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Martedì, 12 Dicembre 2023
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Le elezioni americane

A boccia ferma (o quasi) diventa d’obbligo parlare delle elezioni americane.  Chi ha vinto e chi ha perso, ormai lo sanno tutti e le polemiche vanno a zero. Accettate le regole si accettano anche i risultati. Cosa voglio dire. Che causa il virus, circa 100 milioni di elettori hanno segnato il nome del loro prescelto su una scheda che poi è stata inviata per posta. Troppe queste schede? Sì troppe, ma così’ si e fatto e per il perdente, ovvero il Presidente Trump, il rifiuto di accettare il risultato numerico delle schede votate, accusando sia gli esaminatori che il servizio postale di aver commesso sbagli o addirittura atti di corruzione, diventa una critica che all’opinione pubblica rischia di essere pretestuosa. Intendiamoci, ho parlato di rischio in quanto anche l’opinione pubblica risente di molti condizionamenti. Vedi i sondaggi che davano per vincente Biden e non per pochi voti, ma grazie ad una valanga blu, il colore dei democratici, che invece si è trasformata in una piccola, quasi impercettibile slavina di neve, in grado di accaparrarsi quel pugno di voti decisivi per la vittoria. Parliamo allora del vincitore Biden, oggi osannato dai media mainstream quasi tutti definiti democratici, dunque di sinistra, ritenendolo, le lodi si sprecano, il coraggioso pacificatore delle distanze sociali. Oppure, meno enfaticamente, il salvatore della way of wife americana e l’antidoto al populismo, da considerarsi quest’ultimo gretto, impresentabile ed in odore di fascismo. Chi è allora Biden?  Per il passato, il vice Presidente di Obama e un senatore di vecchia data. Cattolico anche se favorevole all’aborto, rappresenta il contrario di Trump, anche fisicamente oltre che per il modo di presentarsi in pubblico. Il fisico dicevamo. Ancora elastico nei movimenti nonostante l’età (gli anni sono 78) vanta sempre un sorriso che snocciola ad ogni piè sospinto durante i suoi comizi e con questo vuole accreditarsi, grazie alla sua figura composta anche se grigia, come il classico esempio di un uomo tranquillo che non ha grilli per la testa. Quindi senza l’ambizione del voler essere l’uomo solo al comando. Tutt’altro. L’impressione è che più che a se stesso, preferisca dare importanza al suo entourage, cercando consensi, prima attraverso collaboratori fidati e poi verso il grande pubblico che non vuol deludere, ma nemmeno provocarlo, con proposte politiche che non devono mai essere troppo azzardate in fatto di riforme.  Insomma non un leader dal grande carisma, non un capo popolo, ma un Presidente quasi fatto in casa. Che funziona bene nel ruolo di padre (ed attualmente di nonno) della famiglia tipo americana, per il suo modo gentile e rassicurante, di proporsi alla gente. Con un limite però. Quello che non gli si chieda nulla che esca dalla normalità, col rischio di farlo pendere dalla parte del troppo che non è per lui. Esattamente il suo opposto, l’attuale perdente Trump a cominciare dal fisico. Prestante e un po’ appesantito, ama l’eccesso a cominciare dai capelli. Di un biondo slavato e tinto quasi nel bianco, svolazzano sulla fronte con un ciuffo che sa quasi di artefatto per il modo di coprire e nello stesso tempo di scoprire la fronte. L’impressione è che quella capigliatura, cosi inverosimile per colore e vaporosa esuberanza, debba poi sciogliersi e poi cadere per terra al primo soffio di vento.  Sguardo fisso, pungente   e viso regolare in perenne sfumatura abbronzata causa la frequentazione agli spazi aperti, manifesta insomma un look quel tanto che basta per dargli il tono di un baciato dalla sorte, anche economicamente. La mascella quadrata, ma armonica con le altre parti del viso, forse espressione di tenacia, presenta come caratteristica la gesticolazione esagerata cui si affida per accentuare le parti del discorso, attraverso le mani protese in avanti e in movimento quasi continuo. Contrariamente al suo rivale, in lui il sorriso si stampa solo occasionalmente in un viso sempre un po’ tirato e serio, comparendo solo quando più che gratificare gli ascoltatori, vuol gratificare se stesso. Giacca sempre aperta sul davanti, lascia, in quello spazio bianco occupato dalla camicia, penzolare al di fuori del profilo, come fosse una piccola bandiera, una cravatta di un colore unico normalmente azzurro o rosso.  