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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Da un semplice matrimonio a… cittadini del mondo

Si sa che il matrimonio è una cerimonia che sancisce la stipula di un contratto in termini giuridici, la celebrazione di un sacramento in termini religiosi, il gesto di due persone che condivide pubblicamente, con tutta la comunità di appartenenza, o solo alla presenza dei testimoni, un rapporto sentimentale.

Intorno al matrimonio si è scritto di tutto e di più, esiste una vasta letteratura che riguarda tutte le epoche e tutte le civiltà. Motivo per cui non mi dilungherò sul tema in generale ma mi soffermerò su un solo matrimonio, un evento cui ho assistito questa estate. Si sa che ogni estate è caratterizzata da un evento particolare, da giovani il classico innamoramento che resterà in memoria come una dolce esperienza sentimentale, da adulti ci sarà qualche altro incontro, sicuramente di diverso genere, che si aggiungerà all’album dei ricordi nella nostra memoria. Questa mia estate è stata una stagione turbolenta, triste e dolorosa per un verso, ricca d’ incontri e di eventi dall’altro. C’est la vie: banale e prevedibile, eccezionale e straordinaria.

L’avvicinarsi della bruma autunnale, rende più vividi i momenti luminosi e caldi dell’estate. Di questa estate, i colori ed i suoni di una cerimonia matrimoniale, sono tra i ricordi da condividere perché esula dall’esperienza personale per assumere caratteristiche proprie di un’epoca come la nostra, dove anche una semplice cerimonia può diventare la cartina di tornasole di una fluidità socio-antropologica che caratterizza la nostra contemporaneità.

“Moglie e buoi dai paesi tuoi”: la diffidenza verso le persone di luoghi diversi dal nostro, con usi e costumi differenti, portava a chiudersi nei confini nella propria comunità, anche se costituita anche da solo poche unità familiare. Di contro, scardinando qualsiasi tradizione, un matrimonio intercontinentale.

A Menfi, un paese che si affaccia su una spiaggia sabbiosa costellata di vigneti, nella costa meridionale della Sicilia, si è svolto un matrimonio, come già accennato, un matrimonio che per descriverlo basta partire dalla serata finale della cerimonia quando su uno schermo si sono materializzati tanti ragazzi che hanno fatto ciascuno nella propria lingua, gli auguri agli sposi.

“Buon matrimonio” la prima frase beneaugurale, buon matrimonio ripeteva da Milano un ragazzino che aveva mostrato anche un colorato disegno, poi un susseguirsi ininterrotto di auguri da ogni paese d’Europa, la provenienza potrebbe essere facile per alcuni, credo difficile per i più: best wishes to the bride and groom, felicitations aux mariés, felicidades para os noivos, ¡Vivan los novios! najlepsze życzenia dla panny młodej i pana młodego, cele mai bune urări mirelui și miresei.

Per ritornare alle località di provenienza dobbiamo aggiungere alle lingue citate quelle di altri continenti, visto che sono arrivati auguri dagli Stati Uniti, dal Canada, dall’Australia e dulcis in fundo, ma non per ultimi dal continente africano, dal Camerun precisamente.

Perché tutto questo cosmopolitismo? Forse basterebbe dire che la sposa è sì di origine e formazione siciliana ma che ha lavorato appena maggiorenne in alcuni paesi europei, ha conosciuto lo sposo a Parigi, ma anch’egli, anche se oggi cittadino francese, di origini camerunensi.  Ma non basta! È l’incontro di culture diverse che rende l’evento unico.

La funzione religiosa si è svolta in chiesa officiata da due preti: uno, venuto appositamente da Parigi, di origini africane, che ha officiato in francese, l’altro della stessa parrocchia menfitana: un’omelia bilingue ne ha sottolineato la ritualità. Dire che il rito fosse bilingue è riduttivo, perché si è mischiato alle due lingue europee un linguaggio sonoro e gestuale tipico di una lontana cultura di lontane terre africane.

Un’Africa che meglio di qualsiasi altro continente sa esprimere i propri sentimenti con sonorità ritmiche accompagnate dal battito delle mani e dai movimenti del corpo. Credo che il matrimonio sia uno degli eventi di una comunità dove meglio e più liberamente si esprime la gioia di vivere e la fiducia nel futuro. Se Trieste è stata la prima città gemellata con Douala, Menfi può, in questo caldo giorno d’estate vantare la più nutrita rappresentanza camerunense in Italia. Finita la funziona religiosa un corteo multietnico percorreva la via che dalla chiesa conduce alla piazza del paese, un vero palcoscenico dove lo sguardo spazia fino all’orizzonte dove il mare ed il cielo si fondono in un intenso azzurro. Se ne ricorderanno gli abitanti ignari che si affacciano dalle finestre, attirati dal suono di canti incomprensibili ma allegri e festosi.

In fondo è stata una semplice cerimonia privata di gente giunta da ogni parte d’Italia, d’Europa e dall’Africa. Niente di eccezionale, ho solo trascorso una giornata di questa estate, in uno sperduto paese di un’isola mediterranea, per assistere ad un rito tradizionale, una cerimonia nuziale.

Malgrado tutto e nonostante le moderne teorie antropologiche e sociologiche di Marc Augé e di Zigmunt Baumann, i non-luoghi e la società liquida dovevano quel giorno fare un passo indietro e mostrare l’altra faccia della medaglia: la positività della globalizzazione! Menfi, un luogo dove all’incertezza del mondo contemporaneo si era sostituita, almeno quel giorno, la certezza della costruzione di una nuova società multietnica, un nuovo mondo senza confini e di un uomo nuovo finalmente cittadino del mondo!

Da un semplice matrimonio a… cittadini del mondo

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