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Venerdì, 29 Marzo 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Uccido dunque sono

Nulla di filosofico almeno in apparenza. In realtà le problematiche esistenziali ci sono tutte. Affrontate però non con la forza della ragione, ma con quell'altra forza ancora più pulsante e dirompente nell'animo umano, tanto da assomigliare a qualcosa di malefico

Ecco dunque un detto che rimanda per assonanza a quello celebre di Cartesio, ma in chiave aggiornata. Nulla di filosofico almeno in apparenza. In realtà le problematiche esistenziali ci sono tutte. Affrontate però non con la forza della ragione, ma con quell’altra forza ancora più pulsante e dirompente nell’animo umano, tanto da assomigliare a qualcosa di malefico che ottenebra il pensiero logico e distrugge ogni censura sul piano morale. Il fatto è talmente grave che appunto per questo non sembra neppure vero. E forse nella mente degli autori di quanto sto per raccontare, non lo è. O almeno non è apparso tale, a quei giovani, in quel preciso istante in cui le forze del male compivano il loro destino di distruzione e morte, dopo essersi impossessate della loro mente. Rispettivamente di 29 e 30 anni nauseati della vita, come fosse una sorgente infinita di vizi da compiere, un diritto o meglio un dovere da offrire come elemento sacrificale al dio del maleficio insediatosi nel corpo dopo aver annichilito l’anima , questi due giovani, dicevo, non erano figli del disagio o della povertà. Ma facevano parte di famiglie cosiddette bene o per bene ,con i padri imprenditori che forse li avevano abituati al superfluo. I loro nomi che è giusto citare per non cadere nella ipocrisia di rispettare una privacy che invece suonerebbe come complicità, sono Marco Prato e Manuel Foffo, quest’ultimo studente fuori corso di giurisprudenza. Il terzo nome invece riguarda la vittima sacrificale, Luca Varani di anni 23, un giovane normale quindi, messo dalla sorte nelle condizioni ideali per diventare capro espiatorio come succede in ogni vera tragedia.

Dove il contrasto fra bene e male, comporta, appunto perché sia tragedia vera, una predilezione verso il fine dell’infimo negativo. Fidanzato con una giovane ragazza che, sconvolta dal dolore, lo ha definito senza vizi e non dedito alla droga , rappresentava dunque il personaggio giusto per smuovere gli istinti peggiori dei due suoi quasi coetanei, mostri ma con le veste e l’aspetto della persona normale. L’occasione ,al pari di una scena teatrale, l’appartamento di uno dei due, attrezzato per un festino gay, dove alcol e cocaina dovevano completare il progetto eccitante della discesa  nell’abisso. In sostanza, trattasi di un’anormalità diventata norma, contro la normalità troppo grigia per non diventare fastidiosa, causa la  mancanza di forza trasgressiva. Unico elemento  quest’ultimo da parte di due menti malate, di mantenere qualche ancoraggio verso la vita. O meglio verso la morte intesa come  esaltazione di quel niente che  gli sfaccendati trovano nella noiosa abitudine nella quotidianità.  Il genio del male quando evocato non ha limiti, come pure la sua arte del dissimulare con noncuranza, tanto che la perversione, quando presentata sotto forma di ingiustificato divieto, attira gli egoismi come le mosche sul miele. Bisognava però trovare un giovane da ingannare. Possibilmente un individuo che  credeva nella vita dove fra luci ed ombre c’è anche, il calore di un raggio di sole che scalda il cuore e la mente dopo aver giocato a nascondino con le nubi, un giovane dicevo, che si fidava della vita come  dell’amicizia verso quei due balordi, conosciuti fra l’altro in poche  e superficiali occasioni.

