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Giovedì, 28 Marzo 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Ritratto di Luigi Swich

Cognome curioso Swich che si pronuncia in un attimo e per il suo carattere onomatopeico, rimanda ad un suono prodotto da un’azione. Quale? Non saprei dire , ma trattasi di un cognome che pronunciato con la brevità di un colpo di glottide, potrebbe essere preso in prestito dalla pubblicità, per segnalare la possibilità di ottenere facilmente un risultato. Vale a dire la riuscita felice di una determinata azione. Basterebbe dire: usate Swich e tutto vi riuscirà più facile. A parte queste facezie, interessante è sapere quale sia l’origine di questo cognome. Non piacentino per quanto vi siano altri Swich nella nostra città. Infatti nel mio passato, ormai troppo lontano, il mio allenatore di calcio, nelle fila della Libertas giovani, aveva proprio quel cognome curioso. Comunque, se non piacentino, non è nemmeno siculo come si potrebbe dedurre dal luogo di nascita del nostro. Continuando a indagare, nemmeno in Francia esiste un cognome Swich e per quanto ne so, escono dall’elenco dei paesi coinvolti, sia la Polonia che tutti gli altri paesi europei. Ma non la Germania, o meglio la Prussia. Infatti le ricerche condotte dal nostro, hanno appurato che ha vissuto a Berlino un certo Martino Swich che nel 1717 per strane coincidenze del destino, sposa una lodigiana in quel di Busseto, luogo da cui prenderà origine uno dei due rami degli Swich. Mentre l’altro ramo si stabilirà poi nella nostra Fiorenzuola. Ho parlato di destino e non a sproposito, infatti il Martino già menzionato, lasciò la neonata Prussia, due anni prima che J. Sebastian Bach vi si recasse a ritirare un clavicembalo a due tastiere, di cui appena quattro ne sono rimaste al mondo. Ecco allora come sia possibile far risalire, causa queste imprevedibili vicissitudini storiche, la passione per il clavicembalo del nostro. Tanto che di quell’ originale clavicembalo , egli stesso si industriò per costruirne una copia fedele, come fosse un metaforico ponte musicale con il grande musicista tedesco del periodo barocco. Comunque questo cognome, come dicevano gli antichi romani con la locuzione nomen omen, per intendere come dietro ogni nome si nasconda un destino, questo cognome- dicevo- trova proprio in quel detto latino, per il nostro, il suo battesimo e la sua futura ragione di vita. La si deduce da una biografia, già da ora molto carica di eventi e altrettanto pronuba di altrettante future vicissitudini. Una sua caratteristica infatti è quella di moltiplicare le sfere di interessi e conseguentemente le tante occupazioni. Tralasciando i fatti meno importanti ( ma quali sarebbero questi?) due le sue principali fonti di coinvolgimenti che hanno condizionato la sua attività. In ordine di merito, metto in primis la sua folgorante carriera prefettizia di cui parlerò in seguito. Ma subito dopo, viene la sua passione per la musica , insita si potrebbe dire nel nome stesso e poi realizzata negli studi con un diploma in organo ,in composizione organistica e in clavicembalo conseguiti entrambi presso i Conservatori di Parma e Milano. Ma andiamo con calma, anche se per citare il suo curriculum vitae, più che calma ci vuole la frenesia quasi ossessiva di voler citare tutto senza dimenticare niente, tante sono le cose da dire. Impresa assai ardua e so già, che qualcosa dimenticherò per strada, perché scrivendo in currenti calamo per citare una locuzione latina, che a lui classico potrebbe anche non dispiacere, non sempre si riesce ad essere precisi. Tutto questo nonostante il desiderio di corrispondere alle aspettative. Spazio allora alla prima domanda: chi è Luigi Swich?. Eccovi serviti con una biografia essenziale. Nasce a Catania il 20 febbraio 1963, ma si trasferisce ben presto nella nostra città. Studi rigorosi di tipo classico, di cui una volta in occasione di un nostro amichevole incontro, mi confessò che non avrebbe mai rinunciato a quel balsamo rigenerante costituito dalla cultura umanistica. Ma, quasi in contemporanea, alla cultura classica si abbina in lui quella musicale, che ho già menzionato a proposito della sua storia e dei diplomi. Quindi una duplice cultura, una duplice passione, una duplice capacita di realizzarle, con risultati sorprendenti. Lo si comprende ascoltando un suo discorso. E a questo riguardo cito un suo intervento sugli antifonari della chiesa di Santa Maria di Campagna. Dove l ’italiano preciso e fluido del discorso, rimanda per la interpretazione degli scritti antichi, alla lingua di Cicerone. Col risultato che entrambi i linguaggi e parlo dell’ italiano e del latino, uniti alla competenza musicale, davano la luce