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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Valori, pseudovalori, controvalori e disvalori

Da un dibattito politico promosso dall'associazione piacentina dei Liberali lo spunto per una riflessione sui valori della vita

Qualche giorno fa in una riunione politica nella sede dell’associazione liberali L. Einaudi di via Cittadella 39, gli onorevoli Foti e Guidesi, in qualità di relatori ospiti, hanno affrontato diversi temi sui quali in sostanza gli italiani si uniscono e più spesso si dividono, riguardanti le prospettive politiche, a loro volta basate sui cosiddetti valori di vita. Essendo quella dei valori la premessa da cui nascono le convinzioni politiche e conseguentemente i comportamenti sia in campo civile, morale e religioso. Una parola, questa dei valori, di cui nella nostra società si usa e si abusa, a dimostrazione che su questi temi esiste, oggi, una convinzione poco certa. Che sarebbe meglio definirla come confusione, perché quando si esagera a parole, si diventa carente nei fatti. Cosicché in questa bulimia parolaia, ognuno si sente autorizzato a rivendicare per sé una propria verità appunto perché basata, detto con una voluta assonanza, sull’abusata parola, valevole per tutti gli usi.

Comunque, ritornando alla riunione, una volta esplicitate con chiarezza da parte dei due relatori ospiti le loro idee politiche e le relative proposte, con risultati più che condivisibili da parte di tutta l’assemblea, una volta aperto il dibattito col numeroso pubblico, anch’io ho domandato ad entrambi se i valori che condizionano la loro scelta politica possano oggi competere con i (contro)valori di chi professa idee diverse. Spesso opposte, visto che la maggioranza politica, oggi esistente nel Paese, sembra propendere proprio in quest’ultima direzione.

Scontata la risposta da parte dei due politici, che così sintetizzo. Nessuno dubbio che la ragione stia dalla nostra parte. Quella per intenderci della tradizione che in politica spesso prende il nome di conservazione. Intesa come salvaguardia (si è citato proprio questo esempio) di quanto di buono ci è stato tramandato dai nostri genitori e che noi a nostra volta vogliamo trasferire ai figli. Trattasi in sostanza di nome di educazione e di comportamento di un modello di società in cui crediamo.

Alcuni esempi? La famiglia, argomento in questi tempi di forte richiamo e di dibattito politico, che fondato sul rapporto tradizionale fra uomo e donna, sembra subire attentati a questo caposaldo della vita sociale, un tempo considerato insostituibile ed oggi vacillante di fronte alle nuove convinzioni ed opportunità offerte dalla tecnica e dal cambiamento di mentalità. Infatti in relazione alla discussione in Parlamento sulla norma giuridica che disciplina le unioni civili fra individui dello stesso sesso e conseguentemente il diritto dell’adozione da parte della coppia del figlio di uno dei due contraenti l’unione (non mi viene di chiamarli coniugi, né tanto meno di usare una parola oggi in disuso come matrimonio), assistiamo ad un bel cambiamento in fatto di usi e costumi.

Anche perché la differenza di genere oggi si è fatta più complicata, con l’aggiunta di un terzo e un quarto genere che reclama uguali diritti e doveri dei primi due, considerati (ma fino a quando?) ancora maggioritari. Si aggiunga poi il desiderio, da interpretare spesso come un diritto, da parte di coppie omosessuali, di avere un figlio attraverso l’inseminazione in un utero mercenario (o in chiave maschile di uno sperma) che dopo adeguato contratto economico, offra il supporto biologico necessario al raggiungimento del fine desiderato. Il ché, pur non volendo negare a priori il desiderio autentico di amore da parte del o dei contraenti, rimanda comunque al sospetto che la maternità si riduca ad un puro atto di mercato. Pari alla  compravendita di un qualsiasi oggetto, essere umano incluso.

Ma ritorniamo alla nostra riunione politica e facciamoci una domanda. Perché oggi queste nuove opportunità offerte dalla scienza, riguardo ai cambiamenti di genere e alla costituzione della famiglia, sembrano qualificarsi come idee progressiste e  suscitare sostegno da parte dell’intellighenzia da sempre alleata con le forze di sinistra? Mentre la cosiddetta destra, tacciata di conservatorismo e reazione, si trova nella condizione difficile di doversi difendere di fronte al nuovo mito, almeno così viene proposto, basato sulla convinzione che tutto quanto deriva dal progresso sia buono e condivisibile? Cosicché nell’interpretazione teologica della storia, cara al filosofo A. Del Noce, la vita e la politica divisa fra progressisti e conservatori, in realtà diventa l’occasione buona per separare i buoni dai cattivi.

In sostanza, sono buoni a prescindere i progressisti, cattivi (sempre a prescindere) i conservatori, chiamati anche per evidenziarne meglio il loro stato di inferiorità culturale, in tono alquanto dispregiativo, reazionari. Per rispondere alla domanda, bisogna scomodare la questione etica. Termine questo da cui discendono (o dovrebbero discendere) i concetti di bene e male.