A questo punto ogni preparativo per la tragedia è messo in atto. Chi non ha in corpo il demonio, non può sospettare che lo stesso principe del male, si mascheri dietro due giovani quasi coetanei, i quali hanno scelto colui che non conosce limiti né ostacoli, quando deve attuare la sua vocazione nefasta di morte. In questi momenti il tutto e il niente si equivalgono, diventando una cosa sola. Tutto diventa legittimo e niente vietato. Preparato allora il tranello e resa innocua la vittima attraverso qualche intruglio somministratogli con l’inganno, l’inferno può cominciare. Droga e alcol servono per aggiungere alla crudeltà, un piacere perverso mosso dall’esaltazione di sacrificare una vita innocente sull’altare della cattiveria.  Presentatasi sotto le vesti di un gioco a legittimare ogni azione con l’arte di cancellare ogni regola morale. Torturare un corpo indifeso , attraverso ripetuti colpi con oggetti contundenti, scagliati senza dimostrare fretta  per non rinunciare a godere  fino in fondo il piacere offerto dalle scomposte reazioni della membra martoriate,  costituisce l’avvincente trama  su cui si svolge la tragedia. Che consente di imprimere negli occhi di brace ogni smorfia di dolore, e nelle orecchie allungate verso l’alto, le grida delle sofferenze fino agli ultimi spasimi dell’anima. La fine giunge un Venerdì mattina al posto dell’ora serale, come normalmente succede nelle tragedie teatrali, quando la rappresentazione abbandona il palcoscenico e si immerge nella realtà . Luca verrà trovato nudo sul letto  con la testa fracassata, solo il Sabato sera. Nel frattempo i due aguzzini si erano messi a dormire la notte e solo il risveglio li ha posti di fronte alla scena raccapricciante, causa il sangue che imbrattava la stanza, forse, ma non è certo, non più in preda al demone. Manuel confida al padre il Sabato mattina  l’orrore di quanto successo, mentre Marco come Giuda si rifugia in un Hotel  della capitale,( la scena  infatti si svolge a Roma), e tenta il suicidio con l’assunzione di un mix di psicofarmaci.  Salvato in extremis in ospedale, viene portato poi  in carcere  dove già trova l’amico. Pentitismo tardivo? No, solo immersione nella realtà, fastidiosa come sempre e soprattutto priva di emozioni perché la recita è ormai finita.

Di fronte alla  domande degli inquirenti del perché hanno agito in quel modo, questa la risposta: volevamo vedere l’effetto che si prova a torturare e poi uccidere una persona. Nulla di profondo che riaffiora da una coscienza ritrovata. Tutto rimane sospeso in una zona della mente dove non c’è dramma, né pentimento. Solo una consapevolezza obbligata di fronte agli inquirenti che si ostinano a fare domande. A chiedere un perché che loro non sono in grado di cogliere, in quanto non c’è un vero motivo, se non per attribuirlo al regno del virtuale che  si è sostituto alla realtà. Troppo cruda quest’ultima, troppo impegnativa, troppo condizionante con la sua  pretesa di mettere regole, onde  dividere il bene dal male. Non è più il tempo infatti di separare queste due forze contrarie. Il corpo e la mente come fatica e sudore vanno eliminati dalla  vita reale, fonte di  dispiaceri. Rifugiarsi invece nella fiction per gli uomini di cattiva volontà (aggiornamento del vangelo) non pone condizioni. La vita e la morte inserite in un video gioco si annullano a vicenda. Perdono l’antico significato sacrale di evento unico e irripetibile per ognuno, e diventano oggetti da muovere su una scacchiera dove si vince sempre anche quando si perde. Tanto tutto si annulla con una nuova schermata e tutto ricomincia. L’uomo a maggioranza è cattivo diceva e scriveva Biante, uno dei sette saggi, sul tempio di Apollo a Delfi.

Ma per quanto nessuno abbia mai capito cosa volesse dire, di certo  intendeva che nulla è mai  perduto, in riferimento alla speranza.  Anche se esiste un incomprensibile, insito nell’uomo, che a seconda dei tempi e delle circostanze può orientare verso il bene, ma anche verso il suo opposto, il male. Lasciato a se stesso, questo mistero, può essere quindi un pericolo, specie quando superbia e protervia si impadroniscono della coscienza morale. E’ la cosiddetta Hybris che ha mosso, fin dai tempi della creazione, Lucifero. Ma mutatis mutandis, oggi il nuovo demone  si è accasato nella realtà virtuale. Della triade fatica sudore e sangue, espulsi i primi due, rimane il sangue che ancora si ostina a scorrere fuori dalle vene ferite , anche se per puro divertimento. Il suo unico difetto, ancora non rimediabile,  è la macchia rossa che lascia  come traccia di sé, per indurre, come è successo, ad  indagini fastidiose, portate avanti da alieni  con aspetto di uomini,  tramite i loro perché senza risposta. Quando il tutto si  potrebbe ridurre ad una semplice operazione di lavaggio, perché delle macchie, la coscienza non se ne cura punto. Lì infatti , in quell’ambito chiuso, non si vedono. Si sentono.

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