giusta, di tipo interpretativo, per far comprendere anche all’ascoltatore meno erudito, il senso del discorso. Mi riferisco all’argomento trattato, il canto liturgico, iscritto in quegli antichi libri, che per la loro interpretazione abbisognano di più competenze unite nella stessa persona. Ma sempre a proposito di musica e dei citati diplomi, la preparazione del nostro personaggio, non è solo di studio, ma anche di attività pratica. Ho scoperto questo particolare, una domenica mattina sentendo l’organo suonare nella chiesa di San Giorgino in sopramuro. Mi volto, guardo verso l‘alto, verso l’origine del suono e chi vedo? Luigi Swich in persona che rivelava una sicurezza, per me che non lo conoscevo in questo suo ruolo, completamente inattesa per lo stupore. Dove alla sicurezza nello scorrere brioso delle dita sui tasti, associava, sensibilità, rigore tempistico e capacità interpretativa per evidenziare al meglio ogni tempo musicale che , come si sa, tocca il lento, il largo, l’adagio, l’andante, il moderato, ma sempre nel contesto di una solennità e sacralità che nessun altro strumento, fuorché l’organo, può raggiungere. Detto questo, mi rendo conto di essermi allontanato dall’elemento biografico, per aver dato spazio alle mie riflessioni. Ma , per giustificarmi, ammetto che non mi riesce a dedicarmi con passione alle fredde elencazioni. Ed appena posso esco dagli schemi. Toccato, rimedio allora rimettendomi in riga, e ritorno indietro al 1988, quando il nostro si laurea in Giurisprudenza all’Università di Parma. Poi avviene nel 1994 la sua scelta di vita professionale. Abbandonato, si fa per dire, almeno per quanto riguarda la carriera, l’organo ed il clavicembalo, il miraggio della carriera prefettizia lo prende e con questa cominciano le peregrinazioni in diverse città: Brescia, Piacenza, Roma ( ministero dell’Interno), Lodi, Verbania e Sondrio. Finché nel 2011 viene promosso a vice Prefetto. Ho parlato di carriera prefettizia, ma siamo solo agli inizi per quanto riguarda le sue cariche. Ricopre infatti l’ufficio di capo gabinetto alla Prefettura di Reggio Emilia e di Parma nel periodo che va dal 2015 al 2017. Quindi diventa Presidente della Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale in quel di Brescia ed attualmente dirige l’Area1: ordine e sicurezza pubblica della Prefettura di Pavia. Basta così? Neanche per sogno. Vi ho già detto che la vita del nostro uomo è costellata di impegni e di incarichi, via via subentrati in ordine crescente e tutti di prestigio. Infatti dopo essere stato inviato in diverse emergenze legate alla protezione civile, nel periodo che va dal 1998 al 2004, diventa docente in questa stessa materia, che è appunto la protezione civile, prima all’IREF ( Istituto lombardo di formazione per l’amministrazione pubblica) e in seguito all’Università Cattolica di Milano al dipartimento di sociologia. Altri incarichi si susseguono a livello nazionale e internazionale fra cui si ricordano Varsavia e Bruxelles. A questo punto, credetemi sulla parola se essendo, tali incarichi, molto numerosi, non ve li cito tutti, per non tracciare un profilo troppo ricco di dati e di date e magari povero nella componente umana e umanistica che mi sta invece particolarmente a cuore. Comunque di queste cariche, mi limito a citarne una sola, perché rappresenta una novità. Vale a dire una delle prime esperienze di fusione dei Comuni in Emilia Romagna, che vede il nostro, nell’anno 2014, nominato Commissario del nuovo comune di Sissa Trecasali ( Pr) col fine di attuare l’auspicata fusione. Dopo queste citazione di incarichi, conviene abbandonare la dimensione prefettizia, per aprirci ad un’ altra sua passione. Quella legata alle sue molteplici pubblicazioni su argomenti diversi che vanno dalla protezione civile, al codice della strada, all’immigrazione e all’integrazione di questi immigrati, quindi alla musicologia e perfino alla storia del Ministero dell’Interno. Ed a proposito di pubblicazioni, tanto per completare una personalità poliedrica, va ricordato il suo ruolo di giornalista pubblicista le cui corrispondenze almeno decennali, in fatto di critica musicale, hanno riempito le pagine di Libertà e sono ancora oggi nella memoria , per l’interesse suscitato, di molti lettori piacentini. Continuando poi con la sua citata versatilità culturale , l’ultima occasione ( per ora) è l’incarico di Ispettore onorario del Ministero per i Beni e le Attività cultuali con la delega alla tutela e alla vigilanza degli organi storici della provincia di Parma e Piacenza. La dimostrazione, questa carica, di un merito autentico, avvalorata da una riconosciuta competenza in base alle sue pubblicazioni che brevemente cito in ordine cronologico. Queste:

