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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

O mio caro e buon Gesù non ti voglio offender più

Chi ricorda ancora questa preghiera che da bambini recitavamo? Nessuno o qualcuno? Mah. Forse solo gli anziani. Sembra che da allora al posto dei lustri  o dei decenni, sia passata un’era geologica o se volete  un tempo, segnato nella sua lontananza, dalla velocità della luce. E che dire delle campane? Un tempo scandivano le ore della giornata in relazione al lavoro e ai suoi risvolti con la religione. Dalle 6 del mattino alle 24, l’inizio o la fine della giornata era cadenzato sui tre Angelus domini e sulle due Ave Maria. Queste ultime al tramonto del sole e al momento del riposo. Ma oggi il suono delle campane danno fastidio. L’uomo non sente la necessità di svegliarsi a quel suono bronzeo battente e diffondente nell’aria attraverso un eco risuonante a distanza, che dal campanile si diffondeva in un ampio raggio a comprendere una intera comunità di persone. A quel tempo infatti si viveva all’ombra del campanile, ma ora il campanile fa ombra. La vita è cambiata e l’uomo ha altre  esigenze  che esulano dal  rapporto con la religione. E la Chiesa cosa dice e cosa fa? Nulla o quasi. Si è adattata al corso dei tempi e oltre a rispettare il volere dei non fedeli, diventati maggioranza, cui interessa poco e le campane ed i loro campanili, sembra che anche per se stessa abbia qualche dubbio. Riguardo a come e dove orientare i suoi messaggi in riferimento alla vita celeste. Dalla Chiesa  come Istituzione per passare alle chiese infatti, si fa fatica a capire quello che un tempo rappresentava l’intimo rapporto fra l’uomo e l’infinito. Da intendersi quest’ultimo con il significato del Dio cristiano. Se infatti la Chiesa dà segnali di cedimento sul piano teologico attraverso una teorizzazione dell’essere, considerato in funzione delle problematiche sociali con i suoi risvolti riguardo ai diritti, le seconde vale a dire le chiese subiscono continui ridimensionamenti. Nel senso che molte chiudono, altre per quanto aperte al culto riducono le ore delle loro funzioni. Infine altre ancora appaiono deserte per continua riduzione dei fedeli. E non parliamo dei nuovi templi che appaiono in luoghi periferici delle città, dove si sono costituite comunità molto popolate. Templi costruiti secondo lo stile laico per non dire ateo, da parte degli addetti ai lavori, tipo gli architetti, che masticano poco di cultura dottrinale. Costruzioni quindi che assomigliano a magazzeni o che rimandano a fondachi in cui se mancano le merci per i quali erano stati costruiti, quel che è grave riguarda un’altra mancanza che riguarda i contrassegni del luogo sacro. Ridotti ad un stilizzato ed umile altare e a qualche immagine sacra scelta fra le più dozzinali per non dire banali, appese alle pareti per degnazione più che per vocazione. Poi ci sono le sedie e le panche, non dissimili da quelle di una sala sindacale dove l’arredo conta poco o punto rispetto alle questioni che vengono dibattute. Stando così le cose la religione nel vecchio continente è alle corde. Lo dimostrano le statistiche e le chiese semivuote. Per averne conferma si è messa a dimostrarlo la London School of Economics, come si evidenzia da un articolo pubblicato sul quotidiano britannico Telegraph. Cosa dice? Che a sentire la maggioranza degli inglesi, vanno cambiate di nome le festività. Quindi non più Natale, Pasqua e Quaresima, perché troppo in linea con la tradizione cristiana. Meglio sostituirle con indicazioni generiche, quali vacanza invernali e primaverili. Includendo anche una terza vacanza nel mezzo dell’inverno, quando questo declina verso il tempo meno rigido. Che questa proposta nasca senza una adeguata incubazione, è da prendere in seria considerazione. Infatti le premesse ci sono eccome. E tutto nasce dalla nuova Chiesa che in sintonia coi tempi che corrono, meglio chiamarla con l’aggettivo oggi di moda: Woke. Cosa significa? Che il nuovo risveglio (da cui il termine woke) della Chiesa ha sposato, come fosse una sorta di  nuovo culto, la moderna forma di fede costituita dal pensiero unico e da una intolleranza, a volte anche violenta, verso chiunque non lo rispetti. Insomma trattasi di un movimento neo gnostico interessato a propagandare i diritti civili e sociali senza nemmeno tenere conto e cura delle rispettive differenze.  