A dimostrazione di un modo di fare e di essere, improntato ad una sicurezza al limite dello spavaldo. Che sia un leader non ci piove, ma che ai più appaia antipatico per la scarsa propensione alla diplomazia è anche questo un altro dato di fatto che ha molti convinti sostenitori anche fra i suoi followers.  Piaccia o no, ha il carisma del lottatore che non si rassegna al destino avverso, come è successo per la votazione che lo vede per ora perdente. Infatti si dichiara vincitore. Eserciti di avvocati da lui riuniti alla Casa Bianca prepareranno ricorsi. Con quale esito? A mio avviso scarso, a meno che si trovino le vere prove di una manipolazione dei risultati. La più grande democrazia del mondo che cada a livello sud americano in fatto di brogli, mi sembra infatti un evento altamente inverosimile. Probabilmente verrà riammesso qualche riconteggio, ma il solo pensiero che vi sia un vincitore perdente attraverso le manipolazioni di voti, non solo, come detto, è poco probabile, ma per nulla consolante. In quanto dovremmo ammettere la presenza di una lobby occulta di malaffare, che decide il destino di un governo e quindi di una nazione. Oppure se vogliamo essere ancora più maligni (o realisti), bisognerebbe ammettere che esista una lobby economica  legata a gruppi di potere  che abbia condizionato l’opinione pubblica verso un rifiuto di una candidatura considerata pericolosa. Presentandola come un ennesimo puzzone della storia, onde bocciarlo elettoralmente a favore di un personaggio, un po’ grigio ed anche un po’ bollito, ma condizionabile, che si chiama Biden.  Staremo a vedere. Intanto quel che ancora si fa fatica ad ammettere nei mass media, nell’esaltazione del nuovo eletto, è che il popolo americano al di là delle previsioni, non ha abbandonato Trump, anzi lo ha sostenuto contro pareri e sondaggi. Il perché va detto.  L’americano tipo e medio è un pratico, va al sodo e non si cura troppo delle apparenze. Il suo obiettivo è il lavoro e attraverso questo raggiungere l’obiettivo del benessere economico.  Ammettiamolo allora che questo risultato, in parte Trump lo ha realizzato. L’occupazione è scesa al di sotto del 5% e negli ultimi quattro mesi, nonostante il covid, la ricchezza del paese è cresciuta del 33%. Inoltre in politica estera al di là delle sbruffonerie, i risultati sono sotto gli occhi di chi vuol vedere. Queste.  Primo, l’opporsi ad un regime non democratico, quello cinese, che vuole invadere il mondo attraverso il ricorso alle più sofisticate ricerche nell’ambito dell’informatica con conseguente  possibilità di controllo di ogni operazione economica. Secondo, non va dimenticato l’accordo di un trattato di pace fra Israele, Emirati arabi e Bahrein ed il tentativo, per ora non fruttuoso, di limitare  le pretese nucleari di Kim Jong-un presidente satrapo della Corea del nord.   Per questo se non vi saranno sorprese dal punto di vista legale, cui non credo, atte a ribaltare un risultato dato ormai scontato anche da parte delle segreterie e dei Presidenti di molti paesi, possiamo dedurre che se Trump ha perso, non ha perso il trumpismo. Il taglio delle tasse ed il disboscamento di tutte quelle regole burocratiche che ammorbano la vita in tanti paesi, soprattutto nel nostro e che viceversa negli Usa ha consentito di aumentare sia i posti di lavoro che il reddito, sono da considerare le carte vincenti  dell’amministrazione Trump che difficilmente andranno perdute nonostante il cambiamento di un nuovo Presidente . Ma c’è di più.   E mi riferisco al nuovo modo di concepire la politica americana che ora si guarda in casa, in base al detto America first, senza più la determinazione o la pretesa di voler garantire protezioni o  tutele imperialistiche nei confronti di altri paesi, come  la stessa Europa.  Ora messa nella condizione di provvedere da sola senza la balia Usa.  In pratica con bilanci economici e decisioni autonome senza più il sostegno finanziario e militare dell’America.  Una Europa dunque che pur non disconoscendo la vecchia alleanza d’oltre oceano, è messa  ora nella condizione  di affrontare e risolvere sia i problemi interni di ogni singolo paese, sia quelli legati alle attese internazionali, al fine di reggere la concorrenza nei confronti di altre potenze, soprattutto quella cinese. Ed il cui primo compito (parlo delle condizioni),  sarebbe quello di eliminare tutte quelle pastoie di tipo  burocratico che soprattutto in Italia  affossano una economia e lo stesso concetto di democrazia. 

Le elezioni americane

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