L’organo ritrovato, il restauro dell’organo Facchetti di S. Sisto ( Pc) del 1991

Considerazione sull’organo di S. Sisto a Piacenza del 2012

Lo strano caso dell’organo del teatro di Piacenza del 2016

Ancora sul Serassi del teatro di Piacenza, restauro o abuso?

Oltre a queste ce ne sono molte altre fra cui, ne ricordo alcune: Regioni e governo del territorio( 2003)

Amedeo Nasalli Rocca Prefetto del regno( 2005) ed il curiosissimo Semafori intelligenti o no? ( 2009)

Chiuso con gli scritti, dedichiamoci ora al lato umano. Di complessione modesta, in quanto non appare un gigante sia in stazza che in statura, è sciolto , armonioso e ancora giovanile, nei movimenti. Il viso regolare non presenta particolari segni anomali, su cui soffermarsi per individuare significati di tipo fisiognomico su cui elaborare poi particolarità caratteriali. Mentre gli occhi rivelatrici dei pensieri interni, psicologicamente detti inconsci, si muovono con discrezione fissando di volta in volta uomini e oggetti, con un velo di placida condiscendenza. Insomma nessuna aggressività traspare che faccia pensare alla critica pungente contro qualcuno o qualcosa. Nei contatti umani, il suo non è mai un addio, ma sempre un arrivederci, in quanto l’unico addio che forse ha dovuto pronunciare durante tutta la sua vita, riguardano i capelli, diventati per chi lo ha conosciuto nei momenti della prima giovinezza un ricordo. Una rimembranza vaga e lontana sia per quanto riguarda il colore che il modo di atteggiarsi con la pettinatura. Tuttavia questa sua rotondità glabra del capo, non compromettono il lato estetico, perché la sua figura , causa un perfetto accordo fra modo di essere e modo di apparire, sembra non essere in debito di chiome. Anzi, induce a pensare che i capelli siano in lui un corredo non indispensabile, un pleonasmo, un accessorio inutile. Il Sansone che è in lui non riguarda allora la capigliatura, semmai il lato intellettuale che è, come detto, totalmente indifferente al capillizio. Impressioni. Dicevo prima che in lui non esiste l’addio, se questo significa atteggiamento di chiusura verso gli altri. Disponibile al dialogo, non esterna mai la sua cultura, né la sua posizione sociale. Il che è tipico di ogni uomo di ingegno. Conversando con il nostro personaggio, due sono le caratteristiche che colpiscono: l’intelligenza vivace di chi comprende subito senza bisogno di essere troppo imboccato e l’umiltà di non mettersi mai in mostra. Nei colloqui, le sue, sono espressioni sempre puntuali ed aderenti al tema . L’aggiunta di qualche misurata critica, si verifica in quei pochi casi in cui la condivisione non è possibile, dovendosi scontrare con l’arroganza e la sicumera. Infatti, conversatore piacevole, l’esagerazione non fa parte della sua corda. Al parlare si alternano a volte pause, silenzi di riflessione, indagini interne, riflessione non esplicitate, desiderio di isolamento per meglio raccogliere impressioni e da queste maturare decisioni, onde seguire il giusto nella comprensione degli errori umani e mai dare modo di pensare di punire a prescindere. Fra umanità e umanitarismo il confine in lui è pressoché inesistente. Tutte e due si intrecciano, scambiandosi di posto tanto che la personalità acquista qualcosa di simpaticamente attraente in un interlocutore superficiale. Mentre diventa di grande evidenza e di altrettanto grande apprezzabilità, nell’interlocutore attento che per sintonia di umori, cultura, curiosità, vocazione