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Venerdì, 19 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Senza pudore i giullari di Stato

Spiace dirlo , ma noi italiani siamo fatti così. Temiamo il potere e chi ce l’ha e siamo pronti a piegare testa e schiena di fronte a chi lo esercita. So bene che quando si generalizza, come sto facendo, si corre il rischio di essere criticati. Infatti non tutti gli italiani hanno la schiena congenitamente curva. Ci sono anche quelli che la tengono dritta costi quel che costi. Ma bisogna ammettere che questi ultimi rappresentano la minoranza...

Spiace dirlo, ma noi italiani siamo fatti così. Temiamo il potere e chi ce l’ha e siamo pronti a piegare testa e schiena di fronte a chi lo esercita. So bene che quando si generalizza, come sto facendo, si corre il rischio di essere criticati. Infatti non tutti gli italiani hanno la schiena congenitamente curva. Ci sono anche quelli che la tengono dritta costi quel che costi. Ma bisogna ammettere  che questi ultimi rappresentano la minoranza. Il difetto morfologico prevale al punto da farcelo  considerare una caratteristica italica. Quasi un’abitudine, iscritta nel nostro carattere psicologico e somatico, al massimo da condannare fra amici fidati, ma da tollerare per non dire lodare a livello pubblico. Di queste cosiddette caratteristiche ce n’è una che suscita perfino compassione. Si tratta dell’arte tutta italica di saper come e quando piegare la schiena. Il ché non è come sembra una cosa semplice. Bisogna infatti considerare diversi elementi. Le circostante di tempo e luogo e le occasioni, quelle normalmente  considerate giuste dal potente di turno. Insomma mai piegarsi senza motivo con l’intento troppo smaccato di compiacere. Viceversa fingere autonomia di giudizio e poi dare l’impressione di cedere di fronte alla superiorità dell’interlocutore, costituisce la vera arte del laudatore del potere. Inquesto modo si ottengono due risultati.

Da una parte il piacere da parte del potente di essere lodato nel momento in cui lo desidera. Normalmente quando  per sopravalutazione delle sue capacità, per una cosetta detta o fatta e da lui  ingigantita, crede veramente di essersi meritato quegli elogi, che appaiono ai suoi occhi veri e disinteressati.  Dall’altro, dare l’impressione a chi ancora è piegato in avanti di non sentirsi  servo, perché in grado di coglierela giustificazione delle circostante favorevoli. L’atto allora illude due uomini. Chi lo riceve perché ritiene di meritarlo e chi lo dà perché riconoscersi inferiore  all’altro offre perfino il pretesto di sentirsi umile. Quindi di conservare intatta la propria dignità, come fosse una virtù. Naturalmente tutto questo si verifica finché circostanze e fatti vanno bene  per il potente. Se e quando cambiano, anche gli  inchini e gli atteggiamenti  ossequiosi, subiscono la stessa sorte. In un brevissimo lasso di tempo la cosiddetta umiltà si trasforma in arroganza e la  presuntadignità   abbandona il campo delle fantasie giustificatrici per riprendere il suo posto nella realtà, tramutandosi in disprezzo per l’accaduto ,causa la necessità di emendare il passato.

Ma il servo diventato arrogante non cambia. Si sposta solo di posto. Presto un nuovo potente comparirà e così ricomincerà il ciclo dei piegamenti in avanti. Dico questo a proposito di un fatto che riguarda, da oltre 4 anni, tutti noi italiani. Mi riferisco ai nostri due fucilieri di marina rispettivamente Salvatore  Girone e Massimiliano Latorre imputati dal governo di New Delhi della morte di due  pescatori indiani nel lontano 15 febbraio 2012. Allorché imbarcati sulla petroliera italiana Enrica Lexie per contrastare episodi di pirateria navale, piuttosto, frequenti nelle acque dell’Oceano indiano, secondo l’accusa  scambiarono innocenti pescatori in assalitori di navi. Fatto questo che se veramente compiuto dai nostri due fucilieri, sarebbe comunque  avvenuto in acque internazionali, quindi fuori dalla giurisdizione del governo indiano. Non ho a questo punto, intenzione di annoiare voi lettori con le sequele delle vicende giudiziarie fra l’Italia e l’India per non seccare chi da troppo tempo ha letto pagine e pagine di cronache elargite con abbondanza di particolari da  tutti i media. Secondo i quali dopo 4 anni di contenzioso, non esiste ancora un vero capo di imputazione da parte delle Giustizia indiana contro i nostri due fucilieri. A me preme invece evidenziare il comportamento del nostro Governo  in perfetto accordo con lo stile italico di cui facevo cenno all’inizio. Insomma nessuna volontà di contrastare il sopruso, ma il goffo tentativo, almeno all’inizio, di un accomodamento fra compari. Il ché equivale a dire, io do una cosa a te e tu una a me. In altri termini un lauto indennizzo ai familiari delle vittime contro un lasciapassare per i nostri. Succede però che l’India non ci sta.