Nello stesso tempo, bisogna rifiutare ogni tradizione legata ad un passato ormai superato e quindi considerata poco degna di essere presa in considerazione. Per questo smantellamento dei valori cristiani gioca un ruolo importante la questione gender, con tutti i risvolti legati alla determinazione da parte di chiunque di inventarsi il proprio genere.  Tutto questo, secondo la folle moda dei desideri individuali considerati valori moderni da sostenere. Come allo stesso modo deve essere sostenuta e considerata la famiglia. Quella nuova intendo, non quella tradizionale con un uomo ed una donna e men che meno quella cristianamente considerata sacra, ormai persa nella notte di tempi, ma solo la famiglia attuale. Dove non si sa chi sia il padre e la madre. Vuoi perché gli stessi termini di padre e madre son caduti in disuso ed è perfino vietato citarli, vuoi perché non sono più unici. Potendo moltiplicarsi entrambi fino ad un numero complessivo di cinque. Che quello riportato sia l’unico esempio? No, ne cito un secondo per farci capire dove quella frase che ho citato come titolo del pezzo, è ormai diventato un vago, molto vago ricordo della memoria. Eccoci allora al secondo caso. Lo riporta una rivista della sinistra intellettuale che si chiama Micromega. Quale la sua tesi? Che bisogna vietare il battesimo ai bambini. Perché? In quanto ce lo dice la Convenzione sul diritto dei bambini, secondo il quale gli stessi infanti hanno il diritto di decidere e poi scegliere cosa fare in merito al problema battesimo.  Una questione questa molto sentita fra i cosiddetti progressisti, che mai perdono occasione di dibattere in merito agli aspetti dei diritti civili, sociali, individuali e collettivi. E che diventa capziosa e speciosa perché non si sa dove porta. Infatti non si capisce perchè il battesimo debba essere vietato per il mancato assenso del bambino e non ad esempio il nome che gli viene dato. E poi continuando. Perché sia legittimo per le medesime ragioni, insegnargli una lingua, dargli una nazionalità, un costume e poi una cultura. Ed infine perché farli nascere se non si sa poi come la prenderanno questa nascita. Intelligenti pauca così recita una locuzione latina. Infatti poiché poche cose bastano alle persone che si considerano intelligenti, rendendosi conto, sempre quelli di Micromega, della vacuità della   proposta di abolire il battesimo, sono ricorsi ai ripari. Preferendo avanzarne una seconda, tutta in linea con desiderio del bambino, quando sarà diventato grande. Quella dello sbattezzo e così allontanarlo dalla Chiesa coercitiva con tutti suoi insegnamenti didattici e dottrine. La soluzione diventa facile, attraverso il sostegno dello stato. Basta compilare un modulo e poi dire addio ad una appartenenza che non si è scelta. Siamo ormai alla fine e questa mi rimanda a quel titolo dell’articolo, che nella sua tradizione antica e antimoderna sembra quasi rappresentare un monito. Pongo allora la seguente domanda.  Questa. Se sia possibile dimostrare, pur nella sua espressione molto popolare quasi infantile, la validità di quei valori cui fa riferimento e che come già detto sono ormai caduti nel dimenticatoio? In fondo anche l’uomo più colto ed importante nella considerazione pubblica non è mai solo, perché si porta sempre dentro il bambino che è in lui e che non gli è possibile dimenticare. Affidarsi allora a quel bambino è così irrealistico e condannabile in base ai tempi moderni? Sinite pargulos venire ad me è un’altra locuzione che mi viene in mente. Venne pronunciata da Gesù ai discepoli perchè quasi infastiditi dai bambini che si affollavano troppo attorno alla figura del maestro, si apprestavano ad allontanarli. Che anche questa sia un’espressione da dimenticare? Che ognuno decida come interpretare i fatti. Potrebbe anche accadere che senza affrontare il tema molto spinoso della verità, si accontenti di quella posizione che offre la pace dello spirito al fine di alleviare le difficoltà della vita. Ben espressa dal titolo con quel” mio caro buon Gesù” che con quel che segue sa di prima elementare. Troppo banale? Troppo puerile? Troppo disarmante nella sua quasi obbligata rima? Può essere, ma a volte la verità delle cose complesse si nasconde in quelle semplici, appunto per questo per nulla considerate. In questo modo come diceva il principe di Salina, è possibile ripetere per quanto riguarda i tempi moderni, che quando tutto cambia, poi nulla  cambia davvero.             

O mio caro e buon Gesù non ti voglio offender più

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