al sapere e preparazione specifica negli argomenti trattati, viene toccato e coinvolto in un clima empatico e reciproco, fatto di umanità e stima. Non ho finora toccato il tema religioso per non suscitare incomprensione da parte degli spiriti laici, che attraverso il condizionamento della fede, potrebbero pensare di dividere i lettori fra seguaci e oppositori. Ma convinto che ogni ritratto deve riguardare la persona nel suo insieme, non posso e non devo dimenticare di citare questa componente, soprattutto quando è così presente nel nostro uomo. Preciso inoltre che chi vede la fede come qualcosa di vecchio, di superato, di ininfluente oppure addirittura come un elemento negativo, (fra) inteso come espressione di una mancata libertà, sia libero di pensarla come vuole, ma non di imporre una censura. Poiché ritengo sia un pregiudizio il non voler ammettere libertà e fede strettamente interconnesse, entrambe legate al senso della verità. Fatta questa premessa, entro allora nel merito a proposito del nostro personaggio e registro come in lui la fede sia solida, anzi solidissima. Virtù indispensabile questa , dal suo punto di vista, per agire bene, sia come uomo , sia nella sua funzione prefettizia. Per farla breve nel nostro personaggio manca sia la finzione che il senso del protagonismo. Poiché tutto si tiene nel cristianesimo, anche in Luigi Swich, tutto si tiene e si mantiene secondo una modalità di raccogliere fatti ed emozioni, in quello scrigno metaforico della sua personalità, dove, in ordine sparso, si rinvengono elementi quali cultura, rispetto, fede, senso di amicizia , correttezza di azione , civiltà di comportamento e senza dimenticare , come nel vaso di Pandora, la speranza. In chiusura se ho dato del nostro , secondo qualcuno, una visone troppo positiva o addirittura per i detrattori( ce ne sono sempre) quasi agiografica, preciso subito che tale critica non mi tocca. Convinto di aver detto quello che penso, sono in questo suffragato dalla conoscenza personale. Se poi esiste, fra noi , una comune e lontana parentela ,credetemi questo non ha influenzato il giudizio . Per rispondere agli scettici, avanzo allora provocatoriamente queste domande, con relative risposte. Eccole in successione: che il nostro uomo sia stato descritto solo per i meriti e non per i difetti? Possibile. Inoltre, che la sua umiltà sia solo di facciata. Poco probabile. E ancora, che il suo umanitarismo sia frutto di un calcolo? Inverosimile. Oppure che il suo fare discreto nasconda una aggressività non manifesta? Difficile come è difficile, per la verità, sondare l’animo umano. Infine che la sua stessa calvizie sia prodotta dall’uso del rasoio quotidiano e non come l’esito di una perdita naturale? Obiettivamente poco o punto credibile perché innaturale. Che ognuno si faccia allora dentro di sé il ritratto che desidera. Intanto io quel che ho scritto ho scritto. E per assecondare con una citazione evangelica una persona colta e religiosa, come Luigi Swich, non mi resta che copiare la locuzione pronunciata da Pilato, nei confronti dei sommi sacerdoti che criticavano l’Iscrizione apposta da lui stesso, come quinto Prefetto della Prefettura della Giudea, sopra la croce di Gesù e riportata nel Vangelo di Giovanni: quod scripsi scripsi. Così senza aggiungere più nulla, viene da sé la parola fine.

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Ritratto di Luigi Swich

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