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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Un sottile filo rosso unisce il sesto festival al presidente Mattarella

Eccoci allora al punto di questo sottile esilissimo filo rosso. In cosa consiste? Semplicemente nel garbo di esprimere le proprie idee e nella misura e nel decoro del rispetto delle forme istituzionali. Ma oltre a questo, nulla c’è in comune. Da una parte, vale a dire in seno al festival, è emerso una tensione verso il senso di libertà, che oggi sembra conculcata da un pensiero (ir)responsabile di una informazione che in realtà è una disinformazione, cui tutto il panorama pubblico sembra attenersi. Dall’altra, vale a dire da parte dello stato padre o meglio padrone, si verifica la situazione opposta. La convinzione che tutta la cosa pubblica sia improntata ad un senso di libertà, che per tutelare il bene pubblico, giustifichi decisioni proposte come certe, per non dire assolute, come quelle costituite dai ripetuti Dcpm. Espressione, nelle intenzioni farisaiche, di uno stato mosso a tutela del solo bene pubblico. Con in aggiunta l’arroganza di appropriarsi del diritto di decidere al posto di scegliere. Ebbene su questo aspetto, il confronto fra queste due tesi, diventa insanabile.   Infatti il sottotitolo del festival, recita appunto la sua posizione contraria, ben espressa dal logo, liberi di scegliere. Dunque demandando al cittadino e non allo stato padrone, il diritto di esercitare una libera scelta sulle varie opzioni che la vita offre. In sostanza e sintetizzando quanto è emerso dal festival, questo diritto di libertà stabilito anche dalla Costituzione, deve tutelare tutti ed in particolare le persone che, come nel caso della pandemia, vengono emarginate e considerate indegne di una società, dove il pensiero ed il diritto, diventati unici, vietano di partecipare al consesso civile. Trattasi, per intenderci, dei no vax che per ragioni varie, fra cui certe situazioni familiari legate a patologie serie preesistenti, non se la sono sentiti di praticare una vaccinazione che potrebbe compromettere quel filo di salute rimasta che ancora posseggono. E fra questi, inseriamo pure certe categorie di persone, che vantano per cause non sempre conosciute, dettate magari dalla paura, di non fare parte del gruppo considerato sano ed ubbidiente da parte della cultura dominante ed arrogante. Persone cui non viene nemmeno riconosciuto il rispetto umano che deve essere manifestato con il senso della tolleranza, anche nei confronti di chi sbaglia. Continuando con queste osservazioni e sempre rimanendo nell’ambito del problema sanitario, il festival ha posto l’accento sull’aspetto cosiddetto scientifico, un termine questo che oggi sembra un passe par tout in grado di aprire le porte di ogni consenso. Ecco allora la domanda.  Trattasi di vera scienza quella propagandati dai vari virologi e quindi dallo stesso Cts che ogni giorno dicono una cosa e poi si contraddicono  il giorno appresso,  senza nemmeno scusarsi delle distorsioni e degli errori  precedenti, cui sono andati incontro?  Che allora sia lecito dubitare che questa sia una vera scienza, diventa legittimo.  Da questa premessa, ne deriva un coinvolgimento politico, che già di suo è in una situazione critica per aver abbandonato ogni ideologia, ma soprattutto per aver rinunciato ad ogni idealità, oggi sostituite da interessi personali che nulla hanno a che fare con il bene pubblico, ma solo con l’egoismo  e spesso il malaffare privato. Ebbene stando così le cose, queste due condizioni, da una parte la falsa scienza e dall’altra il deterioramento politico, creano una situazione di volersi appropriare di una presunta verità, che si trasferisce alla gente sotto forma di una coercizione ad ubbidire, intesa come espressione di bene e di interesse collettivo. A questi due elementi se ne associa un terzo, rappresentato dalla moralità oggi in declino. Vuoi