Mi offre questa possibilità, proprio la riunione cui facevo riferimento, soprattutto in base a quanto è successo dopo. Infatti a dibattito concluso col pubblico, il pour parler è continuato nel privato. Un amico infatti, durante il breve tratto di  strada percorsa a piedi per raggiungere ognuno la propria destinazione, mi incastra proprio sul tema dei valori. Ecco la sua domanda. Quali sono per te  i valori che si mantengono inalterati nel tempo? Insomma per quali di questi valori, diventa non solo lecito, ma doveroso impegnarsi con la certezza di essere nel vero? E così, non farci condizionare dalle mode e dalle etichette che con una certa presupponenza, ci vengono applicate addosso, parlo di noi tradizionalisti e conservatori, da parte dei cosiddetti progressisti, sostenitori dell’evoluzione del mondo e della società?

Dai tempi di Eraclito tutto cambia, essi dicono, solo che oggi, tramite le scoperte scientifiche, il cambiamento è molto più rapido, quasi vorticoso. Bisogna quindi farcene una ragione e lasciarci trasportare dagli eventi, perché in questi c’è una ragione e forse anche la verità. Ehm, troppo impegnativa la risposta, anche perché  troppo breve il percorso. Ci provo però adesso, prendendola un po’ da lontano. Comincio allora col dire che dentro ogni uomo c’è ”un di più” che non si identifica con la sua componente biologica. Che insomma sfugge alla sue capacità razionali. Definirla in altro modo, se non come mistero, non mi riesce. Dunque, se la prendiamo per buona (questa premessa), bisogna convenire che esiste da sempre un mistero che trascende la nostra condizione umana  e sul quale possiamo dare risposte diverse. Le prime due riguardano Dio e l’uomo, la terza l’uomo in quanto scienza. Cominciamo con Dio, soluzione per la quale propendo.

E’ Lui che ci ha infuso il mistero ed insieme la libertà di cogliere  o di non cogliere la verità. In essa infatti sono contenuti i valori etici, legati alla coscienza di ognuno, in cui si evidenziano bene le differenze fra bene e male, onde spiegare l’origine da cui proveniamo ed il fine ultimo cui tendiamo. Al quale fine uniformare conseguentemente la nostra condotta, per ottenere in cambio una nuova vita. Eterna. Si oppone a questa convinzione quella agnostica o atea per la quale è la ragione che nel corso della storia ha creato le condizioni del vivere. Al fine di costruire una società dei diritti e dei doveri uguali per tutti, in cui la stessa etica si è radicata nelle coscienze attraverso la legge, intesa come necessità per il raggiungimento del bene sociale. Dio sostituito da una dea, che in realtà è la ragione di matrice illuminista, rivela però, come teoria, un limite. Perché per quanto etimologicamente ragionevole, non riesce a realizzare lo scopo primario per la quale si è costruita.

Quello di sconfiggere definitivamente il mistero che invece  si ostina a rimanere all’interno del pianeta uomo, specie nei momenti cruciali , tipo morte o malattia, della vita. Quando, come una sorgente in un terreno carsico, riemerge a mordere la coscienza a dimostrazione del persistere di un mistero che l’uomo è per se stesso e per gli altri. La terza ipotesi riguarda invece l’uomo scientifico che ha  abbandonato (o sta abbandonando) la sua componente umana, in favore di una evoluzione del progresso che edificherà una nuova figura di uomo- macchina. O meglio (o peggio) di macchina- uomo. Trattasi, essi ribadiscono, del trionfo della tecnica, destinata a eliminare l’etica, già ora in condizioni di difficoltà, nel  giustificare certe scoperte che aprono a scenari sempre più avveniristici. 

E, a proposito delle remore oggi esistenti pur con accenti  diversi da parte dei vari strati dell’opinione pubblica, riguardo il cosiddetto utero in affitto, citano il seguente esempio. Domani potrebbe comparire l’utero artificiale e a quel punto ogni riserva di natura etica sul problema nascita, non avrebbe più alcuna ragione di essere. Dunque la tecnica è destinata a diventare la padrona assoluta dell’etica ed il mistero sconfitto, si porterà con sé i vecchi valori, diventati nient’altro che disvalori o pseudo valori. In un precedente articolo, invitando a mo’ di provocazione la scienza a far presto, onde farci uscire al più presto da questa palude, indeterminata e  confusa fra  essere e  non essere, o fra valori e disvalori, parlavo di de-creazione cui ci condurrà la tecnologia, allorché si affrancherà da qualsiasi confinamento etico. 

Finchè…Finchè, allora dicevo e così mi auguravo, arriverà  un bambino, magari nato in provetta, ma ciononostante, per via misteriosa, capace di denunciare l’assurdo cui siamo precipitati. Perché di fronte al re-uomo o meglio al dio- uomo, tronfio per essersi illuso di aver sconfitto il mistero, si accorgerà che in realtà, il re è nudo. In tal modo una nuova foglia di fico entrerà nella storia a beneficio di un’umanità empia e deviata, per ricominciare un nuovo ciclo creativo. A questo punto, mi rendo conto che alla ragione della ragione, non posso far altro che contrapporre, quella del cuore. Per questo quel “di più cui” cui ho basato la mia risposta non convincerà il mio amico. Anche se  il mistero, per essere tale, non deve convincere. E allora, così sia.

Valori, pseudovalori, controvalori e disvalori

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