non vuol dire conoscere, del conoscere a nessuno importa. Poiché la cultura è in fase declinante, diventa la non cultura a determinare il nostro modo di vivere, con la rinuncia alla libertà di poter decidere dove muoversi e con chi. Il destino è allora quello di dover subire, senza nemmeno rendercene conto. Mancando la cultura, ne consegue che sia i punti di partenza che quelli di arrivo, scompaiono. La filosofia, legata alla ormai superata condizione umana, sembra un vecchio arnese del passato tradito perfino dalla memoria del ricordo. A sua volta la storia, continuamente manipolata anch’essa dai social, diventa l’occasione di una perdita di contatto col principio di realtà. Come fosse un capo di abbigliamento che si cambia di continuo secondo   preferenze ed abitudini individuali. La conclusione è quella di seguire la corrente di un pensiero unico che ha perso ormai la sua vocazione storica, di tipo umanistica ed umana, che nella sua uniformità ripetitiva si è ridotto ad essere sempre più misero e non più interessato a misurarsi con le cose grandi. Cosicché per quei pochi che si ostinano a non capire l’evoluzione dei tempi, l’unica possibilità rimane quella dell’isolamento. Vale a dire rifiutare ogni comunicazione con l’ambiente che ci circonda, correndo in questo modo l’accusa di narcisismo o addirittura di follia. Anche se di quest’ultima, nulla può riguardare quell’elogio ad essa attribuita da Erasmo. Troppa iattanza ignorante nel doverla prendere in considerazione, anche causa un organo, come il cervello, che non è detto abbia ancora voglia di funzionare con quel minimo di neuroni rimasti, dopo il livellamento informativo ed informatico cui è stato violentemente sottoposto. Al pensiero piccolo si addice pure la ecolatria imperante, dove l’uomo si riduce ad un convitato di pietra nei confronti dello strapotere della dea natura. Ed in aggiunta va ricordata la caduta della bellezza. Anch’essa quasi scomparsa dopo la crisi del pensiero cristiano, con tutti i suoi valori d’arte riguardanti la pittura, la   scultura e l’architettura. La civiltà perduta è allora quella che stiamo vivendo e la situazione è drammaticamente vera nella misura in cui non ce ne rendiamo conto. Non possiamo non essere cristiani è stata la frase pronunciata da Croce, secondo la sua visione filosofica che per quanto poco interessato ai problemi religiosi, aveva capito come la caduta di questi valori avrebbe portato ad una condizione di declino inevitabile. In base a questi motivi si giustifica allora come l’attuale civiltà perduta, sia ormai indirizzata verso il modello del non umanesimo. In cui l’arte come senso del bello e l’etica come senso del giusto, non avranno più alcuna ragione di essere, in quanto dimenticati sopravvissuti di una condizione non più umana. L’intelligenza artificiale inventerà una nuova civiltà ed in questo modo potrà avere ragione Splengher con il suo: Il tramonto dell’Occidente. A distanza di cento anni circa da quel suo scritto, rendiamogli allora merito.         

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