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Libertà di pensiero

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A cura di Carmelo Sciascia

Il “Sistema” Palamara e la Magistratura

a sensazione che prende il sopravvento finita la lettura della lunga intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara è una sensazione di profondo disagio

Quando si chiude l’ultima pagina di un libro ci rimangono sempre delle sensazioni, positive o negative, che ci ha comunicato, consapevolmente o meno, chi quelle pagine ha scritto. La sensazione che prende il sopravvento finita la lettura della lunga intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara è una sensazione di profondo disagio. La sensazione che è avvenuto qualcosa di molto losco in uno dei massimi poteri dello Stato, il Potere Giudiziario, ci pone in uno stato, dapprima di dubbioso sospetto su tutto e verso tutti, poi in uno stato di conclamata paura. Paura per le conseguenze che il ruolo del cosiddetto Sistema gioca nelle scelte delle massime cariche della Magistratura. “Il Sistema” (Rizzoli – 2021) è una lunga intervista del direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti all’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara. Iniziamo col chiederci allora cos’è il cosiddetto Sistema. Secondo il Nostro “Le correnti sono il centro del potere” che governano sia l’Associazione nazionale magistrati (un organismo sindacale), sia il Consiglio superiore della magistratura (l’organo di autogoverno dell’ordine giudiziario); le correnti sono formate da Magistratura democratica, oggi Area, Unicost (unità per la Costituzione), Magistratura indipendente, Autonomia ed Indipendenza. Per governare meglio il Sistema, Palamara sceglie Unicost “un’organizzazione di tipo feudale, è soprannominata nel nostro mondo “Unità per la prostituzione”, data la sua propensione al clientelismo e alla lottizzazione… le altre correnti si dicono vergini ma, in realtà, da questo punto di vista si comportano esattamente allo stesso modo”.  Non c’è episodio rilevante, verificatosi in seno alla Magistratura, dallo sviluppo della carriera ai trasferimenti, che non sia avvenuto nell’ottica correntizia. Sono ben descritti tanti di questi episodi verificatisi degli ultimi venti anni.

Del filosofo francese del Settecento Montesquieu, ricordo di avere letto “L’esprit de lois” la cui tesi si basava sul principio dell’equilibrio dei poteri: “Perché non si possa abusare del potere occorre che ... il potere arresti il potere". Principio su cui si basa qualsiasi sistema democratico così come noi oggi conosciamo. Ebbene di tutto ciò sembra non essere rimasta traccia, tant’è che ad una divisione dei poteri è subentrato un consociativismo nell’amministrazione della giustizia e non solo. Le decisioni dei magistrati risultavano essere prese in accordo con il potentato politico e sostenute da una precisa campagna di stampa, stampa che risulta essersi trasformata da “quarto potere” a stampella al servizio di determinati e precisi poteri. Qualsiasi decisione sulla carriera dei magistrati non ha nulla a che vedere con il merito ma diventa frutto di un compromesso, di una trattativa tra correnti. Le cariche più ambite vengono assegnate durante incontri e cene private, dove si prendono decisioni che non tengono in alcuna considerazione il merito. Magistrati capaci si sono visti scavalcati, in cariche cui aspiravano, da colleghi con curricula meno qualificati. Non solo, ma in seguito a ricorsi, si sono visti negare anche qualsiasi possibilità di far prevalere i loro meriti, perché i loro ricorsi venivano regolarmente respinti. Il Sistema, con la spartizione degli incarichi, nominava all’unanimità e non ammetteva che si potesse mettere in discussione il relativo accordo correntizio che stava alla base delle stesse nomine.

 Non tutti i magistrati si sono allineati a questo modus operandi, qualcuno si è anche opposto, si fanno i nomi di De Magistris, Forleo, Ingroia, Sabella, Sangermano. Si riconoscono le qualità di alcuni Magistrati ma si insinua il sospetto che il Sistema delle correnti non potrà comunque mai cambiare: “La ruota gira ma non diventerà mai quadrata”. Si aggirano nell’intervista, come fantasmi, alcuni nomi di politici e magistrati protagonisti di inchieste giudiziarie, che hanno coinvolto, oltre i diretti interessati, la totalità dell’opinione pubblica: da Why Not (De Magistris) alla Trattativa Mafia-Stato (Di Matteo), dalle inchieste su Berlusconi (lodo Mondadori, caso Ruby) a quelle su Salvini (Patronaggio - Zuccaro).

Procedimenti giudiziari, dove magistrati hanno espresso pareri diversi, spesso contrapposti, perché le leggi, si sa, non si applicano ma si interpretano, in base alla preparazione, alla sensibilità, alla visione culturale e politica del diretto interessato.

Il 9 Ottobre del 2020 Luca Palamara, ex pubblico ministero a Reggio Calabria e a Roma, ex presidente dell'Anm, ex consigliere del Csm, ex dominus della corrente centrista di Unicost, viene radiato dall’ordine giudiziario dal Consiglio Superiore della Magistratura. La sua colpa: tessere trame, pilotare e condizionare in modo occulto l'attività e le scelte del Csm. La cena all'hotel Champagne di Roma dell'8 maggio 2019 doveva sancire l’accordo che stabiliva la nomina, al vertice della procura di piazzale Clodio, di Marcello Viola.

Noi, semplici lettori restiamo amareggiati e storditi di fronte alla storia che l’ex magistrato Palamara ci racconta in questa intervista, una storia di connessioni, di accordi sottobanco, una storia squallida dove gli affari e la politica hanno manifestato tutto il loro potere.

Ma lo spettacolo che ci offre la magistratura è proprio così, come presentato dal Sistema Palamara? E se è vero che spesso le domande condizionano le risposte, quelle di Sallusti non saranno, come sembrano implicare una risposta univoca?

La magistratura sarà in parte anche così come descritta in questa intervista: considerarsi una casta in cerca di raccomandazioni per una promozione o per assicurare la prosecuzione togata alla propria discendenza o la ricerca di uno scambio di favori. Ma non è sicuramente tutta così.

La magistratura credo, sia per la maggior parte composta di uomini preparati, corretti, fedeli al dettato costituzionale che vuole la giustizia indipendente da ogni altro potere ed i giudici soggetti soltanto alla legge. Diversamente non ci sarebbero stati uomini disposti a sacrificare la propria vita per difendere uno stato di diritto che certa politica ha oltraggiato ad oltranza! Ognuno di noi deve fare qualcosa, soprattutto dal punto di vista etico, perché c’è bisogno di moralità, di prendere coscienza e di esercitare il diritto alla cittadinanza, perché come disse Borsellino: - “Possiamo sempre fare qualcosa”: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto -. Aggiungerei nella mente di ogni uomo e donna di questa bistrattata Repubblica!

Il “Sistema” Palamara e la Magistratura

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