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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il tarlo scemo

Il tarlo scemo

A cura di Nereo Trabacchi

Storia vera di una (s)fortunata presentazione…

Era il giugno del 2008… Una bellissima e calda giornata di sole. La non più giovanissima contessa Eunice Sesterzi Felicini Rambaudi Minelli Etichetta Oro, mi invitò nella sua bellissima villa di Cremona per intrattenere le sue amiche presentando loro il mio ultimo libro

Era il giugno del 2008… Una bellissima e calda giornata di sole. La non più giovanissima contessa Eunice Sesterzi Felicini Rambaudi Minelli Etichetta Oro, mi invitò nella sua bellissima villa di Cremona per intrattenere le sue amiche presentando loro il mio ultimo libro. Con abbronzatura cafona, camicia bianca e pantaloni di tela, scapottai il tetto della macchina e inforcati gli occhiali, sfrecciai verso Cremona godendomi il sole con i capelli al vento. Varcato il cancello della tenuta, percorsi altri cinque chilometri prima di arrivare alla porta della villa dove la contessa Eunice Sesterzi Felicini Rambaudi Minelli Etichetta Oro, mi stava aspettando sorretta da un inserviente indiano…

La non più giovanissima padrona di casa, con un braccio si appoggiava all’umile servo, mentre con la mano ancora per poco attaccata all’altro, teneva una mascherina di gomma sulla bocca per prendere ossigeno da una bombola su rotelle che la seguiva apparentemente ovunque. Scesi dalla macchina con passo modaiolo, e in corsetta leggera sui miei mocassini in vacchetta grassa, mi diressi verso l’Eunice per farle il baciamano.

Il servo l’anticipò dicendo: «La contessa oggi fatica a parlare, ma le dà il benvenuto…»
«GRAZIE, SONO MOLTO CONTENTO DI ESSERE QUI…» risposi alzando la voce.
«Ho detto che non può parlare, non che è sorda…» ribatté il servo mentre mi guardava stranito.
«Certo, mi scusi…»

A quel punto la contessa Eunice Sesterzi Felicini Rambaudi Minelli Etichetta Oro, tolse la mascherina dalla bocca e con uno sforzo enorme, prima puntò il dito ossuto verso di me come a volermi lanciare un maleficio, poi disse: «Santoiddio Trabucchi, ma cos’ha lì, sulla camicia, delle feci?»
Abbassai lo sguardo e capii che aprire il tetto della macchina per fare il fenomeno non era stata un grande idea. Uno stormo di uccelli mi aveva usato come autogrill durante il volo, lasciandomi una raggiera di guano che sarebbe basta a concimare un vaso di gerani pelargonium per l’intera primavera.
«Oh, perbacco contessa, posso confermare. Sono feci, feci freschissime…» riuscii solo a dire. «Meno male che ho una polo di ricambio in macchina. Mi scusi un istante.»

Il motivo però, per cui avevo una t-shirt in macchina, era perché regalatami la sera prima, avrei dovuto cambiarla essendo di due taglie in meno… Ma l’alternativa sarebbe stata solo la livrea di ricambio del servo, così mi strizzai nella maglietta e tentai un miracolo con l’acqua sui pantaloni. Quando raggiunsi in giardino le “ragazze”, tutte aggrappate a una tazza di tè, mi presentai con le spalle crocifisse in una maglietta, che non solo mi stava ovviamente da cani, ma mi facevano una seconda piena di seno, lasciando intravvedere una riga di peli nella fettuccia di pancia che fuoriusciva…

Come mi avvicinai cercando di essere il più sciolto possibile, pestai il bisogno di un cane che non avevo ancora visto aggirarsi nei paraggi… Nessuno fece una piega, così, fingendo di non essermene accorto, camminavo avanti e indietro sull’erba, salutando allegramente, e imprimendo una rotazione al tallone che mi faceva da perno a ogni cambio di direzione, affinché l’escremento si staccasse dalla suola.

Chiaramente questo mi dava un’andatura zoppicante e incerta, e ovviamente non contribuivano i tre bicchieri di vino bianco gelato, ingollati al volo, con una duplice tragica conseguenza: lancinanti fitte intestinali e orribili aloni scuri sotto le ascelle. Presentai il libro sudato come un beduino, stretto in una maglia rossa, e sudata, con pantaloni macchiati e un piede caprino… Un vero successo che conferma la regola della (s)fortuna calpestata…

Storia vera di una (s)fortunata presentazione…

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