perché anche l’aspetto della morale naturale subisce le aggressioni da parte di esempi pubblici, specie da parte dei politici, sempre più frequentemente affetti ma non afflitti, da fenomeni di corruzione e di interessi di parte. Vuoi anche da una mancata vivificazione di questa morale, da parte di una Chiesa, la cui dottrina ormai ridotta ad evento secolarizzato, è diventata la principale alleata del potere pubblico. Il risultato, la formazione di una piena sintonia fra religiosità e laicità, diventati pertanto una cosa sola. Da tutte queste considerazioni, ne scaturisce una coercizione del senso di libertà, con la conseguenza di creare un pericoloso distinguo sociale. Da una parte gli assetati, vale dire coloro che hanno desiderio di bere ogni tipo di disinformazione, dall’altra il ridotto gruppetto degli apoti, cui si iscrivono di diritto i seguaci del liberismo e del liberalismo. Ebbene detto questo, ritorniamo al sottile filo rosso che come già detto si è subito interrotto con il neo Presidente Mattarella. Quali le differenze? Un abisso.  Proviamo ad elencarle. Per prima cosa il nuovo anzi il vecchio neoarrivato al Quirinale, non ha mai detto nulla sulla deriva liberticida che affligge il paese. Argomento questo, fonte di una precisa accusa da parte del festival. Inoltre altro elemento di frattura, il fatto di non aver mai difeso le minoranze discriminate compresi, anche i non vax   che per le cause elencate, come già detto, non se la sono sentita di dare il braccio alla presunta verità, gestita dallo stato padrone. Anzi a proposito delle minoranze, (sempre il neo Presidente) si è dedicato a proteggere soprattutto quelle cosiddette protette, vedi i migranti, al fine di soddisfare la considerazione pubblica, improntata spesso da un umanitarismo ipocrita e molto in preda alla pelosa visione sinistrorsa della società. Al contrario ha chiuso entrambi gli occhi sui vari Dpcm che per sostenere la campagna vaccinale ha violato i diritti costituzionali alla libertà. Ma continuando, tocchiamo ora la Magistratura di cui il neo eletto è Presidente.  Infatti dopo che questa Istituzione ha conosciuto il punto più basso in relazione alle varie manovre di corrente per eleggere giudici e magistrati,  come emerso dalle accuse dall’ex magistrato Luca Palamara, ebbene nessuna parola è stata pronunciata come nessun dito è stato alzato, al fine di una riforma del Csm. Tralasciamo ora le ultime quisquilie, che tali per la verità non sono, come la decisione di stabilire una forma di governo, consegnandolo a proposito di colori, al binomio giallo rosso, senza nemmeno pensare all’ipotesi elettorale.  Che dunque   fosse il popolo a eleggere un governo con una precisa giustificazione non dal palazzo, ma dal demos. In sintesi il neo Presidente non è stato, né un giudice imparziale, né un arbitro al di sopra delle parti. Ma ha istituito un nuovo ruolo, quello del semipresidenzialismo, come ben dimostrato in base al veto posto, come personaggio non gradito, al ministro per l’Economia, Paolo Savona.  Un tale Presidente che ha fondato la sua mission, sui giochi di palazzo e sui compromessi propri della vecchia corrente Dc, quella per intenderci della prima repubblica, cui non ha mai pensato di non ispirarsi, e che in aggiunta non si è mai sognato di difendere gli interessi nazionali di fronte ad una qualche divergenza nei confronti dell’unione Europea, non avrebbe mai potuto conservare quell’esile filo rosso iniziale con il festival della cultura della libertà, che da subito è andato in  frantumi. Infatti il liberismo ed il liberalismo innervato da quel po’ di libertarismo che dà forza al concetto di libertà, è tutt’altra cosa rispetto ai bizantinismi di cui il neo presidente rappresenta l’alfiere in terra ed il calafato nel mare dei compromessi.         

Un sottile filo rosso unisce il sesto festival al presidente Mattarella

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