Tintura d'odio
Avete letto bene, nel titolo manca una i. Quindi non si tratta di iodio che nella sua forma in tintura serve a disinfettare le ferite, ma di odio, un sentimento questo che in questi ultimi tempi tinteggia i dibattiti politici. Anzi per essere più precisi, scarica su alcuni esponenti di quella gran caravanserraglio che è diventata la politica, l’avversione più primitiva che l’uomo non civilizzato riservava ai nemici onde difendere il suo territorio. Chi sono allora questi uomini che raccolgono cosi tante critiche da essere considerati indegni di far parte del consesso civile, tanto da essere considerati, sic et simpliciter, fascisti? Un termine considerato fra i più spregevoli, che rimanda ad un nostro passato, il quale anche se passato e trapassato, risveglia ancora immagini di guerra non solo oltre i confini della nazione, ma dentro gli stessi confini delle coscienze del popolo italiano, schiacciato nella sua libertà da un sistema dittatoriale. Il quale per la verità andava bene ai molti quando si vinceva e ai pochi quando le cose precipitarono nella sconfitta, che, come si diceva ai tempi, riguardava terra ,cielo e mare. Tuttavia ora che il fascismo, come detto, non esiste più dal punto di vista storico , ne viene evocato un altro che avrebbe a che fare col primo in base all’atteggiamento di chi non si uniforma a quello considerato, oggi, il pensiero politico corretto. Anche se nessuno sa cogliere il significato di quanto si intenda con quest’ultima espressione. Se non quella di seguire la ideologia di sinistra , detta anche progressista, che non ci sta ad essere contestata nel suo terreno principale chiamato: piazza e popolo. Infatti è sufficiente trasformare la parola popolo in populismo che si scatena subito la reazione da parte di chi non vuole essere preso in contropiede. Come osano infatti, questi dicono, che qualcuno possa superarci proprio in materia di identificazione con la massa, il popolazzo detto segretamente dagli snob( sempre di sinistra) bue, da sempre istruito per essere indirizzato verso una visione politica che non comporti contestazioni, essendo, sempre secondo costoro, i cosiddetti nemici del popolo, detti anche fascisti, sempre in agguato. Ho detto prima che di questi uomini con il marchio spregevole di essere contro il già detto politicamente corretto, ne ricordo almeno due. Comincio dal primo, anche perché da poco ci ha lasciati e mi riferisco al giornalista e scrittore Gianpaolo Pansa. Un uomo di sinistra e per questo sempre stimato, anzi osannato, fin tanto che ha pensato bene di rileggere la storia. Quella non dei vincitori ma dei vinti. Per la verità un revisionismo di quanto accaduto nella storia recente, l’aveva già percorso lo storico De Felice, talmente preciso nelle sue valutazioni che per quanto non amato dai sinistrorsi , ha saputo evitare la gogna mediatica, appunto grazie alla attendibilità ineccepibile della sua analisi storica, come nessun altro aveva fatto prima di lui. Ebbene dicevo ritornando a Pansa, tutto procedeva bene nella considerazione della cultura (?) dominante, finchè la sua curiosità di indagine e l’esigenza di affidare alla storia argomenti reali, valutati obiettivamente e non con logica di parte, lo ha posto dalla parte dei nemici. Cosicché il suo libro: Il Sangue dei Vinti che ha trattato i crimini commessi dai partigiani vincitori contro i vinti del vecchio regime, alla fine dell’ultima guerra, soprattutto nel cosiddetto triangolo della morte situato in Emilia fra Parma, Reggio e Modena, ha indotto i suoi antichi sostenitori, diventati prontamente crudi oppositori, a modificare la stima in odio. E così il vecchio antifascista è diventato un fascista. Che bella la storia letta semplicemente con un sì e di no da utilizzare a piacimento. Per la verità, Pansa non è stato il primo a ricredersi, perché prima di lui, un altro il libro dello storico Giorgio Pisano, chiamato: Il Triangolo della morte, aveva osato citare i crimini compiuti dai partigiani durante e dopo la Liberazione. Va detto infatti che esiste in Italia un mantra, una sorta di mito che resiste ad ogni contestazione, rappresentato dalla lotta partigiana e dalla Liberazione. Nulla da eccepire sulla caduta del fascismo, molto da