Siamo sicuri di essere liberi?
Ognuno di noi desidera essere libero e non perde occasione di dirlo. Ma è veramente così? Che dunque la libertà sia ormai una conquista dell’uomo e che non ci sia più bisogno di lottare per ritenersi liberi? Anche se mi riferisco ovviamente a quei paesi dove vige un sistema democratico, io non ne sono molto convinto. Esistono infatti delle condizioni oggettive che condizionano le idee. Esaminiamo quello che accade giornalmente sulla base delle informazioni dei media e quindi del nostro modo di comportarci. Che riguardano le notizie appunto. Queste variano di continuo sulla base di quanto succede nel mondo. Ma non solo. Esistono anche delle condizioni che riguardano la nostra mente. In particolare ansie e timori che abbisognano di essere raffreddati o spenti, causa una assuefazione all’abitudine che alla fine toglie tensione alle cose. Gli eventi che hanno riempito le pagine dei giornali e su cui abbiamo costruito le nostre sensazioni in fatto di meraviglia, stupore e preoccupazioni, sono andate progressivamente cambiando nel tempo. E con esse il loro carico emotivo legato alle loro immagini. E’ successo con la diffusione delle notizie sul Covid, che si spengono e si riaccendono a tratti alterni. E per fare un altro esempio con la guerra in Ucraina che per quanto non abbia perso nulla della sua drammaticità in fatto di distruzioni e morti, le relative immagini non campeggiano più sulle prime pagine dei giornali. Essendosi quasi naturalmente modificate. Diventate meno ingrandite nei caratteri e nello stesso tempo relegate nelle terze o quante pagine dei quotidiani. Lo stesso è capitato alla immigrazione senza regole che proviene soprattutto dai paesi africani. Dove i numeri di questo approdo, nonostante i vistosi incrementi ed i punti di accoglienza al collasso, non destano più quelle reazioni di netta opposizione, come ai tempi di Salvini, allora ministro degli Interni che ancora deve difendersi in tribunale per la sua intransigenza all’accoglienza. La stessa cosa riguarda la morte in mare dei migranti che non suscita più sdegno, essendo diventata la naturale conseguenza di un fenomeno che quasi non ci riguarda più, causa l’abitudine delle immagini che hanno perso tutto il loro carico drammatico. Tanto che non sono più in grado di suscitare le vecchie ed allora intollerabili emozioni legate alla morte dei migranti Sembra allora, per spiegare questi eventi, che una nuova ideologia dominante si sia impadronita delle immagini, quasi snaturandole o rendendole meno coinvolgenti. Come se la realtà vera si sia per così dire annacquata. O addirittura sostituita da quella che il nostro modo di pensare, ormai condizionato, ha prodotto nella nostra mente. Al fine di sostituire la realtà, con quella fittizia, molto più ecologica per la mente che rifugge il vile ed il drammatico. Sensazioni queste, entrambe portatrici di ansia, che si preferisce sostituire con l’immagine falsificata. Quella che ognuno si costruisce all’interno di quel pensiero inconscio, dove le tensioni si smorzano e le paure si frenano. Attraverso queste immagini soggettive, il valore assoluto egli eventi cambiano e gli stessi principi di bene e male si modificano fino a snaturarsi. Il risultato è che una nuova umanità si realizza, in cui concorre anche il valore della scienza, cui si attribuisce arbitrariamente un valore assoluto. Ma che invece è sempre in grado di essere manipolata in quanto nessuna esperienza umana può essere ridotta a numero. Succede allora che l’allentamento delle convinzioni e dei legami sociali, acquistano la dimensione di una libertà non assoluta, ma frazionabile fra individuo ed individuo. Da quanto detto, risulta allora che i condizionamenti esistono e difficilmente si possono eliminare. Per farlo bisogna essere molto coraggiosi, in quanto sappiamo che ogni individuo isolato e disorientato dalle abitudini di massa è facilmente suggestionabile. In questo modo, succede che per superare le sue stesse contraddizioni di ansia, lo stesso individuo possa compiere l’errore di rinunciare a se stesso per poi annegarsi nella folla, dove il pensiero viene sostituito dall’istinto e la moderazione dalla violenza. Infatti come diceva Hannah Arendt, sia il lavoro che la vita stessa, fra natalità e mortalità, offrono cause di limitazione della propria libertà. Ecco allora che solo chi reagisce a questo stato di cose può definirsi libero. Ma bisogna attrezzarsi. Sia con il pensiero, che con il modo di agire presso gli altri. Quasi senza volere, a proposito di pensiero ed azione la memoria va ad un grande esponente del Risorgimento italiano che ha nome Giuseppe Mazzini. Il quale riteneva che i valori essenziali di ogni uomo, fossero il senso di giustizia, la solidarietà, la libertà, il lavoro giusto e la cultura come mezzo di emancipazione personale e sociale. Citato l’ormai quasi dimenticato Mazzini, ritorniamo allora ad Hannah Arendt con il suo famoso scritto sulla banalità del male e che potremmo trasformare quasi per analogia, sulla banalità della libertà se non sorretta dal pensiero. Meglio ancora da quella forma di pensiero in grado di reggere il conflitto con la realtà senza doverla subire. E senza mai pensare di sostituirla con quella immaginata. Ecco allora che la persona veramente libera è quella che esercita questa funzione di mai abbandonare il libero pensiero, rischiando anche di rimanere isolato in una società che tende per natura all’omologazione dei comportamenti. La naturale conclusione è che ognuno ci pensi bene prima di definirsi libero, come troppo spesso succede. Perché solo chi è disposto a non rinunciare alla propria natura di un essere isolato, al fine di non adattarsi alle immagini che scienza ed occultismi vari diffondono, può a buon diritto essere considerato tale. La condizione, come dicevo e ripeto, quella di non confondere il libero pensiero a favore di una realtà che diventa altra da sé, assumendo caratteri irreali e fittizi. Ebbene allora solo chi non è contagiato dalla omologazione dei comportamenti, onde non perdersi nella folla, può definirsi libero. Infatti, a proposito della cosiddetta vera libertà, le parole sono sempre in eccesso, difettano molto spesso gli esempi.