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Giovedì, 18 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Una mutazione antropologica

Uno dei licei della città. Mio nipote frequenta la terza classe. Una vocazione la sua rispettata dai genitori in quanto consapevoli della sua scelta di studio. A volte vado all’uscita della scuola per incontrarmi con lui che fra tanti compagni quasi sempre esce in solitaria compagnia

Uno dei licei della città. Mio nipote frequenta la terza classe. Una vocazione la sua rispettata dai genitori in quanto consapevoli della sua scelta di studio. A volte vado all’uscita della scuola per incontrarmi con lui che fra tanti compagni quasi sempre esce in solitaria compagnia. Osservo gli studenti. Per la maggioranza sono ragazze, mentre i maschi sono ridotti a sparuta minoranza. La differenza a parte il numero fra i due sessi è evidente. Il comportamento lo dice e poi il modo di vestire. Dunque cominciamo dal comportamento per definire una precisa diversità di genere. Le ragazze escono festose e si mettono in gruppo fra loro e parlano. Anzi famigliarizzano come se la scuola avesse potenziato in loro la gioia del comunicare e del vivere con l’esito di stabilire una solidarietà tutta al femminile. Non si curano di chi le osserva, perché a loro non interessa. Oppure se ne curano troppo perché a loro invece interessa.  Quindi entrambe le versioni sono legittime. Verosimilmente raccontano fatti scolastici, ma si scambiano anche confidenze private. Sono serene, ma di una serenità contagiosa e provocante. Scherzano e ridono e il loro tono è certo della superiorità (così sembra) della loro condizione di femmine e forse per questo anche un po’ sfacciato. Nel senso che il tono della voce non è discreto, ma comunemente va sopra le righe del decibel corretto, inteso come espressione della discrezione che ormai non è più di moda. Unite si vince è il senso che trasmettono a chi le guarda ed anche a me che mi sono proposto, attraverso l’osservazione, di formulare una valutazione psicologica dai risvolti sociologici di cui poi farò menzione. In atteggiamento opposto i maschi. Quasi sempre isolati, non cercano il confronto fra loro e tanto meno con le compagne. Preferiscono starle lontano e questa impressione fra ragazzi di cotanta esuberanza di giovanile avvenenza, crea un certo sconcerto. Infatti al massimo si riuniscono in piccoli gruppi, ma per qual poco tempo che li separa  dal salutarsi in fretta per dirigersi a casa. Oppure mentre aspettano  la macchina di un  genitore o parente che li accompagni a destinazione. Se non muti, poco o nulla hanno come dicevo, da comunicare fra loro. Probabilmente dicono solo quel tanto che basta perché la loro attrazione è da tutt’altra parte. Forse pensano al computer, ai giochi solitari o a qualche evasione sportiva. Sta di fatto che non esprimono soddisfazione della loro condizione e non fanno pensare a quella visione ereditata del maschio arrogante, irascibile, scanzonato e guascone che ci è stata tramessa dalla tradizione. Attraverso l’esuberanza in fatto di parole chiassose e gesti esuberanti e litigiosi, spesso anche irriverenti. La differenza fra i due sessi allora è palpabile. Fra la sicurezza un po’ sfrontata delle ragazze e la condizione  di un silente disagio da parte dei compagni di sesso opposto. Quale la causa o meglio le cause? Proviamo ad enumerarle. E cominciamo dalla condizione di perdita del valore sociale del maschio a cominciare dalla figura del padre che oggi viene considerato quasi un sopravvissuto, causa la critica spietata verso l’antico potere a lui attribuito nei secoli passati. Cui era legata la condizione di subalternità per non dire quasi di servaggio da parte della donna. Il pater famiglias, come custode degli antenati, del fuoco domestico e del potere economico, è orami un ricordo finito nel disprezzo collettivo. Dunque capovolgendo i rapporti sociali è la donna che merge con tutta la sua forza attrattiva, seduttiva ma senza timidezza. Trasformata oggi in un fare quasi sfrontato che non ha bisogno di infingimenti. Piaccia o non piaccia, così stanno le cose.  Infatti le donne studiano di più e si laureano in stragrande maggioranza. Lo studente maschio, a cominciare dall’inizio dei suoi studi, si inibisce o subisce, perchè si deve sempre confrontare a larghissima maggioranza con le insegnanti donne che fatalmente lo condizionano. Persi i suoi punti di riferimento che normalmente erano gli eroi della letteratura cavalleresca, si sono dovuti adattare al senso della narrazione da sempre patrimonio del genere femminile. Adattare dicevo che a lungo andare vuol dire anche correre il rischio di una perdita di identità.  Tanto che per ovviare a questa deriva, cosa matura nella loro testa.? Il desiderio di abbandonare scuola e studi e affrontare la vita per quello che è. La quale non è mai prodiga di fortune, quando non meritate. Delusione e scoramento a volte determinano la violenza cieca. Espressione di uno stato di frustrazione, che non si finisce mai di criticare. Dal comportamento, passiamo allora a come vestono i due sessi. Moderne al limite dell’impudenza le donne. T short corte e non coprenti, pantaloni attillati, corti o lunghi non importa, ma la cui funzione è quella di esporre la mercanzia.  Gonne rigorosamente bandite, se non quelle cortissime, che più che coprire velano e rivelano. Gli strappi del vestiario colgono la voglia di stupire e questa condizione di sicurezza al limite dell’irriverenza è manifestata anche dal colore dei capelli.  Che si declinano secondo una tavolozza che va dal verde al fucsia per passare al rosso acceso o al giallo limone, toccando tutti le tinte più inverosimili  dello spettro coloristico, secondo quella moda che per chi non è giovanissimo  , come il sottoscritto, non oserebbe chiamare con un termine ormai desueto  di aspetto sobrio. Tutto il contrario i maschi. Grigi nel comportamento ed isolati quasi con atteggiamento passivo nei confronti delle femmine, lo sono anche nel vestire.  Dai colori pochi e scarsi, il loro modo di indossare abiti non esce dai canoni previsti secondo una moda tradizionale. L’importante è non stupire con colori troppo accesi e non atteggiarsi a fenomeno da baraccone cosa che invece le femmine fanno benissimo, diventando a loro attrattiva principale. Ma oggi tutto cambia ed il fenomeno da baraccone diventa un classico ed il classico un baraccone. La sintesi è allora la seguente. Donne sicure e vincenti e maschi intimoriti e perdenti. Questa la sensazione che i due sessi trasmettono. Che allora vi sia una motivazione al cambiamento di genere da parte del maschio che non si identifica con il suo sesso biologico perché non accetta il suo ruolo perdente? E che quindi modifichi il suo modo di ragionare, cercando quello che atavicamente sembrava attirare la sua fantasia, ancorandolo alla condizione di gestire gli eventi e dominare come gli antichi eroi la condizione sociale? E per questo voglia cambiare genere?  Possibile. Sta di fatto che una modificazione antropologica è avvenuta. Ed anche la stessa biologia sembra avallare questa condizione. La donna infatti vive medialmente 7 o 8 anni più dell’uomo e poi le vedove sono da tradizione sempre allegre. Quindi così è o cosi sembra, secondo quanto dimostra la mia osservazione dei ragazzi liceali. Ma obiettivamente per quanto ho detto e ho scritto, c’è un vizio di fondo. Infatti chi ha osservato gli eventi è ancora ancorato al suo genere maschile, che non desidera cambiare. Quindi non consideratelo attendibile.

Una mutazione antropologica

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