eccepire invece sulla idealizzazione della Liberazione, che non deve comportare valutazioni diverse da quelle ormai santificate. Dove, come capita in tutti i casi storici, anche quelli più giusti, qualora esistano indagini e sospetti, questi devono essere negati aprioristicamente, in quanto un bene assoluto, come la Liberazione, non può essere macchiato da critiche. O addirittura trascinato verso il basso da certe presunti fatti criminosi. Chi lo fa, al posto di celebrare il mito della Liberazione, separando il grano dal loglio, diventa un nemico, in altri termini un fascista. Quindi con la scusa della difesa della democrazia, espressione questa da sempre surrettiziamente usata dai sinistrorsi, bisogna correre ai ripari ed i contestatori devono essere messi nella condizione di non diffondere le loro idee. I libri poi devono essere messi, se non al rogo, quanto meno nell’impossibilità di essere propagandati dai loro autori attraverso conferenze di presentazione che devono essere ostacolate. Ecco come. Picchetti di contestatori posizionati alle porte dei luoghi prescelti per mantenerle chiuse, ricorrendo a minacce. Per poi iniziare la campagna mediatica, attraverso le accuse da parte del sistema democratico di ridicolizzare gli autori dei libri che parlano di fascismo e soprattutto di un antifascismo spesso ipocrita. In questo modo, ecco realizzato l’eterogenesi dei fini del filosofo Augusto Del Noce . E passiamo all’altro personaggio che non è un giornalista, né uno scrittore, ma un bieco politico. Che nelle sue decisioni, tipo quelle di chiudere i porti, ricorda un altro personaggio decisionista al punto di diventare un dittatore. Che sia sulla strada per diventarlo, secondo gli oppositori, è il vero pericolo che corre L’Italia, anzi il popolo italiano. Che rifiutando la vecchia scuola di ammaestramento legato alla falce e martello, oggi si ostina a dargli il voto incurante del pericolo. Ed a proposito di popolo, siamo sempre alle solite. Bene quando agisce bene , male quando si lascia trascinare da un personaggio che usa tutte le arti dialettiche e comportamentali per alimentare la parte meno colta e grossolana della gente. Infatti non si tratta di una questione di testa, da sempre considerata affine alla cultura di sinistra, ma di pancia, notoriamente più volgare, più terra terra e meno adatta al pensiero illuminato di una ideologia che ha fatto della democrazia un fatto talmente illusorio, da renderlo credibile alle masse. Realizzando la perfetta mistificazione di una realtà , totalmente oscurata da renderla irreale, in vista di un sole dell’avvenire che fortunatamente, per noi liberi, non è mai sorto all’orizzonte. In questo modo il popolo, una volta ben ammaestrato sembra ora inquinandosi pendere verso il populismo. Ma non basta. Le critiche non devono lasciare spazio ai dubbi e devono essere addirittura feroci. Mai stare a metà strada. Il modello di una sinistra da sempre intollerante, ma presentatosi con l’ipocrisia della tolleranza, a proposito di vincitori e vinti, va rimarcato che il sangue l’ha sparso davvero . Ecco allora, continuando il processo di denigrazione di Salvini, che all’accusa di populismo, si aggiunge il sovranismo altro termine esecrabile che ricorda il passato e ducis in fundo il solito ed abusato fascismo. Poi per non lasciare indietro nulla di eversivo, diventa di attualità perfino l’accusa di nazismo. Che dire. Il nemico è avvisato, tanto che il quotidiano La Repubblica pubblica in prima pagina un titolone a tutte colonne che invita senza mezzi termini a “Cancellare Salvini”. In questo modo agli occhi della sinistra colta, il fascista è messo all’inferno da parte sia della gente che sa, sia da buona parte ( a proposito di inferno) della Chiesa. A questo punto è lecito sperare che nessuna testa calda pensi addirittura all’eliminazione fisica . Così sistemato il bieco fascista con la tintura d’odio, cosa rimane? L’antifascismo orante e militante, oggi più nei salotti chic e in molte chiese che nelle piazze, ormai invase, con il permesso delle sardine, dal populismo incivile. La rivoluzione è alle porte soprattutto quella linguistica. Infatti basta togliere all’antifascismo il prefisso avverbiale anti e tutto si spiega a chi attribuirlo.