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Giovedì, 25 Aprile 2024
Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

«I libri, il buon senso e il Coronavirus»

“I libri, veri o falsi, della memoria o dell’oblio possono aspettare. Tutti i libri del mondo. La vita è altrove. Anche altrove”. Così termina il racconto “Tutti i libri del mondo” di Gaetano Savatteri compreso nella raccolta “Cinquanta in blu” (otto racconti in giallo – Sellerio 2019). Sarà vero che la vita è altrove, anche altrove, cioè fuori dai libri, da tutti i libri del mondo? Questo il dubbio. Sarà questo dubbio una verità storica o una effimera e semplice manifestazione di scetticismo letterario?

In questo racconto di Savatteri troviamo un parallelo, tra la dimenticanza di Ponzio Pilato, il procuratore di Galilea, in merito al processo di Gesù, e la vicenda di un preciso caso giudiziario capitato ad un certo giudice Sabatini. Come il procuratore romano a proposito del Messia afferma di non ricordare (Gesù? - mormorò- Gesù il Nazzareno? No, non ricordo”). Così il giudice Sabatini a proposito di una condanna inflitta ad un solo imputato, avrebbe dovuto ricordarsi, essendo stati in molti gli imputati coinvolti in una storia di malasanità che, a poco a poco, si erano defilati dal processo. Il giudice ribadisce di non ricordare. Parallelo che scaturisce, quasi spontaneo, da un preciso riferimento letterario, dal libro di Anatole France: Il procuratore della Giudea. Un libro scritto nel 1902. Libro che Leonardo Sciascia ha contribuito a divulgare e che ha considerato un’apologia dello scetticismo.

Dunque Savatteri per farci comprendere bene un episodio contemporaneo (vero o finto poco importa) fa riferimento ad una storia contenuta in un libro di un secolo fa. Libro, quello di Anatole France, che prende le mosse dal libro terzo degli Annali di Tacito. Un episodio della storia romana degli anni venti dopo Cristo. Così da libro a libro, da un’epoca ad un’altra, si cerca una qualche giustificazione storica a dimenticanze che non dovrebbero essere dimenticate: per rilevanza storica, per coinvolgimento personale. Oggi di fronte ad un fenomeno infettivo, come quello rappresentato dal coronavirus, si ricercano nel nostro passato, prossimo o remoto, “pezze d’appoggio”, libri che hanno trattato problematiche simili, cui poter fare riferimento per trovare risposte ai tanti perché che l’infezione ci pone.

E noi li troviamo questi riferimenti. Nel laico Boccaccio, che circondato dalla peste si mette a raccontare leziose novelle nel Decamerone, come nel cattolico Manzoni. Il Manzoni che descrive la peste nei Promessi sposi, ma ancor di più e meglio nella “Storia della colonna infame”, che dei Promessi Sposi ne rappresenta la logica e significativa appendice. Allora potremmo dire che bastano pochi esempi per affermare che la vita non è fuori dai libri, ma è nei libri, ce lo ha spiegato molto bene uno scrittore come Borges il quale sostiene che è stato un solo autore ad avere scritto tutti i libri del mondo. Libri che riprendono storie, sempre le stesse. Chi è costui? Chi è Borges? Un autore che non ha letto nessuno, ma che tutti citano! Concetto ricordato da Savatteri che condivido e mi permetto di estendere: sono sempre più coloro che citano autori che ignorano (quando va bene in parte, spesso in toto).

Duccio_maesta_detail4-2Le storie del mondo sono scritte da un solo autore che ha scritto una sola storia: la storia dell’uomo. L’uomo nasce, cresce e poi muore, sembra lo si sia dimenticato. Tra la nascita e morte, avvengono una serie di fatti più o meno piacevoli, episodi che segnano tappe del percorso vitale. C’era bisogno di un’epidemia a ricordarcelo? A ricordarci che nulla ci è dovuto, né la salute, né la vita eterna. Ponzio Pilato, discutendo con l’amico Elio Lamia, mentre si trovano avvolti dai vapori dello zolfo, nei Campi Flegrei, espone le proprie condizioni di salute: “La mia mente non si è indebolita. Ma la vecchiaia non viene senza un corteo di dolori e di malattie”. In quel “corteo di dolori e di malattie” c’è riassunta in pochi termini essenziali la condizione della vecchiaia. Vecchiaia, termine che si tende a sostituire con terza età, età matura, perfino a rasentare il ridicolo con la definizione di diversamente giovane.

Cerca con le cure delle terme sulfuree, Ponzio Pilato, di alleviare i malanni della vecchiaia. Cioè di continuare a vivere e continuare a vivere bene, nel senso di aggiungere vita ai giorni, non giorni alla vita, come sostiene Enzo Bianchi, il fondatore della Comunità di Bose. Perché “Non è vero che sei vecchio/ se il tuo cuore freme e batte… s’invecchia solo un giorno prima di morire” come sostiene il poeta Ignazio Buttitta. Ponzio Pilato cerca nel “buen retiro” della sua tenuta in Sicilia di vivere con filosofia, quella filosofia che così “poca parte ha nell’azione degli uomini che governano”.  Uomini che governano, quindi governatori, nel senso pieno del termine, che si comportano con superficialità, vedasi l’uscita del governatore del Veneto che con una sua frase ha offeso un intero popolo o come lo scoordinato spettacolo in diretta con la mascherina del governatore della Lombardia. Peggio si comportano, quando con determinazione, gli stessi governatori privatizzano la sanità. Allora la discussione è giusto che si sposti, mettendo da parte una apparente contrapposizione tra vecchiaia e giovinezza, che potrebbe interessare la statistica ed il calcolo delle probabilità, e si ponga l’accento su una massima filosofica elementare, in questa come in tante altre occasione: usiamo il buon senso, perché come ci ha insegnato Goya in una sua splendida acquaforte “El sueño de la razón produce monstruos”.

Carmelo Sciascia

«I libri, il buon senso e il Coronavirus»

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