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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Plauso alla statua sessista della spigolatrice di Sapri

Finalmente un’opera che va contro il politicamente corretto in fatto di identità di genere

Finalmente un’opera che va contro il politicamente corretto in fatto di identità di genere. Dove, per timore di offendere il terzo o il quarto sesso, si tende a modificare perfino il lessico per definire uomo uomo e donna donna. La riprova l’abbiamo da una prestigiosa rivista scientifica a livello mondiale chiamata The Lancet. Una rivista quindi che pubblica lavori scientifici di grande spessore e che rappresenta per questo un mezzo di sicuro prestigio per dare patenti di   autorevolezza alle sue pubblicazioni. Fino a qualche tempo fa le cose stavano così. Ma poichè la moda della contestazione, in fatto di nomi e simboli, ha preso potere oltre che sui social anche presso le riviste scientifiche, ecco che anche The Lancet non ha saputo sottarsi al luogo comune. Per cui dopo oltre 200 anni di prestigiosa storia pubblicistica, per recensire una mostra sul tema delle mestruazioni, non ha usato il termini donna, oggi vietato come simbolo di differenza sessuale, sostituendolo con il generico termine asessuato. Definendo quindi modernamente quello che fino a ieri si chiamava donna, come la portatrice di un corpo che contiene la vagina. Ecco la frase completa comparsa in prima pagina: “storicamente, l’anatomia e la fisiologia dei corpi con la vagina sono stati trascurati”. Trascuratezze di poca importanza si potrebbe dire, visto l’andazzo dei tempi. Quando padre e madre sono sostituiti da genitori 1 e 2. E quando anche sul banale piano elettricistico, le prese o gli spinotti non si possono più definire maschio e femmina. Con queste premesse ritorniamo alla statua che ricorda appunto la spigolatrice di Sapri. Chi era costei? Ce lo ricordano gli insegnamenti scolastici che a proposito di poesie patriottiche del periodo risorgimentale, allora di gran moda, ci venivano fatte studiare a memoria. In particolare La spigolatrice di Sapri di un autore allora molto in voga, Luigi Mercantini. Di questa poesia ricordo il primo verso messo in bocca alla spigolatrice: “me ne andavo una mattina a spigolare, quando ho visto una barca in mezzo al mare”. Ma soprattutto mi si è fissato nella mente il ritornello ripetuto più volte:” eran trecento, erano giovani e forti e sono morti” Dunque chi era la spigolatrice? Una giovane donna dei campi che raccoglieva appunto le spighe dopo il taglio del frumento. Quand’ecco che spunta sul mare una piccola nave da cui scendono un buon numero di uomini (trecento?) capitanati dal patriota Carlo Pisacane. Siamo nel 1857 e dunque prima dell’avvento dei mille. Garibaldi è ancora in attesa dello sbarco, ma non Pisacane che vuole iniziare una sua impresa di rivoluzione antimonarchica e antiborbonica nel regno delle due Sicilie. Le cose come sappiamo andarono male e lo stesso Pisacane verrà ucciso. Rimane però la spigolatrice che innamoratasi dell’eroe dello sbarco, abbandona le spighe e lo segue partecipando alla lotta. Fino a che i rivoltosi vengono sopraffatti dai contadini e dalle guardie borboniche. A questo punto, la spigolatrice chiude la poesia con questa frase finale piena di pianto: “Io non vedea più fra mezzo a loro, quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro”. Ebbene proprio in questi giorni la spigolatrice è stata ricordata con una statua che ha suscitato scalpore. Il motivo? Troppo moderna, troppo realistica e soprattutto troppo sessista. E’ pur vero che della contadina di metà ottocento, questa statua non ha nulla che la ricordi nell’abbigliamento. Infatti la veste che la ricopre è tutta tesa a ricoprirne le forme attraverso la sua lunghezza e il sovraccarico degli orpelli. Ma è pur vero che di donna appassionata si trattava, quando al primo apparire abbandona il campo e segue il suo eroe. Dunque una donna, donna, che piaccia o meno secondo la moda attuale, che alle spighe sceglie l’avventura e si innamora di quell’uomo dagli occhi azzurri e dai capelli d’oro. Celebrata dai versi poetici e patriottici, quella spigolatrice potrebbe apparire un simbolo asessuato, quasi una musa che non abbia un corpo. Ma non è così. Al di là della retorica, la spigolatrice è una donna che sente, spera ed ama. Prende la decisione più dura e pericolosa e si getta nella mischia dove amor patrio e amore fisico si alleano. Non conosce vie di mezzo. Passiamo all’oggi.  Ebbene la statua cosa dimostra? La moderna visione di una donna sentimentale che rivela il suo essere attraverso l’evidenza di un corpo proteso a evidenziare la sua travolgente femminilità. La pesante veste ottocentesca è sostituita da un peplo quasi trasparente, che lascia intravvedere, senza titubanze, procaci rotondità e protuberanze sensuali. Ma senza alcun senso della provocazione. Con la naturalezza che da sempre individua l’essere femminile, oggetto di desiderio da parte dell’uomo, ma in quanto questo desiderio è indotto dalla stessa donna. Un concetto questo che difficilmente le femministe capiscono, in quanto si sentono esclusivamente vittime e non artefici, considerando l’uomo nella sua unica veste di supremazia spesso violenta.  Continuiamo allora a parlare della statua. La mancanza di ogni forma di ostentazione lo dimostra il viso. Dai lineamenti decisi e dallo sguardo perduto nell’orizzonte, la sensazione rivela una fierezza ed un proposito di lungimiranza nella scelta che sta per intraprendere, che non ha nulla di dolciastro o di ipocrita falsità. E questo dovrebbe apparire chiaro nei confronti di tutti coloro che la guardano e che la criticano. Perché, la statua sembra riaffermare come già dalla notte dei tempi, che la donna è questa, anche se la sua figura appare attraverso il sessualmente corretto, non più attuale. Criticata dalle femministe che non si sa cosa vogliono se non dimostrare di essere loro stesse artefici della loro sorte senza il concorso del maschio.  Inoltre criticata anche dagli uomini ormai in preda ad un senso di confusione in fatto di sesso e di sessualità. Dunque elevo un plauso alla statua del cilentino Emanuele Sifano, che non ha voluto seguire la vulgata del sesso confuso. Il quale nel suo essere indefinito si è fatto strada perfino nell’ambito scientifico come si evince dall’articolo già riportato sul The Lancet. Trattasi dunque di un’opera di tipo tradizionale e per chi come me non disdegna la tradizione, anche per quanto concerne il sesso, la mia ammirazione se la merita in toto. Se poi la guardiamo sotto il profilo artistico, nulla da eccepire. Rivela fra compostezza e trasparenze di forme che nella loro bellezza, ambiscono a tendere alla sublime vaghezza dell’arte. Anche questa concepita nell’ambito di una tradizione antica che oggi subisce le violenze del nuovo. O meglio dell’innovativo a tutti i costi senza che per questo sia sempre in grado di poter cogliere interamente l’essenza misteriosa dell’arte.            

Plauso alla statua sessista della spigolatrice di Sapri

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