Mi guardo, penso dunque non sono
Ecco il punto. Non si è più sicuri di niente. Nemmeno di guardarci allo specchio e pensare che… Sì insomma ci si guarda e si vede oltre al viso, anche certi caratteri anatomici che ci rimandano ad una precisa identità. Pensavo così fino a ieri di essere dunque me stesso, in base a certe caratteristiche che la natura mi ha dato. Da questo ho ereditato una identità che mi avvicina a chi ha le mie stesse determinate sporgenze e di conseguenza una mentalità razionale e meno emozionale, forse anche più semplice e meno sviluppata rispetto a chi invece, nell’altra parte del genere, ha altre protuberanze più sviluppate e sistemate in altro modo. Davanti, ma più in alto e dietro, ma più in basso. Misteri questi che la natura ci ha dato attraverso una incomprensibile mescolamento di geni e di cromosomi che appunto fino a ieri definivano l’identità nella diversità dei generi. La natura dicevo. Un provvidenziale mezzo di selezione fra la moltitudine di individui calpestanti questo pianeta, che nel suo algoritmo divideva le due parti in modo quasi netto, al fine di stabilire una uguaglianza quantomeno numerica in fatto di amorevoli incontri e a volte anche di incomprensibili scontri fra i due generi. Uguaglianza dunque di genere dal punto di vista numerico anche se bisogna ammettere, non in fatto di considerazione sociale, almeno fino a qualche decennio fa. Con l’uno in posizione dominante e l’altro(a) in situazione subordinata. Almeno fintantoché le cose sono cambiate anche per merito, all’inizio del secolo XIX, del movimento delle suffragette e più recentemente dell’altro movimento, quello delle femministe che nella loro ossessione di dimostrare di essere non solo uguali, ma superiori a quelli dell’altro sesso, hanno compiuto battaglie sociali inneggianti appunto alla superiorità delle loro protuberanze e fessure di Venere, rispetto ai caratteri morfologici assai diversi degli individui maschi. Ebbene a scapito di quelle stesse femministe che tanto si erano adoperate per sostenere diversità e superiorità del loro genere, oggi tutto cambia. La natura non si vuole più considerare parte in causa nel definire la natura degli abitanti del globo, e viene considerata ormai cosa sorpassata, come superate sono quelle differenze che citavo all’inizio e che mi convincevano di far parte di quella metà, fra i due generi, con l’orgoglio di esserlo. Pazienza. Il nuovo modello di vita sembra oggi confinato ai poteri e voleri dell’uomo, inteso non come genere, ma come umanità, tanto da giustificare il desiderio di ognuno di voler essere diverso da come la natura, diventata matrigna, lo ha fatto. Il desiderio supera la realtà e diventa esso stesso fatto reale anche grazie alla scienza che rimescola l’anatomia a piacimento. E chi si ostina a vedersi allo specchio e a non capire come la vecchia anatomia abbia ormai le ore contate, non ha altre possibilità. O si adatta all’ indeterminato genere che avanza, oppure rimane così com’è, sapendo di essere ormai superato dal solito e angosciante politicamente corretto che in questo caso acquista il carattere dell’anatomicamente e sessualmente corretto. Poiché sto divagando, entro allora nel merito. La teoria gender che riguarda oggi una minoranza, sta per ergersi a maggioranza. Nel senso che l’orientamento è quello di eliminare ogni discriminazione fra i sessi, in attesa di una prossima evoluzione darwiniana che rimescoli dna, cromosomi, protuberanze e soprattutto l’identità di chi possiede parti anatomiche che non gli piacciono. O che lo potranno soddisfare per un po’ ma non per tutta una vita. In altri termini la natura crea ma l’uomo ricrea. Per chi ancora non si convince, ci ha pensato la Gran Bretagna a saltare il fossato che la natura aveva posto fra un genere e l’altro. Basta dunque con le divisioni sessuali imposte senza il volere dei diretti interessati. Se la natura è recalcitrante, ci penserà la politica, in questo caso la burocrazia con il concorso della scienza, a eliminare questa discriminazione naturale, cui tutti fino a ieri ci assoggettavamo con naturalezza, convinti di stare bene nel proprio stato, secondo il volere della natura, anche se indipendente dalla volontà di chi si scopre portatore di un sesso. Proprio in base a questa condizione, ognuno sviluppava la sua personalità col desiderio di completarla cercando nel proseguo della vita il suo completamento andando a pescare nell’altro campo, dove diverse protuberanze, manifestavano caratteristiche e caratteri fisici, più morbidi, rotondi e più invitanti dei suoi. Dunque si diceva, la Gran Bretagna, prima della serie, ha pensato bene di anticipare il corso degli eventi, assecondando i seguaci di questa nuova evoluzione del genere umano, che all’anatomia degli organi, sostituirà una nuova interpretazione di questo carattere anatomico secondo il quale, quello che si vede non è più la condizione di ciò che si è, vale a dire l’identità di genere, ma solo una mutevole occasione da modificare a piacere in base a tanti altri fattori che col dato anatomico non hanno niente di certo e di immutabile. Perché questi si confronteranno col desiderio di voler diventare diversi, magari anche più volte nella vita, semplicemente in base al proprio uzzolo, oppure causa le esperienze personali dettate spesso dalla moda di influenze culturali in grado oggi di sostituire le antiche e semplicistiche scelte binarie in fatto di genere sessuale. Questa rivoluzione burocratica avrà come conseguenza il voler dire basta all’attuale moda di barrare sui documenti il genere sessuale, antica usanza di catalogazione del genere umano, e nello stesso tempo potrà dar corso ad un nuovo modello di vita libera, dove il genere si può modificare come la tinta dei capelli, l’abbigliamento, la moda, e la stessa modalità di rapportarsi con le persone, privilegiando di volta in volta il questo o quella. Cosicché il cosiddetto “per me pari sono “ della cabaletta del Duca di Mantova nel Rigoletto di Verdi, si aggiorna senza più quella differenzia di genere, tipica dell’aristocratico libertino sciupafemmine . Ma tutto ciò fa ormai parte del passatismo ottocentesco. Oggi invece, tutto si modifica in fatto di costumi, tanto che questo cambiamento potrà avere persino un risvolto pratico ed essere ad es. utile nelle toelette dei luoghi pubblici, dove la separazione dei generi in base alle scritte e alle figurine riportate sulle porte d’entrata, già ora creano qualche disguido per i transgender che non sanno da che parte indirizzarsi per i loro sfoghi diuretici. Dunque apprestiamoci a questi cambiamenti e chi ancora si ostina a guardarsi allo specchio, non pensi a quello che è, ma solo a quello che era. E mandi in pensione lo stesso Cartesio, un filosofo ormai superato, come obsolete saranno prossimamente la coniugazione delle parole al maschile o al femminile, dovendo trionfare il genere neutro, con buona pace della Presidenta Boldrini che nella sua campagna a promuovere un linguaggio al femminile ha sviluppato tutta la sua idiosincrasia verso l’altro genere che ora rischia di non essere più. Non avendo altro da aggiungere, chiudo allora con la raccomandazione per chi ancora tituba: chi non cambia, il transgender lo colga.