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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

La guerra dei sessi

Parlare oggi del sesso o dei sessi diventa un problema. Sembra infatti che ve ne siano troppi e per giunta in fase di  cambiamenti continui e di ridefinizioni. Infatti non è più come un tempo. Il progresso ha cambiato molte carte in tavola, compreso quella che definiscono il sesso. La legge anatomica, un tempo cardine di appartenenza in fatto di sesso, vale sempre meno. A questa si è sostituito il desiderio. Vale a dire la libertà di scegliere a quale categoria appartenere sulla base del condizionamento sociale, a sua volta dipendente dalla moda. Cosicchè ognuno interpreta ed ognuno sceglie, senza guardarsi allo specchio. Il risultato è che l’identità sessuale si costruisce non alla nascita, ma dopo. Maschile e  femminile sembrano categorie superate, infatti questa differenza non sta al pari con l’attuale evoluzione culturale. In casi dubbi si preferisce una via di mezzo, e così si chiamano comunemente  i trans,  che per volgarizzare, ma senza offendere, non sono né carne né pesce. Ma che in compenso offrono la possibilità di compiere la vera libertà di scegliere di non scegliere, che rappresenta il vero raggiungimento  di modificare la natura.  Considerata troppo schematicamente coercitiva in questa  scelta. Stando così le cose, la conquista dell’identità sessuale muove dalla sua perdita dell’elemento naturale. In questo processo, il maschio è quello che peggio o meglio a seconda dei punti di vista, subisce il flusso del tempo, perché messo alle corde e sottoposto alle critiche da parte di una società che non ama  più il tradizionale ruolo maschile. Considerato arcaico e ancorato ad una visione patriarcale che fa a pugni, come detto, con la nuova moda culturale, onde dare all’uomo  ( inteso in senso generico) la possibilità di gestirsi in proprio, anche sotto il profilo della propria appartenenza sessuale. Viceversa,  diversamente dal maschio , sembra meno suscettibile  al cambiamento, influenzato dalla moda,  la figura femminile. Infatti quest’ultima, mossa dalla necessità di volersi e doversi  difendere nei confronti del potere maschile, sembra orientata a portare acqua ad un fiume che ha già superato gli argini e tracima non si sa in quale direzione. In questa situazione, che in realtà è una contesa che vede da una parte (vincente)  la donna con tutto il suo carico rivendicativo nei confronti di un passato patriarcale e dall’altro  il maschio, è quest’ultimo che soccombe. Anzi che  pende fra due possibilità: o subire  e femminilizzarsi o reagire con la violenza come a volte capita. Condannare la violenza maschile è cosa ovvia, non altrettanto l’altra violenza, che pur esiste, di  tipo femminile o meglio donnista,   cui sottomettersi. Secondo la quale violenza, l’uomo è un pericoloso predatore sessuale, un violento a prescindere, un retrogrado culturale e per giunta con il vizio ereditato dalle generazioni precedenti di ergersi a giudice. Sempre spinto a voler spiegare alla donna, sua compagna, come deve comportarsi, nel tran tran famigliare ed anche lavorativo.  Accentuando in tal modo una diffidenza, un distacco che diventa  spesso un solco  insuperabile con la  figura della sua compagna. Per la verità non tutte le critiche sono infondate. La donna oggi legge di più. Studia con maggiore costanza, si laurea statisticamente in numero maggiore rispetto all’uomo e per antica rivalsa è animata dalla voglia di occupare posti di rilievo nell’ambito sociale e lavorativo. In questo senso non tutto è ancora compiuto, e la necessita, anche a livello politico, di scegliere un po’ farisaicamente le quote rosa, al posto del merito,  sta a dimostrare che il futuro sembra impregnato di questo colore. E l’uomo? Tralasciando la perversione violenta, che è sempre condannabile, in realtà non sa che fare.  L’educazione oggi non l’aiuta. Già da bambino deve misurarsi con l’elemento femminile in preponderanza. La madre a casa e le insegnanti a scuola, sono quasi tutte donne. I suoi punti di riferimento sono oscurati. Gli eroi, un tempo suoi modelli da imitare, non sono più di moda e di fronte alle coetanee, votate alla narrazione indotta dall’insegnamento delle loro insegnanti, al fine di studiare ed imparare, i loro coetanei maschi si perdono. Nel senso, come oggi succede, che molti abbandonano gli studi.  Questa situazione che comporta  il rischio di una perdita dell’identità maschile,  rischia di portare ad una sua sostituzione con quella femminile. Il risultato è che il maschio ha problemi a gestire la sua identità e perdendo fiducia in se stesso, non manifesta speranza  nella possibilità di crearsi un futuro, in modo che sia  positivo.  Come risultato, rimane la condizione di scimmiottare l’elemento femminile.  Non così per la donna, la quale pur avendo anch’essa problemi di comportamento, legato alle mode, è più solida nella sua visione di vita, in quanto mossa dalla  volontà di riscatto e di emancipazione. Anzi proprio per questo, anche per lei esiste una violenza, anche se meno visibile rispetto a quello maschile. Quella di essere indipendente  da qualunque condizionamento, sia nel campo della libertà sessuale, sia per quanto concerne la decisione di gestire la eventuale gravidanza.  In modo di decidere  autonomamente  di avere o no figli con la scusa o la giustificazione di combattere contro la presunta violenza maschile.  La quale, per la verità, è da sempre storicamente basata sul desiderio di possesso, insito nell’atto sessuale, come dimostrano gli episodi dell’antica Grecia. Ci ricordiamo di Medea? E meno male,  vien da dire quasi in modo paradossale, che sia così. Diversamente si crea, come sta succedendo, una identità sessuale neutra, in cui si generano  nuove possibilità di manifestare comportamenti diversi e non conformi ai presupposti anatomici, un tempo unica condizione nella definizione dei sessi. Detto questo poichè siamo a Pasqua , ricordiamo il detto biblico, secondo cui: Dio creò l’uomo e la donna. In questo senso il “passaggio” dall’Egitto verso la terra promessa, come sta a significare la parola Pasqua, non sembra ammettere altri passaggi nell’ambito sessuale. Tanto che la figura di Dio, il motore immobile aristotelico, è sempre stato presentato nelle rappresentazioni pittoriche in veste di uomo. Maschilismo allora la religione? Più che maschilismo un tributo alle condizioni contingenti, che come ai tempi di Gesù con i suoi dodici apostoli, privilegiavano l’elemento maschile. Ma teologicamente parlando, Dio è causa  incausale, quindi eterno e  al di fuori di ogni riferimento sessuale. Come dallo spazio e del tempo. Fermiamoci allora qui e auguriamo a tutti i lettori  una buona, serena e cristiana Pasqua.

La guerra dei sessi

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