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Libertà di pensiero

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A cura di Carmelo Sciascia

La scienza, la politica e “La terra dei cachi”

Elio e le Storie Tese che nel 2008 si esibirono al Fillmore di Cortemaggiore (io c’ero!), avevano portato a San Remo, qualche anno prima (più si invecchia più il tempo si accorcia: era appena il 1996), una bellissima canzone “La terra dei cachi”. Canzone che si aggiudicava il secondo posto, in realtà risultava essere la vincitrice morale del Festival. Parafrasando “Cantami, o diva, del pelide Achille l’ira funesta”, si potrebbe dire che Elio cantava l’ira funesta dei mali d’Italia. Dagli attentati impuniti all’abusivismo, dalla corruzione alla mala sanità. Sì, cantava anche della mala sanità, motivo per cui, nulla togliendo agli altri temi, la canzone risulta attualissima, come la lettura di una qualsiasi opera letteraria classica. Quando si parla di malasanità non si vuole di certo criticare l’operato di questo o quel medico, di questo o quell’operatore sanitario, ma dell’organizzazione sanitaria nel suo complesso così come è stata strutturata e progettata dal potere politico nel corso di questi ultimi decenni. Un po’ come la scuola, quando si parla di una scuola che si è venuta a trovare negli ultimi gradini nelle graduatorie europee riguardo la preparazione dei giovani, non si intende di certo incolpare questo o quel docente, questo o quell’operatore scolastico, ma il potere politico che di riforma in riforma ha volutamente e caparbiamente operato contro qualsiasi scelta di buon senso.

Il potere politico sceglie, ad esempio, la costruzione di nuovi grandi complessi ospedalieri, anziché sviluppare una medicina di base a livello territoriale; sceglie cure dimagranti per l’apparato pubblico a favore di servizi offerti da strutture private. È sempre un organismo politico a decidere il contributo economico, il ticket, per ogni singolo farmaco e quali rendere totalmente esenti.   Scelte che comunque contribuiranno, in maniera determinante sulle cure che si seguiranno ed in definitiva sulla qualità della salute dei cittadini tutti.

A questo punto una riflessione, che potrebbe sembrare astratta, ma vi assicuro non lo è. 260px-La_terra_dei_cachi-2Se diamo per scontato che il potere politico determina il sistema sanitario può lo stesso dirsi della democrazia come sistema politico sostenuto e condizionato dalla scienza? Non a caso, in questo periodo, viene indicata la scienza come termine di riferimento per l’esercizio della democrazia.

Da questa lunga esperienza epidemica non ancora risolta, ne esce male sia il sistema sanitario delle regioni, così come precise scelte politiche lo hanno modellato, sia la democrazia come espressione politica dei partiti. 

Si sa che la medicina risponde alle malattie con protocolli predefiniti. Questi protocolli, prima della loro formulazione definitiva, necessitano di prove sperimentali e di risultati evidenti. Di fronte ad una nuova malattia, come la vigente pandemia, il cittadino ha assistito in diretta televisiva all’iter che avrebbe dovuto determinare la definitiva risposta sanitaria. Il ritardo di questa risposta (dove spesso tesi contrapposte rivaleggiavano) ha determinato un senso di sfiducia nelle istituzioni, sia sanitarie che politiche, che si sono trovate impreparate. Queste due Istituzione, pur diverse, sono risultate interconnesse. Ma vi è una differenza sostanziale tra le decisioni che vanno prese in campo sanitario e in quelle politiche, vedremo di seguito di capire meglio.

Si sa che la medicina non è una scienza esatta. Nel corso degli anni alcune terapie hanno subito giravolte da capogiro. L’incertezza ed il ritardo dei dati hanno tenuto banco nel dibattito quotidiano di questi ultimi tempi. La scienza si è dimostrata impreparata ad affrontare un fenomeno nuovo, i modelli previsionali fin qui seguiti sono risultati traballanti. All’incertezza scientifica è seguita l’incertezza politica. Il metodo scientifico è lento, deve formulare ipotesi teoriche che deve convalidare con dati empirici e di contro, le varie e singole esperienze devono potere essere riassumibili in una unica formula teorica. Le decisioni politiche viceversa devono essere rapide, non possono e non devono dipendere da indicazioni scientifiche che per altro ritardano, per caratteristica propria, ad essere formulate in modo definitivo ed univoco.

La scienza deve dare dati, il politico deve saperli utilizzare. Un po’ come avviene in campo economico. Il politico non chiede alle scienze economiche certezze ma strumenti con cui potere intervenire, tempi e modi di intervento. Lo stesso deve avvenire in campo medico-scientifico. Ruoli e responsabilità diversi. Unicuique suum. Alla scienza la conoscenza, alla politica il modus operandi.

Il percorso per giungere all’ evidenza scientifica non segue un cammino lineare, è spesso un susseguirsi di congetture contraddittorie, fintanto che una sintesi unitaria dei dati non dimostra la validità pratica dell’assunto teorico. Il percorso politico comporta invece una scelta pragmatica, immediata, sintesi di campi diversi.

Perciò bisogna fare chiarezza, separare nettamente ciò che è di Cesare da ciò che è di Ippocrate. La scienza non è un esercizio politico di democrazia, come la democrazia non può risolversi (e dissolversi) sotto categorie scientifiche. Altrimenti rischiamo di essere veramente la terra dei cachi, dove alle certezze subentrano i dubbi e di conseguenza, dubitando di tutto, tutto può diventare abusivo, come ci suggerisce Elio, dalla “tanta voglia di ricominciare” agli “applausi”, una terra dove “puoi dir di sì, puoi dir di no”, una terra “con un cuore grande così” ma con “quanti problemi irrisolti”: “Italia sì, Italia no -  Perché la terra dei cachi è la terra dei cachi”.

La scienza, la politica e “La terra dei cachi”

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