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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

La guerra dei sessi

Il tempo cambia la società anche in fatto di sessualità e di sessi, intesi questi come identità di genere. Fino a ieri, si fa per dire, si riconoscevano due generi, maschio e femmina, mentre i cosiddetti altri, chiamiamoli così in modo generico, pur esistenti, non venivano presi in considerazione. Oggi di generi accettati ce ne sono, fra le varie combinazioni,addirittura settanta

Il tempo cambia la società anche in fatto di sessualità e di sessi, intesi questi come identità di genere. Fino a ieri, si fa per dire, si riconoscevano due generi, maschio e femmina, mentre i cosiddetti altri, chiamiamoli così in modo generico,  pur esistenti, non venivano presi in considerazione. Oggi di generi accettati ce ne sono, fra le varie combinazioni, addirittura settanta. Ma andiamo per ordine in un settore come questo in cui per la verità, è quasi impossibile procedere appunto per ordine. Per farlo, tralascio allora tutte le settanta sfumature di genere, che sarebbe noioso da affrontaree oriento la catalogazione su almeno quattro gruppi. Anzi cinque e secondo alcuni sei. Ce lo dicono le sigle che si raggruppano nell’unico acronimo LGBT, in fatto di generi ormai conosciuti, cui recentemente si uniscono altre due lettere la Q e la I che rispettivamente stanno per Queer, i cosiddetti eccentrici o indecisi e gli Intrasexual, altro gruppo la cui sessualità si soddisfa da sola senza il concorso di altri. L’identità di genere è quindi un fenomeno assai complesso che rimando ai trattati medici. Mi limito e mi basta, in questo articolo, limitare il discorso sull’evoluzione dei due sessi maggioritari (?) detti  con un termine oggi desueto, tradizionali. Insomma il maschio e la femmina.

Ho già detto che tutto si modifica e anche in questo campo di cambiamenti la società ne produce di continuo. In sintesi si potrebbe dire che sono cambiati i rapporti di forza  che vedono la femmina  sempre più dominante ed il maschio in difficoltà. Guardiamoci infatti attorno ad esaminare la società nei suoi vari settori. Iniziamo dalla scuola e dal corpo insegnate. La prevalenza delle donne è schiacciante. Si passa dal 98% nella scuola dell’infanzia e si giunge tranquillamente al 70-80% in quelle secondarie. I messaggi quindi da parte della scuola è che la informazione è di genere femminile. Detto questo, gli studenti come reagiscono? Le femmine (uso questo termine tradizionalmente scolastico) molto bene. Studiano, si impegnano e dimostrano più attitudine ai programmi nei confronti dei maschi. Apparentemente sul piano biologico la giustificazione c’è. Il cervello femminile matura prima e la vocazione di genere alla precisione, all’ordine e per allargarci un po’ e scomodare il mito, a soddisfare la componente apollinea tipicamente femminile, garantisce loro al meglio l’assiduità allo studio e la resa nei risultati. I maschi invece soffrono non solo per le ragioni già menzionate di tipo biologico, cui si aggiunge la minor durata e capacità di concentrazione, ma perché mancano di punti di riferimento.

Essere fin dall’infanzia gestiti dalla femminilizzazione dell’informazione che diventa poi formazione, fa loro mancare l’altro fattore, quello dell’identificazione con il modello maschile. Abituati  insomma a contrapporre l’azione alla narrazione e a  svolgere un ruolo più dionisiaco che apollineo, dunque a privilegiare lo spirito di avventura e di trasgressione, non ci stanno ad essere troppo ingabbiati in un progetto a senso unico che mette in primo piano ordine e precisione. Con l’aggravante per giunta  di essere imposto dall’altra faccia della realtà. Come essi intendono, con senso di invidia, quella femminile. I loro eroi infatti sono altri, non quelli che si assoggettano alle gonne, spesso svolazzanti secondo un’intenzione ben programmata e studiata, secondo le fasi ormonali.  Già hanno la mamma che raccomanda loro il quaderno ben ordinato. Averne una seconda in classe, per di più esigente e giudicante, diventa eccessivo. Vogliono misurarsi con gli eroi, magari senza eccessivi voli pindarici, come possono essere quelli dei fumetti o anche con il grande giocatore di calcio, ma in questo contesto, la loro esigenza non trova comprensione. Mancando la figura del maestro o del professore maschio cui identificarsi, preferiscono allora la ribellione. Poco studio e molta evasione. 

