rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Da Verdi a Manzoni, da Manzoni a Sciascia. Considerazioni su “La funesta docilità” di Silvano Nigro

La Storia della Colonna Infame sarebbe potuta essere stata scritta anche a Piacenza

Chi visita villa Verdi a Sant’Agata nel comune di Villanova, trova traccia della profonda ammirazione che ebbe Giuseppe Verdi nei confronti di Alessandro Manzoni, infatti si trova ancora visibile l’involucro dei fiori che Il Musicista raccolse sulla tomba dello scrittore. Tanta era l’ammirazione che Verdi nutriva nei riguardi dello scrittore. Non era sicuramente il solo e non lo rimarrà negli anni futuri. I due si erano incontrati a Milano il 30 giugno 1868, un solo incontro che resterà indelebile nel ricordo di Verdi che lo avrebbe voluto frequentare maggiormente. Accomunati dallo stesso amore patriottico furono ambedue, in anni diversi, Senatori del Regno d’Italia. Nessuno ci vieta pensare che il Verdi avesse soggiornato il giorno precedente a Piacenza, com’era solito fare quando si recava a Milano, all’Albergo di via San Marco. Erano trascorsi venti anni dall’annessione di Piacenza al Regno Sabaudo, che per questo si era meritata il titolo di Primogenita da Carlo Alberto, avvenuta nel maggio del 1848; ne passeranno altri tre di anni dalla morte di Manzoni avvenuta nel maggio del 1873.

Il mese di maggio è stato fatale allo scrittore che quel mese aveva immortalato nell’ode dedicata a Napoleone. Verdi rimase talmente copertina-22addolorato dalla morte del Manzoni da non potere assistere al suo funerale, ma gli dedicherà l’anno appresso il famoso “Requiem”. Anche qui nulla vieta pensare che per scrivere questa Messa non si sia ispirato proprio al quadro dello Scaramuzza “La Vergine Assunta”, anche se c’è chi sostiene che quest’opera avesse ispirato “La Vergine degli Angeli” della Forza del destino. Di sicuro rimane il fatto che il quadro in questione era allora, e tuttora si trova, nella Basilica di Santa Maria delle Grazie e San Lorenzo di Cortemaggiore (già capitale dello Stato Pallavicino). Il Verdi era solito soffermarsi nella Collegiata, di fronte a quella tela si tramanda avesse affermato di “sentirne la musica”. La bravura di Francesco Scaramuzza è confermata dall’essere stato tra i migliori illustratori di Dante.

Abbiamo visto come letteratura, musica e pittura, si sono incontrate e mescolate parlando di in un semplice incontro, avvenuto nel lontano 1868 a Milano tra Verdi e Manzoni. In un’opera che ho letto recentemente, grazie ad un incontro con lo stesso Autore, avvenuto al Circolo Unione di Racalmuto, avviene l’identico miracolo. L’autore è Salvatore Silvano Nigro, critico letterario e maggiore studioso del Manzoni in Italia, il libro: “La funesta docilità” (Sellerio editore – 2018).

Così come Francesco Scaramuzza era stato il migliore illustratore dell’opera di Dante, Guttuso è stato il migliore illustratore dei Promessi Sposi. Non sono io a dirlo ma lo stesso Nigro: “Guttuso non ha illustrato i Promessi Sposi, ha disegnato un saggio critico a lente e minute scansioni… ha reso reciprocamente comunicabili (senza forzature e sovraccarichi ideologici) la coscienza novecentesca e la vita tragica del Seicento milanese così come era stata raccontata nel romanzo”. Pittura e scrittura ancora una volta, ce ne fosse di bisogno, si incontrano, si integrano, si fondono. Alessandro Manzoni, inizia a scrivere il suo capolavoro nella villa di Brusuglio, a pochi chilometri da Milano ed ha con sé alcuni libri, tra cui un saggio del piacentino Melchiorre Gioia, formatosi al Collegio Alberoni, che contiene una grida del seicento del Governatore di Milano che condanna chiunque impedisca la celebrazione di un matrimonio.

Va ricordato come la peste di Milano che viene descritta nei Promessi Sposi si era abbattuta anche su Piacenza, dove su trentamila abitanti, tredicimila ne furono colpiti direttamente, altri seimila morirono per malattie similari e per fame. Quindi le opere manzoniane sarebbe potute essere state ambientate e scritte anche a Piacenza. E la caccia all’untore avvenire anziché in via Corso Ticinese a Milano in via Cittadella a Piacenza. La Storia della Colonna Infame sarebbe dovuta essere l’appendice e la logica conclusione dei Promessi Sposi, in quest’opera ne troviamo infatti i presupposti. I Promessi Sposi “E’ un libro insomma che inquieta la coscienza laica come la coscienza cattolica… E davvero non c’è nella nostra letteratura libro più inquietante.  E se poi vi aggiungiamo la Storia della Colonna Infame, come bisogna aggiungerla, l’inquietudine può arrivare all’insonnia”. (L. Sciascia: I cattolici allergici al cattolico Manzoni, 1973).

Il titolo del libro, arcano a prima vista, quasi un ossimoro, acquista un significato preciso quando ci si rende conto della storia o meglio delle storie cui tratta.  La funesta docilità è una colpa di condiscendenza: l’attitudine a conformare il proprio stato d’animo alla convinta passionalità della moltitudine. In altre parole adeguarsi ai luoghi comuni, lasciarsi trasportare dalle convinzioni popolari, financo a partecipare alle azioni collettive talvolta anche violente. Questo è quello che fa Renzo quando fa sua l’opinione della massa fanatica nella rivolta milanese. Il popolo è spesso un cattivo tribunale, lontano dalla ricerca della verità ed ancora di più dalla giustizia. Il Popolo ed in tempi a noi più prossimi i Partiti che lo rappresentano. Come per il caso Moro, le cui responsabilità furono sì dalle Brigate Rosse, cui diedero una mano, consapevolmente o meno, i Partiti della cosiddetta fermezza (D.C. e P.C.I.).

Nigro dedica il libro a Sciascia, insieme ad Elvira Sellerio e Giorgio Manganelli, considerati suoi maestri. Sciascia nello scrivere la Relazione di minoranza della Commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Moro, come nello scrivere l’Affaire Moro, tenne sempre presente Manzoni e la sua Storia della Colonna Infame, per la sua viscerale e cerebrale vocazione a far luce “congiunta tra verità e giustizia”. Il libro di Nigro è un saggio più che un romanzo: narra la storia dell’uccisione avvenuta a Milano, a due passi della Casa del Manzoni, che vi assistette, del Ministro delle Finanze del Regno Napoleonico Giuseppe Prina.  E' l'episodio cui si è ispirato il Manzoni per l'assalto ai forni nei Promessi Sposi. Il popolo “giustiziava” in malo modo un rappresentante prossimo del Potere, la cui sola colpa era stata quella di avere applicato scrupolosamente la tassazione decisa dal potere politico.  

Il libro è accattivante anche per la completa scelta iconografica, vi sono le stampe volute e scelte dallo stesso Manzoni per la pubblicazione della prima edizione del suo romanzo, sia riproduzioni successive come l’ultima di Mimmo Paladino del 2016, usata anche per la copertina.

 Ricordiamo che l’autore martedì 5 febbraio alle18  sarà protagonista a Biffi Arte (via Chiapponi) della presentazione del suo libro “Piacenza, le sue frazioni e altre storie”

Da Verdi a Manzoni, da Manzoni a Sciascia. Considerazioni su “La funesta docilità” di Silvano Nigro

IlPiacenza è in caricamento