Non tanto per un rispetto o una forma di fede verso la giustizia, quanto (e questo è il destino dei deboli in fatto di diritti civili), per dimostrare di essere  più forte di   un paese, il nostro, che non si sa bene cosa sia eche per di più vanta nessun credito presso la comunità internazionale Un paese quindi dove ogni parola cambia di significato in base alle circostanze e dove ogni promessa si scontra  con i fatti  che latitano nella misura in cui sembrano scoprire il rischio. Il risultato è che siamo presi in giro un po’ da tutti, specie dai cugini francesi che in questi casi gongolano doppiamente.

Sia perché dell’incapacità italiana  provano sempre  il piacere degli invidiosi,  sia perché  in tali frangenti possono sbandierare la loro cosiddetta grandeur ricavando l’impressione di sentirsi superiori.  Sta di fatto che isolati dal mondo che conta, noi italiani intesi come Governo, non sappiamo che pesci pigliare. Nessuno ci aiuta perché nessuno ci rispetta. I Fucilieri intanto stanno  consegnati  nella nostra ambasciata. Finché un grave fatto di salute, un ictus, capitato a Massimiliano Latorre, favorisce nel 2015 il suo rientro temporaneo in Italia per curarsi. Intanto si succedono i governi  e da Monti si passa  a Letta e poi a Renzi. Parole tante, fatti concreti zero. Ognuno loda ed ognuno taglia la corda. Di schiene dritte se ne vedono poche.

Una di queste è l’ambasciatore ed ex ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, che non ci sta  a piegarsi a tappeto di fronte alla presa in giro della dignità italiana.  L’arbitrato internazionale è la sua proposta per  sgombrare il campo dalla melma in cui si dibatte sia  la giustizia indiana che la nostra classe politica. Non sia mai, risponderanno in coro gli affezionati  politici della schiena pieghevole. Ipotizzavano infatti che così procedendo ci sarebbero voluti  anni per arrivare a sentenza , in tal modo trasmettevano ancora di più l’ immagine umiliante di un’Italia  incapace di tessere una pur minima tela dei rapporti internazionali. Vi ricordate il sorrisino di Sarkozy con la Merkel a proposito di Berlusconi?

Ebbene moltiplichiamolo per quanti sono i capi di Stato e avremo l’idea del divertimento da noi creato a livello internazionale sulle povere teste dei due  nostri servitori dello Stato. Latitante, in fatto di risultati. E arriviamo al dunque, perché anche i servi di tanto in tanto si vergognano di se stessi. Come è noto si attiva con oltre due anni di ritardo,all’arbitrato presso il tribunale dell’Aia. E finalmente in questi giorni dopo che altri due anni sono trascorsi invano, si arriva ad una prima decisione giuridica. In attesa delle sentenza definitiva i fucilieri (in pratica solo Girone essendo Latorre già da noi) possono rientrare in Italia. L’India abbozza, ma dichiara di voler precisare i termini della questione. In pratica fin che può, metterà il bastone fra le ruote.

E noi che facciamo? Naturalmente festa magnificando le nostri doti di tessitori di alleanze dovute ai nostri costanti  e pressanti (si dice così vero?) interessamenti. Una vittoria quindi a cominciare dagli uomini di governo. In primis Renzi che si fa fotografare mentre telefona a Girone e in subordine  tutti gli altri  fino a ieri assenti e di cui  solo ora scopriamo doti e meriti. Viene perfino il dubbio di non averli capiti. Abituati come siamo a vedere esseri curvi, non riusciamo ad adattarsi subito alle schiene dritte. E poi ai petti in fuori che si riempiono di medaglie. L’Italia celebra una vittoria invece di mortificarsi per la sconfitta delle giustizia, del diritto e della diplomazia. Quattro anni sono passati senza che una sentenza autorizzasse qualcuno a mantenere in condizione (di fatto) di prigionia i nostri marò. Ma che importa, l’importante per noi è passare di campo. Da perdenti a vincitori per di più con l’arroganza di crederci. Il bullo Renzi che parla con la stessa arroganza di come cammina, è la rappresentazione perfetta di questa Italia. Povera, malata ,indebitata, per di più  con il vizio (o il pregio) di  adattarsi alla storia come noi la vorremmo, stando dalla parte dei giullari. 

Senza pudore i giullari di Stato

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