Piuttosto che accettare questo modello al femminile, diventa loro preferibile un lavoro che li affranchi dalla costrizione di dover dipendere dall’altro genere, un tempo subalterno. Diventare pizzaioloo praticare qualsiasi altro lavoro dipendente ma  economicamente autonomo può allora rispondere a questa esigenza di liberazione. Finalmente potrò liberarmi dal potere della matrizzazione sociale sembra  raccomandare loro, quello strano contenitore di idee, di progetti e di sogni che è l’ inconscio. Il disagio se sconfina nella patologia può anche diventare pericoloso e l’abbandono agli studi si traduce in motivo di frustrazione e aggressività. In tal modo la donna diventa nemica, tanto più se proseguendo negli studi, ha successo, al punto di andare poi ad occupare  indispensabili ruoli nella gestione delle varie attività produttive e di comando. Già oggi le studentesse universitarie sono in maggioranza, rispetto ai loro coetanei maschi e prossimamente diventeranno il 75% della totalità degli iscritti. Se dunque questo si verifica nella scuola anche in altri campi la proporzione è simile. Cosi nella sanità, ai miei tempi prerogativa quasi esclusiva del genere maschile e nell’amministrazione della giustizia. Ovunque donne in maggioranza  destinate a diventare un potere quasi esclusivo. Ma sarà un bene per la società lo squilibrio di genere, senza considerare tutti gli altri generi cui accennavo all’inizio? Il dubbio è legittimo come legittimo è pensare che una famiglia senza il padre o con la figura del padre relegata ad un ruolo marginale, possa svolgere un’azione educativa corretta nei  confronti dei figli. Può anche darsi che la mia visione della famiglia e della società risenta di antiche usanze o di vecchi pregiudizi, ma nulla toglie che in qualsiasi ambiente naturale è l’equilibrio delle forze che garantisce il sano e armonico sviluppo.

La stessa natura quindi tende a ridimensionare gli eccessi. In medio statvirtus è la frase che i classici raccomandavano per giungere a trovare le giuste proporzione, negli eventi. Quell’aurea mediocritas che  opponendosi agli eccessi,garantiva sia in senso fisico che morale la corretta interpretazione delle cose, onde impostare con sufficiente dose di maturazione la vita. Altri tempi questi, ma non è detto per questo, che siano giustificate altre ipotesi. Una futura società sbilanciata fra essere inferiori, il maschio, destinato a mestieri umili,  ed esseri superiori, le femmine, decise ad occupare posti di comando, potrebbe non rappresentare allora la soluzione migliore. Un mondo con troppi eroi, è vero, può essere pericoloso, ma lo stesso capita se  gli eroi vengono aboliti perché considerati inutili, superati e perfino dannosi. Lo stesso vale se questi diventano tutte eroine. In fondo anche le stesse donne che hanno combattuto e combattono la loro battaglia per la completa emancipazione di genere, quando si accorgeranno di aver sovvertito i ruoli, non è detto saranno soddisfatte. Anche l’ape regina ha i suoi problemi soprattutto nei confronti delle loro simili. E un uomo ridotto a fuco, impedisce loro il senso di conquista attraverso l’arte della seduzione da sempre arma vincente da parte di qualsiasi donna che si reputa tale. Comunque, come detto, le cose cambiano rapidamente soprattutto quando si parla di genere ,anzi di generi. E a questo proposito ci sono già  i primi sentori che la macchina tecnologica si stia già preparando per sostituire l’uomo e i suoi problemi, con il ricorso ad una costruzione artificiale, priva di tutti i limiti emozionale che ogni uomo ha. In un tale  quadro evolutivo c’è una Istituzione che sta ferma, seguendo l’antico motto dei certosini: stat Crux dum volvitur orbis. Vale dire che  il mondo giri pure come vuole, ma la croce nel senso di Chiesa sta ferma. Ma anche in questo caso una precisazione va fatta. Ferma sì, (la Chiesa) ma senza sottovalutare l’evoluzione di genere. Le donne attendono infatti il loro ingresso nell’ambito gerarchico e forse anche sacerdotale come già succede nella Chiesa anglicana. Ho detto attendono e non è escluso che la cosa si verifichi. La sensazione è che più tardi che presto, anche sotto la cupola di San Pietro, potrebbe cambiare qualcosa, nella guerra fra i generi. Chi vivrà, vedrà.

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