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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Intitoliamo una via o una piazza di Piacenza a Bettino Craxi!?!

«Premesso che i corsi e ricorsi storici dovrebbero insegnare a tutti come interpretare e vivere la quotidianità, chiedo di impegnare il sindaco Patrizia Barbieri e la sua Giunta affinché si avvii, nel più breve tempo possibile, la procedura necessaria per l’intitolazione di una piazza o via della nostra città a Bettino Craxi». Questa la mozione presentata il 30 Gennaio da un consigliere del Comune di Piacenza.

Si può oggi, qui a Piacenza, interpretare e vivere la quotidianità facendo appello alla nota interpretazione della storia dei “corsi e ricorsi” del filosofo napoletano Gian Battista Vico?

Credo che un richiamo al Settecento napoletano può essere necessario, ineludibile addirittura, per un piacentino, perché si sa che la storia partenopea del Settecento è connessa a quella piacentina: re di Napoli (e di Sicilia) dal 1734 al 1759 è stato Carlo Sebastiano di Borbone (già Duca di Parma e Piacenza) con il nome di Carlo III, figlio di Elisabetta Farnese che grazie al Cardinale Giulio Alberoni aveva sposato il re di Spagna Filippo V.

Questo il riferimento storico, perché se è lecito un collegamento storico, del tutto arbitrario potrebbe risultare il richiamo al pensiero di Gianbattista Vico, alla sua concezione filosofica per “interpretare e vivere la quotidianità”, quella quotidianità che dovrebbe portare ad avviare l’iter necessario “per l’intitolazione di una piazza o via della nostra città a Bettino Craxi”.

Vico, ad onore del vero, non ha nulla da insegnarci su come vivere la nostra quotidianità: tant’è che il suo pensiero si è prestato a diverse, varie ed opposte interpretazioni.

Una interpretazione considera la sua filosofia come il pensiero di un gesuita conservatore e reazionario al servizio della Chiesa cattolica, i cattolici osservanti lo hanno considerano invece un eretico che tenta di scardinare la concezione lineare della storia, altri infine lo hanno considerato addirittura un progressista rivoluzionario. Quindi, considerato che il pensiero di Gianbattista Vico si presta a varie e contraddittorie interpretazioni, quale di queste interpretazioni dovremmo seguire affinché possa insegnarci “a tutti come interpretare e vivere la quotidianità”?

Forse nel voler fare riferimento ai corsi e ricorsi storici, ci si voleva riferire alla teoria dell’eterno ritorno dell’uguale di Friedrich Nietzsche? Cioè a quella teoria che prende a modello l’Uroboro: il serpente che si morde la coda?

Penso invece ci si trovi davanti ad un semplice tentativo di riabilitare la figura di Bettino Craxi e che per questo fine si siano usati ed ancora si continuino ad usare tutti gli strumenti possibili che la moderna comunicazione di massa mette a disposizione.

A questo credo si sia prestata più che la filosofia, come maldestramente avvenuto con la proposta del consigliere di Piacenza, la stampa, la televisione ed il cinema a livello nazionale (ed internazionale).

Esemplare il caso del film di Gianni Amelio “Hammamet” magistralmente interpretato da Pierfrancesco Favino. Film che va considerato locandina-12-40comunque nella giusta dimensione: un film che riporta gli ultimi sei mesi di vita di un uomo come Craxi, capo indiscusso dei socialisti italiani e già Capo di Governo. Un film che non è una biografia ma che si basa sulla “pietas”, sul rapporto padre-figlia, come dice il regista: "Io racconto sei mesi di vita di un uomo politico importante fino alla sua morte, ma non è un arco narrativo che somigli a una biografia, tutto il contrario. Racconto gli spasmi di un'agonia." Un film che, pare sia stato voluto e finanziato da ambienti socialisti, per finalità politiche, ma che si è rivelato il racconto di una semplice anche se dolorosa agonia umana. E diversamente non si poteva pretendere (nonostante le probabili raccomandazioni e suggerimenti) da un regista che aveva diretto film come “Lamerica” o “Porte aperte”.

Di città che hanno riconosciuto in Craxi lo statista da celebrare credo ne basti una, anche se ho paura se ne possa seguire l’esempio per la propensione tutta piacentina di arrivare secondi. Mi riferisco ad Aulla “comune dedipietrizzato”, città che ha dedicato un monumento alle “vittime di tangentopoli”, un monumento in marmo bianco di Carrara a grandezza naturale a Craxi, oltre ad una piazza (parte della preesistente piazza Gramsci, ) e diverse targhe commemorative.

Craxi rappresentante storico del malaffare della prima repubblica, probabilmente il suo partito non è stato l’unico partito ad usufruire di finanziamenti illeciti, fu sicuramente il capro espiatorio di un sistema, fatto questo che non lo assolve dalle condanne definitive che furono promulgate dai tribunali della Repubblica e che non ne fanno di certo un esempio di eroismo Aulla depietrizzato-2patriottico.

Non dimentichiamo che sotto il Governo Craxi si consumò il taglio della scala mobile, l’aumento del debito pubblico di cui ancora oggi ne paghiamo le conseguenze, i decreti Berlusconi sulle reti televisive, i vari condoni e la politica del cosiddetto CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) che segnò la fine delle conquiste operaie e l’inizio della decadenza della stessa democrazia italiana.

“Ma s'io avessi previsto tutto questo/Dati causa e pretesto, le attuali conclusioni” così l’incipit dell’Avvelenata di Guccini, così la mia ultima considerazione: Bettino Craxi venne dichiarato latitante il 21 luglio del 1995, rifugiatosi ad Hammamet, per sottrarsi alle condanne penali che gli erano state inflitte dai giudici milanesi, muore latitante il 19 gennaio del 2000.

Intitoliamo una via o una piazza di Piacenza a Bettino Craxi!?!

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