rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Canicattì, una bella e florida cittadina a dispetto del modo di dire nordista

Ed è anche sede di “Kaos”, il Festival dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana

C’era una volta e c’è un nome che pronunciato suona ancora misterioso, quasi minaccioso quando si vuole penalizzare qualcuno, ridicolizzarne gli argomenti o lo si vorrebbe inviare in un posto lontano, irraggiungibile. Talmente lontano da dubitare potesse realmente esistere. Qualcuno crede sia un modo di dire e che non possa veramente denotare una concreta realtà geografica. Il nome è canicattì (in minuscolo perché non identificativo di un luogo preciso). A questo nome vengono associati vari modi di dire: “…ma vai a Canicattì”, oppure: “credi ancora a canicattì?” dove il termine Canicattì, assumeva ed assume il significato fantasioso che si attribuisce e certi personaggi leggendari, come dire: “credi ancora a Babbo Natale?”.   

Quindi canicattì come un non-luogo, un altrove, un arcano mistero linguistico. Ebbene adesso credo ne siano tutti convinti, quel luogo esiste davvero non è una mitica Samarcanda ma una florida cittadina dell’entroterra agrigentino di ben più di trentacinquemila abitanti, da scrivere in maiuscolo!

I modi di dire non nascono certamente a caso, hanno comunque sempre una radice storica. In questo caso la sua nascita è dovuta alla costruzione della ferrovia che nel 1876 terminava proprio a Canicattì. Pensate allora cosa voleva dire, in assenza di qualsiasi confort, un viaggio in treno da Milano a Canicattì, che impiegava dalle 24 alle 36 ore!  -Trimestralmente l’ho affrontato, quel viaggio, da Piacenza a Racalmuto (15 km dopo Canicattì) dal 1978, fino alle soglie del terzo millennio, con la Freccia del Sud (il Milano Siracusa-Agrigento, treno esistito dal 1953, soppresso nel 2010)- . In “Conversazioni in Sicilia” di Elio Vittorini troviamo momenti che narrano di un simile lungo viaggio in treno. La Freccia del Sud ha rappresentato anche la storia dell’emigrazione, treno simbolo di un lungo periodo storico e letterario, perfino treno oggetto e soggetto di polemiche politico-musicali: “Il treno che viene dal Sud” di Sergio Endrigo è stata scritta come risposta a “La donna del sud” di Bruno Lauzi!

Canicattì come luogo comune persiste nel linguaggio corrente nonostante (o proprio per questo) in quella città fosse nata nel 1922, la Secolare Accademia del Parnaso che si occupava goliardamente di ribaltare proprio i luoghi comuni. Non a caso aveva come proprio simbolo l’asina, considerata simbolo di saggezza.

Queste riflessioni sono frutto dell’essere stato in questi giorni a Canicattì. In uno dei luoghi più belli della città: Il Centro Culturale San Domenico, un antico monastero domenicano del 1609, ristrutturato mirabilmente dall’architetto Paolo Portoghese e da qualche anno ritornato a nuova vita.

Canicattì, come tutta la Sicilia è il luogo delle più struggenti contraddizioni, all’ottimo recupero del convento menzionato, non a caso si contrappone (o giustappone) a qualche chilometro dal centro abitato Villa Firriato, una villa dei primi del 900 appartenuto al Barone Lombardo e costruita dall’architetto Basile, un gioiello del Liberty: porte e pavimenti divelti, perfino pesanti blocchi di pietre murarie asportate o danneggiate, il tutto circondato da rifiuti di ogni genere. Difficile, se non impossibile, in qualsiasi altra parte del mondo vedere tanta bellezza così oltraggiata. Ma siamo in Sicilia, dove una frase di una nobildonna, tratta da un romanzo di Dacia Maraini, suonava pressappoco (vado a memoria) così: l’inferno è Palermo senza le pasticcerie!

E dire che avevo iniziato a scrivere per riportare un fatto di cronaca positiva: a Canicattì si stava svolgendo una bellissima iniziativa: Kaos - il Festival dell’editoria, della Legalità e dell’Identità siciliana. Un festival itinerante che vede tante piccole case editrici e tanti artisti dare vita per tre giorni ad una serie di conversazioni letterarie, incursioni musicali, momenti teatrali.

Libri portati tra la gente, performance teatrali, tanta partecipazione, musica e video, un pubblico che religiosamente si è sentito coinvolto e silenziosamente ha seguito tutti i momenti che si sono, ad un ritmo frenetico, susseguite.

Il momento dedicato alla legalità ha visto la premiazione dell’imprenditore Giuseppe Pirraino, un giovane imprenditore che ha denunciato e fatto arrestare i suoi estorsori. Sono state ricordate due figure notevole, figli di questa terra, Rosario Livatino ed Antonino Saetta (presente la figlia), due magistrati assassinati dalla mafia.

Un particolare. Alle 18,30 era stata comunicata come da programma, tra i tanti scrittori, la presenza di Gaetano Savatteri, premiato per il libro “Il delitto di kolymbetra”, alla stessa ora, nello stesso giorno, la sua presenza era stata annunciata da pubblici manifesti anche al Circolo Unione di Racalmuto, dove si sarebbe presentato il libro di Silvano Nigro “La funesta docilità”. Un disguido, considerato che la scrittura non può fornire il dono dell’ubiquità? Credo più realisticamente, non si sia trattato di una svista, ma un modo come un altro per affermare la relatività del tempo, così comune da queste parti e da tutti concepita e praticata.

 Siamo sempre a Canicattì, dove si svolge un festival letterario, dove c’è stata anche la famosa Accademia del Parnaso che nel  suo Statuto recitava: «Il Parnaso, Accademia di Scienza, Lettere ed Arte, non fa ad alcun socio l'obbligo di essere intelligente…  Anzi». Ebbe questa Accademia, per sarcasmo e ironia, risonanza nazionale e suscitò le simpatie di molti, perfino di Pirandello che venne nel 1927 a Canicattì a rappresentare al Teatro Sociale (ancora esistente) “Sei personaggi in cerca d’autore” e diversamente non poteva essere!

Canicattì, una bella e florida cittadina a dispetto del modo di dire nordista

IlPiacenza è in caricamento