O me o l’Apocalisse
Il titolo non rimanda ad un problema religioso. In particolare all’isola di Patmos dove San Giovanni scrisse appunto l’Apocalisse. No, qui si tratta solo del passaggio dalla religione alla politica. O meglio dell’accaparramento del sacro da parte di un politico che vede il destino dell’umanità prossimo alla fine, se manca la fede
Il titolo non rimanda ad un problema religioso. In particolare all’isola di Patmos dove San Giovanni scrisse appunto l’Apocalisse. No, qui si tratta solo del passaggio dalla religione alla politica. O meglio dell’accaparramento del sacro da parte di un politico che vede il destino dell’umanità prossimo alla fine, se manca la fede. Che non riguarda un Dio, nel caso specifico quello cristiano, ma un uomo , meglio una donna, che si sente prossima al padre eterno, in ossequio alla mentalità corrente che il Dio è morto o comunque moribondo, per cui bisogna attrezzarsi nel trovare il suo sostituto. L’occasione per proporsi in questo impegnativo ruolo è l’elezione alla Presidenza degli Stati Uniti d’America che avverrà il prossimo otto Novembre. Avrete capito che sto parlando di uno dei due concorrenti che in questi giorni si stanno scannando per vincere. Trattasi di Hillary Clinton che forse senza pensare troppo in alto e tanto meno scomodare temi di natura escatologica che riguardano i destini ultimi dell’umanità, si è comunque lasciata andare ad una frase che la dice lunga sulla sua determinazione nel voler vincere e dunque sulla sua elevata, gigantesca, autostima. Quindi tralasciando i toni elevati prima menzionati, la frase del titolo da lei pronunciata, può essere prosaicamente tradotta in un più alla mano: se votate me tutto andrà bene, altrimenti il disastro. Sembrerebbe questo modo di dire una esagerazione. Una farneticante sopravvalutazione delle proprie capacità, tipico delle persone non aderenti alla realtà. E quindi pericolose a sé e agli altri. Ma in realtà si tratta di una esagerazione voluta. Una iperbole ad effetto, da prendere per quello che è. Per ciò che può suscitare presso l’opinione pubblica, attirata come le mosche sul miele, più da frasi cruente, critiche nei confronti dell’avversario, ma condite con una giusta dose di cattiveria, che non dai toni pacati, blandi e misurati. Insomma, per vincere, ci vogliono fatti non completamente inventati, ma verosimili che diano modo di attizzare interpretazioni malevoli. Insomma in politica nel paese yankee, considerato, a toto o a ragione, come la più grande democrazia del mondo, non si guarda a spese, in fatto di soldi e di maldicenze per demolire l’avversario. Colpi da tutte le parti vengono prima studiati a tavolino dai rispettivi consiglieri e poi le gragnuole partono nel tentativo di fare il più male possibile all’avversario. Non importa che i fatti siano veri, l’importante che li sembrino.
Dunque si parlava di Hillary Clinton. Avvocato e moglie di quel ex Presidente degli Stati Uniti che non è certo passato alla storia per le alti doti di lungimiranza politica, ma per fatti di più basso livello, svoltisi con una stagista e psicologa che di cognome fa Lewinsky e di nome Monica. La quale nella diventata, ormai famosa Sala Ovale, della Casa Bianca, dai consigli orali, lei poco amante degli scritti, era passata ad un altro genere di oralità pratica con la piena, sembra, soddisfazione del partner Presidente. Succede. Quel che però non doveva succedere è stato il falso giuramento di fronte al Congresso da parte di quest’ultimo che negava i fatti accaduti. Evento gravissimo questo per gli americani, affetti da un condizionamento mentale influenzato da un puritanesimo vecchio stile che non ammette la menzogna. Comunque non si sa come, ma Clinton si salvò. Merito anche della moglie Hillary che finse di non dare importanza alla cosa e quindi non alimentò pettegolezzi. Tutto secondo il suo progetto, per il quale caduto il marito ,si solleverà la moglie. In effetti le cose andarono così. Perse le elezioni con Obama, ne diventò segretario di Stato con il sostegno del marito affetto più che mai da senso di colpa e conseguentemente da uno stato mentale e fisico di completa sottomissione. Fatte queste premesse, ecco allora il ritratto della gentile signora in questione. Smaliziata quanto basta, preparata quanto basta, d’aspetto gradevole quanto basta e pure di età bastevole quanto basta per non inserirsi nelle quote delle fuori corso, per quanto sforzi faccia non riesce ad essere simpatica. Qualcosa di costruito per non dire di falso emerge sempre dietro le parole o i gesti, anche quelli che suscitano i più entusiastici (?) applausi. Ride, è vero, quando ride, a trentadue denti, ma anche in questi casi non sembra mai spontanea. Qualcosa di impercettibilmente forzato appare sul suo volto, sempre a metà strada fra il disteso e il teso. Saranno le risate sempre uguali, i toni usati nei comizi che sanno di copione ormai logoro, le battute ilari (senza h) che cadono nel risaputo, gli sforzi per risultare credibile che appunto tradiscono lo sforzo. Insomma trattasi di una donna di apparato, adusa agli affari di Stato, ma sempre troppo perfetta per risultare gradevolmente avvincente.
E poiché la perfezione non esiste anche per questo genere di persone, ecco che sul suo conto al di là delle impressioni, si sono scoperti fatti indiscutibili e per questo discutibili cui deve difendersi. Quale lo scandalo dell’email privata, usata illegalmente quando era segretario di Stato. Se questa è Hillary sull’altro versante c’è un personaggio completamente diverso. Il suo nome come tutti sanno, è Trump cui bisogna aggiungere Donald. E’ un magnate o presunto tale, vale a dire un facoltoso investitore immobiliare di New York (patrimonio 2016, valutabile in 3,7 miliardi di dollari) che sembra fuori da ogni regola. Dice infatti quello che pensa e soprattutto quello che vogliono sentirsi dire i suoi fanatici sostenitori. Persone di ogni tipo queste, non solo di estrazione repubblicana che interpretano il disagio del momento, caratterizzato da emigrazioni bibliche con relativi episodi di terrorismo, più con la pancia che non il cervello. Insomma l’uomo per quanto danaroso ,sembra più vicino alla gente semplice, quella che ha paura di tutto e che è disposta ad ingigantire queste paure, che non agli intellettuali, ai politici di professione, alle classi più abbienti, cui tradizionalmente si ricollegano i sostenitori del partito repubblicano. Al posto di teorie e di soluzioni meditate e ragionate per trovare soluzioni ai problemi di popoli che per qualsiasi ragione, sono diventati i testimoni dell’evoluzione dei tempi che hanno rimpicciolito il pianeta, popoli quindi disposti ad affrontare con ogni mezzo e rischio tutte le occasione per sfuggire dai propri stati , il nostro candidato presidenziale propone muri, barriere fisiche con aggregati di filo spinato, per giunta controllate da guardie armate pronte a tutto pur di arrestare l’onda migratoria. Se questo riguarda la politica interna, quella estera segue le stesse impostazioni da film western. Lotta ai musulmani e ai comunisti, se ancora ce ne sono, e alleanza con la nuova Russia di Putin che abbandonata l’antica falce e martello, si erge a difesa del cristianesimo e di ogni interpretazione distorta della sessualità. Per intenderci gay et similia. Ma qui cade l’asino. Distorsione per distorsione, gli avversari politici, che non sono solo i democratici, ma buona parte degli stessi repubblicani, i quali non ci stanno ad essere rappresentati, loro cosi perbene, da un parvenu danaroso sì, ma sfrontato e poco colto, tali avversari quindi scandagliando nella sua vita privata( parlo sempre di mister Donald) trovano una vecchia intervista di oltre dieci anni addietro. In essa il macho Trump si dichiara conquistatore di femmine senza nemmeno doverle interpellare. Basta, dice, avere denaro e volontà di potenza( Nietzsche non c’entra) in senso sessuale e tutte cedono. Anzi tutte cadono come pere mature. L’intervista suscita reazioni violente. Tutte le donne si sentono offese e soprattutto è offesa la morale di un paese ipocrita dove quel che si fa in silenzio è tollerato, ma non quel che si dice. Gli esempi di vecchi presidenti che non erano dei santi e ciononostante sono stati santificati non si contano. J. F. Kennedy vale per tutti.
Contro il bruto che dice, ma poi non fa, emerge in questo frangente Hillary. Lei cosi inappuntabile anche di fronte alle corna. Lei cosi signora nel perdono, onde giocare al rialzo. Contraccambiando la situazione famigliare con l’altra, quella di tutta la nazione. Le critiche si diffondono e la gente che conta sembra abboccare. Persino gli attori di Hollywood che in fatto di eccessi sessuali, in base alle cronache riportate su tutte le gazzette ed i vari periodici patinati, non sono secondi a nessuno, pure loro non vogliono stare zitti senza manifestare in pubblico la loro offesa ipocrita. Un crucifige generale si abbatte sul magnate che sembra appannare il suo stile tutto accetta e scure contro la parte avversa, tutta invece, competenza, grazia e morigeratezza. La battaglia oggi sembra persa. L’unica possibilità rimasta è legata più che all’accetta alla scure, ma solo se questa può sfilarsi dal fodero in cui momentaneamente è stata collocata, per ricominciare la sua azione di demolizione. Ma demolire cosa? E qui sta il bello o meglio il brutto. Risposta obbligata: tutto e tutti, ipocriti, spauriti, benpensanti, scribi, intellettuali, innovatori con il freno tirato e incalliti conservatori. Insomma tutti quelli che si riconoscono nel partito democratico ma ora anche in quello repubblicano. Un uomo solo, battitore libero, è difficile per non dire impossibile che possa riuscire nell’impresa titanico- gladiatoria. Ma la storia non è sempre prevedibile. A volte la pancia prevale sul cervello. Quando capita, quasi sempre si cade in errore, spesso grave, che è sempre meglio non correre. Per quanto alcune volte la storia chiede di pagare un prezzo per cambiare pagina. Tutto sta sapere quanto pesante è questo tributo e ci si augura che non si tratti di lacrime e sangue. Ma qui entriamo in un futuro, terra di nessuno, dove nessuno sa. Oppure ed è la stessa cosa, chi sa non dice e chi dice non sa.